E’ stato uno degli allenatori più amati della storia del calcio, personalità schietta e genuina, celebrata per il suo carisma, così come per quelle intuizioni strategiche che hanno profondamente cambiato il gioco del calcio in Italia e nel mondo.
Il ricordo di Nereo Rocco è ancora vivo nella memoria dei tifosi milanisti e degli appassionati di calcio in generale. A trent’anni dalla sua morte, anche il sito ufficiale del Milan gli dedica un approfondimento.
A Milanello, nel vialetto che porta sia verso il campo esterno che verso il campo rialzato dietro la palestra, c’è la sua statua. Per Carlo Ancelotti, che ha parlato ai microfoni di Milan Channel, «Rocco è stato una figura paterna per i giocatori che allenava, ma anche molto rispettata al di fuori del Milan. Fra l’altro mi è arrivato il libro di Gigi Garanzini dedicato proprio a Rocco e lo leggerò con molta attenzione. Cercherò di carpire (sorride Ancelotti) al signor Rocco qualche segreto sulla gestione dello spogliatoio».
Più diretto il legame tra Pierino Prati e Nereo Rocco: «Nereo Rocco è l’allenatore che mi ha cresciuto, mi ha dato la carota, ma anche il bastone. Ha saputo prendermi nel modo giusto, mi è stato vicino anche nei momenti più difficili e ha saputo tirar fuori da me stesso tutto quello che si poteva tirare fuori. Nel calcio moderno, purtroppo, personaggi come lui non ce ne sono. Al Milan ha saputo guidare gli uomini e la squadra in campo, ma sempre con l’atmosfera giusta.
Quando bisognava lavorare sodo c’era il clima giusto per lavorare, quando si era fuori dal campo sapeva coinvolgerci tutti nelle sue grandi passioni, ad esempio le carte. Io credo che Nereo Rocco e Carlo Ancelotti si assomiglino molto, soprattutto per la capacità di sdrammatizzare.
Anche dopo un risultato negativo, c’è bisogno nella squadra di ricevere un sorriso, una parola di incoraggiamento. Nereo Rocco lo sapeva fare e devo dire che anche Carlo in questa dote riesce a fare molto bene, per quel che osservo nel Milan di oggi».
Nereo Rocco nasce a Trieste nel 1912. Dopo aver portato il Padova a competere per lo scudetto, passa al Milan nel 1961, formando così con Viani (direttore tecnico) una coppia inedita quanto vincente.
La carriera milanista di Rocco è assolutamente leggendaria: vince lo scudetto nel 1961/62 e l’anno successivo porta per la prima volta una squadra italiana a conquistare la Coppa dei Campioni a Wembley contro il Benefica (1963). Dopo aver allenato per quattro stagioni il Torino, torna al Milan e riporta i rossoneri a prestigiosi traguardi: nel 1967/68 conquista scudetto e Coppa delle Coppe, la stagione successiva, invece, la Coppa dei Campioni, quindi la Coppa Intercontinentale. Prima di lasciare il Milan nel 1977, vince ancora una Coppa delle Coppe e due Coppe Italia.
Rocco viene considerato il padre del “catenaccio”, uno stile di gioco che ha avuto molti proseliti in Italia, basato su una difesa ferrea e un contropiede micidiale. Trieste ha ricordato Nereo Rocco nel trentennale della scomparsa con una cerimonia svoltasi nella sala del Consiglio comunale e con la presentazione nazionale del libro Nereo Rocco. La leggenda del Paron continua del giornalista Gigi Garanzini, edito da Mondadori. Gremita la sala del consiglio comunale che ha visto gli interventi, fra gli altri, di Fabio Cudicini e di Massimo Giacomini. Cudicini in particolare ha sottolineato la «filosofia spiccia, acuta e arguta» del suo allenatore, soffermandosi su «quell’umanità di Rocco senza confini».