Dopo nove anni in CDA di Banco Alimentare, il saluto di Giovanni Bruno, con uno sguardo grato al cammino fatto e un augurio a chi raccoglie il testimone
Concludo il mio mandato con un sentimento profondo di gratitudine. È stato un tratto di strada intenso, segnato da sfide importanti, ma soprattutto dalla certezza di un bene più grande che ci ha sempre preceduto e guidato.
Abbiamo vissuto passaggi delicati per il nostro Paese e per il mondo: subito la pandemia all’inizio della Presidenza e poi l’invasione dell’Ucraina, l’impennata dei prezzi dell’energia e la crescita repentina dell’inflazione, l’aumento delle persone in difficoltà e l’instabilità internazionale con nuove guerre.
Nonostante tutto questo, la nostra opera non si è mai fermata un solo giorno, continuando a generare valore grazie a una rete viva, fatta di persone – dipendenti, volontari, aziende, enti caritativi, donatori – che non hanno mai smesso di condividere il destino di chi è nel bisogno, con fedeltà costante che si è espressa in quello che per molto tempo era diventato quasi uno slogan: “rendere ordinario lo straordinario che stava capitando”.
Sei anni fa avevo detto: “Parola d’ordine consolidare, recuperare le ragioni, crescere in consapevolezza, crescere in collaborazione”; custodire e rilanciare sempre l’identità del Banco, la sua origine, consapevoli che il recupero del cibo per chi è in difficoltà è sempre anche sostegno alla speranza facendo costantemente memoria di quanto don Giussani ci aveva richiamato tanti anni fa: “Siete chiamati a rinnovare lo spettacolo della condivisione gratuita del destino dei fratelli uomini: di questo il mondo ha bisogno per ritrovare una speranza che sostenga l’infinita fatica del vivere”. Questo ci ha mosso specie nei momenti in cui tutto sembrava più difficile, cercando di vivere a fondo le diverse circostanze.
E in quest’ultimo anno le circostanze ci hanno proposto nuove sfide, come quella di un aiuto alimentare sempre più integrato con le misure di accompagnamento sociale. Stiamo imparando linguaggi e normative, abbiamo avviato percorsi nuovi di formazione e occasioni di dialogo con gli enti pubblici e con altre realtà del Terzo settore, investito in strumenti e persone. È un passaggio importante e necessario, che urge al restare fedeli alla nostra missione in un contesto che cambia e che chiede di coniugare la carità con le competenze: “Il bene va fatto bene” ci aveva ammonito papa Francesco.
Sono stati anni in cui l’interrogarci a fondo sulla nostra origine e sul nostro compito, ha visto tanti incontri, momenti di ascolto e di confronto. Occasioni offerte alla responsabilità di ciascuno per il rinnovarsi di una chiarezza: non esiste aiuto autentico che non nasca da un giudizio sull’umano e sul senso del vivere. La Colletta Alimentare – che nel 2024 ha visto la partecipazione con una importante donazione di cibo del Presidente della Repubblica – continua a dirlo con forza: è la proposta di un gesto semplice di carità, certo, ma soprattutto un fatto culturale, una proposta per tutti.
I numeri che raccontano il nostro lavoro – i milioni di pasti distribuiti, i quasi 7.700 enti convenzionati, la crescita dell’impatto ambientale positivo – dicono molto, ma non tutto. Dietro ogni cifra ci sono volti, storie, relazioni. E soprattutto c’è un “noi” che si è allargato, si è rafforzato.
Lascio la guida di Banco Alimentare con la certezza che questo “noi” continuerà a camminare e a crescere. Il futuro è denso di incognite, ma anche di possibilità. Il Giubileo della Speranza, che stiamo vivendo, ci ricorda che ogni gesto di bene, anche il più piccolo è all’origine di tutto: “Viviamo bene e i tempi saranno buoni: noi siamo i tempi” ha ricordato papa Leone XIV citando sant’Agostino.
A chi continuerà questo lavoro va il mio augurio più sincero e fraterno e a tutti coloro che in questi anni mi sono stati compagni nel cammino, il mio grazie, dal profondo del cuore.
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