A Pontoglio, in provincia di Brescia, il sindaco leghista Alessandro Pozzi ha negato la cittadinanza a una donna marocchina da 21 anni in Italia perché, nel corso del giuramento, ha dimostrato di non capire né parlare la lingua. Non è, come riportato da Libero Quotidiano, la prima volta. Era accaduto già nel 2022 con una persona di origini indiane. Adesso un nuovo caso, che lancia l’allarme sulla mancata integrazione da parte degli stranieri, anche quelli che vivono nel nostro Paese da tantissimo tempo.
Era da 15 anni che la donna sperava di diventare a tutti gli effetti italiana, ma proprio nel momento in cui aveva ottenuto la cittadinanza, è arrivato il dietrofront da parte dell’amministrazione comunale. Il motivo è da ricondurre al fatto che non è riuscita a pronunciare la solenne frase: “Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservare la Costituzione e le leggi dello Stato”. Ma non solo. In base alla ricostruzione del sindaco Alessandro Pozzi, affidata ai social network, la signora aveva anche difficoltà a comprendere le sue domande, anche quelle più semplici. È per questo motivo che la decisione è stata naturale.
Brescia, no a cittadinanza a marocchina da 21 anni in Italia: il racconto del sindaco
“È stato un gesto doveroso, di rispetto verso i cittadini di origine straniera che sono diventati italiani e si sono integrati nella nostra comunità”, così il primo cittadino di Pontoglio, in provincia di Brescia, ha definito il no alla cittadinanza ad una marocchina da 21 anni in Italia. “Questa signora, residente qui dal 2003, ha purtroppo dimostrato, non solo di non possedere il livello minimo di conoscenza della lingua italiana, ma, ancor più preoccupante, durante la cerimonia ha mostrato difficoltà nel capire per tre volte la richiesta di pronunciare il giuramento previsto dalla normativa”, ha ricostruito Alessandro Pozzi.
Il caso pone delle riflessioni importanti. “Non sapere nemmeno rispondere ad un semplice ‘come ti chiami?”, dopo oltre 20 anni, solleva non solo legittime preoccupazioni pratiche, ma anche interrogativi più ampi sulle barriere che potrebbero esistere nel processo di integrazione, sia a livello familiare che sociale”. La donna infatti non ha mai preso parte ai corsi organizzati ad hoc per gli stranieri. “Gli strumenti per apprendere la lingua ci sono, ma spesso vengono ignorati in nome di una superficialità per cui passa il messaggio che è sempre tutto dovuto”, ha concluso.