Continua il nostro viaggio e l’inchiesta de ilsussidiario.net sul futuro della Nazionale dopo l’eliminazione ai Mondiali. Dopo l’intervista a Luciano Moggi e a Leonardo Mantovani ex dirigente del Brescia ora al Napoli di De Laurentiis, oggi è la volta di Mino Favini, responsabile del settore giovanile dell’Atalanta, colui che lanciò come allenatore Cesare Prandelli.
Quando si parla di Cesare Prandelli si sprecano gli aggettivi positivi e in un mondo come quello del calcio dove convivono antagonismi e antipatie la notizia non è di poco conto. In questo coro di consensi si inseriscono anche le parole di chi l’ha lanciato su uno panchina, Mino Favini, che lo definisce «una persona splendida, solare, corretta e leale». Nel grande giorno di Cesare Prandelli commissario tecnico della nazionale ilsussidiario.net ha pensato di presentare il tecnico di Orzinuovi, partendo dalle sue prime esperienze da allenatore. Siamo nell’estate del 1991 e Cesare Prandelli ha da poco concluso la sua carriera calcistica all’Atalanta, che gli propone subito una panchina importante quella degli Allievi nazionali. Prandelli fin da giocatore è sempre stato un uomo spogliatoio, anche per questo la scelta non fu così difficile se non altro per la sua capacità di stare e di tenere un gruppo. A concedergli la fiducia fu un certo Mino Favini (prima vent’anni a Como dove ha lanciato fra gli altri Zambrotta e da vent’anni a questa parte a Bergamo dove ricopre l’incarico di responsabile del settore giovanile orobico). Cesare e Mino si conoscono da vent’anni e insieme hanno scritto alcune delle pagine più gloriose della storia del settore giovanile bergamasco. L’esordio di Prandelli, che aveva a disposizione giocatori del calibro di Morfeo, Locatelli e Tacchinardi in quella che poteva essere giustamente considerata una fucina di talenti, fu molto positivo: prima vinse il campionato con gli Allievi e poi l’anno successivo con gli stessi ragazzi si impose al Torneo di Viareggio e nel campionato italiano Primavera.
In quei primi anni l’ex giocatore della Juve ha fatto le sue prime esperienze, lasciando traccia di sé sia per i risultati che per il metodo portato avanti: «Con lui era facile confrontarsi e se necessario anche discutere; era facile avere un confronto, perché è una persona sensibile e al tempo stesso sicura. Alla fine avevo capito che le nostre idee erano molte vicine. In poche parole, posso sostenere che una persona squisita». Purtroppo il neo Ct ha già, a breve, un compito importante, quella di far ripartire – dopo il deragliamento sudafricano – il treno italiano.
C’è chi vede il 2010 come anno zero del calcio italiano: Prandelli, infatti, dovrà fare i conti con il ricambio generazionale auspicato da molti. Facile rinunciare ad alcune persone (Camoranesi, Cannavaro, Zambrotta, Gattuso, solo per fare alcuni nomi), più difficile trovare il giusto equilibrio tra le diverse età: «Saprà fare il giusto mix, anche perché conosce il calcio e in particolare il settore giovanile. Entrambi abbiamo un concetto sul quale abbiamo ragionato a lungo: il campo è leale con tutti, al di là dei giudizi che esprimono critici e giornalisti».
Resta il fatto che la situazione italiana non sembra così incoraggiante, perché «il calcio giovanile non gode di aria favorevole e tutti hanno delle responsabilità». Cioè? «Ci siamo concentrati troppo su alcuni problemi – continua Favini – e poco su altri, fra quelli sottovalutati inserisco la formazione, cioè l’elemento base: il perfezionamento della qualità tecnica». Il Mondiale negativo va, quindi, riletto con un’analisi più ampia. «E’ facile dare colpa a Lippi, che peraltro ha tolto tutte le responsabilità agli altri, ma la colpa è di tutto il calcio giovanile». Nel pensiero di tanti e, anche di Favini, c’è l’esplosione del numero di stranieri nelle giovanili: «Sono arrivati a flotte, così sono venuti a mancare molti posti per i nostri, anche perché quando lo straniero che arriva è al momento più bravo, ma così facendo abbiamo chiuso lo spazio agli italiani».
La palla ora passa «agli organi federali» senza escludere («da noi, forse, è ancora un po’ presto») la scelta tedesca delle naturalizzazioni. Succede anche che adesso le squadre medio-piccole si trovano una concorrenza agguerrita da parte dei grandi club. Ci sono, comunque, spiragli positivi, si pensi all’Under 19 che vede protagonisti alcuni atalantina. «Abbiamo giovani di qualità e, purtroppo, il nostro settore giovanile dell’Atalanta non è mai stato preso sufficientemente in considerazione dagli addetti ai lavori. Ci sono stati degli anni in cui l’Inter e il Milan, per fare un esempio, avevano abdicato il settore giovanile; adesso, invece, stanno investendo, potendo puntare su una maggiore partecipazione finanziaria». Cosa succede allora? «Che qualche giocatore di buonissimo livello finito al Milan, all’Inter o alla Fiorentina avrebbe dovuto restare all’Atalanta. Si è scatenata una guerra di natura economica».
A vent’anni di distanza Cesare Prandelli si appresta a vivere una nuova avventura e come in ogni inizio si sente sempre il bisogno di ascoltare il consiglio di un vecchio amico. «Beh, non me la sento di dare consigli, Cesare sa benissimo cosa fare, avrà studiato e valutato tutto. Posso solo dirgli di comportarsi da Cesare Prandelli e vedrà che le cose andranno bene». L’Italia di Cesare in attacco molto probabilmente dovrà affidarsi a quel Pazzini, che lei conosce molto bene. «Per quel che mi risulta non ci sono stati grossi problemi fra i due. Alla Fiorentina Gilardino aveva la precedenza, ma è nella logica delle cose». Comunque «Cesare non è tipo da portare rancore e Giampaolo è un ragazzo sincero e spontaneo». Verrebbe da dire che il campo è leale con tutti; molto probabilmente non ci saranno altri casi visti con Lippi, vedi alla voce Cassano, Balotelli, Panucci e Ambrosini, solo per citarne alcuni.
(Luciano Zanardini)