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Home » Economia e Finanza » Borsa e Spread » BORSE & MERCATI/ Il “problema” dietro i nuovi massimi raggiunti dai listini

  • Borsa e Spread
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BORSE & MERCATI/ Il “problema” dietro i nuovi massimi raggiunti dai listini

Paolo Annoni
Pubblicato 26 Luglio 2025
Ansa

Ansa

I listini azionari, specie americani, stanno facendo registrare nuovi massimi nonostante le incertezze. C'è una spiegazione per questo fenomeno

I principali indici azionari americani settimana scorsa hanno avuto cinque chiusure record consecutive toccando ogni volta i nuovi massimi; dall’inizio dell’anno ci sono stati quattordici chiusure record. Questo è avvenuto nonostante la guerra commerciale e i dazi che ad aprile hanno mandato in rosso i listini e fatto temere per la tenuta del sistema, nonostante i bombardamenti sull’Iran di Israele e nonostante i timori di rallentamento.


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Anche il principale indice azionario italiano ieri ha chiuso ai massimi dal 2007, prima della crisi di Lehman, di quella dei debiti sovrani, del Covid e, da ultimo, della guerra in Ucraina e dalla minaccia dei dazi.

Su questa contraddizione si interrogano da mesi economisti e investitori alla ricerca della spiegazione di un fenomeno controintuitivo. Tra le tante ipotesi una delle più convincenti riguarda l’inflazione e in particolare come viene misurata dagli indici ufficiali. Senza immaginare alcuna cospirazione si osserva che il modo in cui viene misurata ufficialmente, sicuramente negli Stati Uniti, non è sempre stato lo stesso.


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Uno studio del 2024 prodotto da economisti di Harvard e del Fondo monetario internazionale, tra cui Larry Summers già segretario del Tesoro di Bill Clinton, calcolava che se l’indice ufficiale dell’inflazione americana fosse stato calcolato con gli stessi criteri del 1983, prima che il costo dei mutui e dei finanziamenti uscisse dall’indice, il dato sarebbe stato sensibilmente più alto. Misurata con i vecchi criteri, l’inflazione americana, a metà del 2022, non si sarebbe fermata sotto il 10% ma sarebbe stata superiore al 15% e sopra il 5% per tutto il 2023.

Queste osservazioni sono fondamentali non solo perché sfatano alcuni miti sull’indice ufficiale. I valori di cui si parla sui giornali sono una convenzione che spesso non restituisce l’inflazione subita da alcune fasce della popolazione; è una convenzione soggetta ad alcune scelte statistiche, inevitabili, che possono presentare dei limiti per esempio nella difficoltà oggettiva di misurazione di alcune voci come il mercato immobiliare.


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In queste settimane il Wall Street Journal ha ospitato alcune riflessioni sulla crescente imprecisioni di alcune rilevazioni statistiche sull’economia americana in parte spiegate con i tagli al personale governativo.

Dire che ci sia un modo diverso di calcolare l’inflazione che restituisce valori più alti significa sostenere che le condizioni finanziarie sono strutturalmente più espansive di quanto sembri. Se l’inflazione è più alta anche i tassi dovrebbero essere più alti e questo è stato vero nell’ultimo episodio inflattivo del 2021-2023.

In altre parole gli indici corrono molto più di quello che sarebbe naturale perché vengono fermati molto dopo quello che occorrerebbe mentre l’inflazione “vera” viene lasciata correre più a lungo.

È un mix destabilizzante, per la società, perché in questo mondo i valori finanziari, detenuti dalla fasce di popolazione più abbiente, si gonfiano mentre le fasce più deboli subiscono gli aumenti dei prezzi. In questo schema gli indici più che misurare le reali condizioni economiche diventano una modalità di protezione dall’inflazione e un modo per beneficiare di questa distorsione.

Il problema non è tanto che il sistema finanziario è fragile e potenzialmente soggetto a vuoti d’aria pericolosi. Il problema è che la prosecuzione di questo schema destabilizza la società nella misura in cui crea bolle di cui beneficiano in pochi a fronte di costi, “l’inflazione vera”, patiti da tutti.

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Tags: Inflazione

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