Boccassini e la fonte dello scoop sui presunti pagamenti di Berlusconi alla mafia: "Fu De Gennaro". Lo ha rivelato ai pm ed è emerso da un'intercettazione

Fu Gianni De Gennaro la fonte dello scoop su Silvio Berlusconi e la mafia: a rivelarlo è stata Ilda Boccassini, che lo aveva appreso dal giornalista Giuseppe D’Avanzo, il quale aveva firmato con Attilio Bolzoni l’articolo pubblicato da Repubblica nel 1994. Mancavano pochi giorni alle elezioni, che vennero vinte proprio da Forza Italia.

Quell’articolo rivelò che il pentito di mafia Salvatore Cancemi aveva parlato di presunti pagamenti del gruppo Berlusconi alla mafia tramite intermediari tra Milano e Palermo. Uno scoop che bruciò un’indagine riservata, in quanto i mafiosi capirono di essere sotto osservazione e agirono di conseguenza.

Per anni non si è saputo chi fece trapelare quelle informazioni segrete, ma poco prima di morire, nel 2011, D’Avanzo confidò alla magistrata Boccassini chi era la sua fonte: l’allora capo della Direzione investigativa antimafia (DIA). Boccassini ne parlò nel suo libro di memorie, La stanza n. 30, nel 2021, senza però fare il nome del giornalista.

Silvio Berlusconi nel 1996 (Foto: ARCHIVIO ANSA – M 18319)


Ma la magistrata è stata costretta a fare il nome quando è stata indagata per false dichiarazioni nel 2024: ai colleghi di Firenze rivelò ufficialmente il nome di De Gennaro, che, dopo essere stato capo della DIA, è stato capo della Polizia e del DIS (coordinamento dei servizi segreti) nel 2008, sotto il governo Berlusconi. Inoltre è stato presidente di Leonardo e ora guida Eurolink: si tratta dunque di una figura di alto livello istituzionale.



LA VERSIONE DI GIANNI DE GENNARO


De Gennaro, convocato a Firenze come persona informata dei fatti, ha smentito di essere lui la fonte dello scoop, ribadendo la sua estraneità ma senza mettere in dubbio la buona fede di Boccassini e D’Avanzo. L’ipotesi di De Gennaro è che, nel 1994, qualcuno nella DIA a conoscenza delle indagini su Cancemi passò le informazioni a D’Avanzo, facendogli credere che lo stava facendo con il suo permesso o su sua indicazione. Quindi D’Avanzo potrebbe essere stato in buona fede ma ingannato da una “fonte intermedia” che usò il nome di De Gennaro per dare più autorevolezza a quello scoop.



LE RAGIONI DELLA “SOFFIATA”


Sul motivo per il quale qualcuno avrebbe dovuto far trapelare notizie così delicate ci sono varie ipotesi, formulate dal gip nisseno Santi Bologna e riportate dal Fatto Quotidiano: da uno scambio di favori ad alto livello per favorire qualcuno nelle istituzioni a un sabotaggio delle indagini sulla strategia stragista, al fine di impedire che si scoprisse la verità sugli intrecci tra mafia e politica. Infatti, vennero bruciate le prime indagini sui presunti legami tra Cosa nostra, Berlusconi e Marcello Dell’Utri.

Nel suo libro, la magistrata scrisse che la fonte dello scoop era «consapevole del danno che sarebbe derivato alle indagini» e di non aver mai dubitato della genuinità delle rivelazioni del giornalista. Ma non si esclude la possibilità di un calcolo elettorale, perché la pubblicazione dei verbali di Cancemi prima delle elezioni avrebbe potuto danneggiare Berlusconi dal punto di vista politico.

In realtà quello scoop rovinò un’operazione delicata, perché il mafioso sospettato di essere l’intermediario sparì dalla circolazione dopo l’articolo. I carabinieri del ROS persero un’occasione importante. Il vero movente resta ignoto, così come non è chiaro se davvero De Gennaro sia la fonte, visto che lui lo ha sempre negato.

L’INTERCETTAZIONE AMBIENTALE


Comunque, il Corriere della Sera nelle sue rivelazioni aggiunge che dieci giorni dopo a Firenze arrivò una sorta di conferma da un’intercettazione ambientale ottenuta attraverso un trojan installato nel cellulare dell’ex pm. Il riferimento a Gianni De Gennaro non fu esplicito in quella conversazione, ma sembrava «corroborare quanto poi riferito obtorto collo» dalla magistrata, quando si decise a fare il nome per non essere condannata per false dichiarazioni.

Lo scoop giornalistico riportava che un emissario di Berlusconi, prima e dopo le stragi del 1992, scendeva periodicamente dal Nord per consegnare al boss Pierino Di Napoli le rate dei duecento milioni di lire che erano stati pattuiti attraverso Dell’Utri.

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