Ieri si è consegnato alla Polizia italiana all’aeroporto di Malpensa Almir Gegic, figura-chiave dello scandalo del calcioscommesse sul quale sta indagando la Procura di Cremona. Ha trascorso così la prima notte in carcere, e giovedì dovrebbe essere interrogato dal Gip (giudice per le indagini preliminari) di Cremona Guido Salvini. Se continuerà a collaborare, l’indagine potrebbe fare un salto di qualità davvero importante grazie a tutti gli elementi di cui Gegic è a conoscenza. Un primo ‘assaggio’ di tutto ciò si è avuto con l’intervista che il cosiddetto ‘Zingaro‘ ha rilasciato qualche giorno fa all’inviato della Gazzetta dello Sport che lo ha raggiunto nella sua casa nella regione serba del Sangiaccato (a maggioranza musulmana) e che è stata pubblicata sull’edizione di oggi del quotidiano sportivo. Ecco alcuni dei concetti più interessanti che ne sono emersi.
Gegic inizia dalle sue condizioni di vita da quando è latitante: “Non è vita questa. Mi nascondo da troppo tempo. L’errore più grave che ho commesso è stato quello di non costituirmi subito. Io volevo farlo, in verità. Ma una volta mi hanno detto di aspettare. Poi mi è stato consigliato dagli avvocati di non farlo. Poi è passato il tempo. Non ce la facevo più. Sono fuori dalla Serbia da 15 anni. Ho vissuto in cinque paesi diversi, parlo sette lingue. Non mi ci trovo più qui: non ci sono prospettive. Il peggio è che sto distruggendo la vita di mia moglie e soprattutto di mia figlia. Aveva tutto in Svizzera, poteva frequentare un bella scuola e costruirsi un avvenire. Ora chissà se mi faranno tornare a Chiasso. Vivevamo in Svizzera ma era come se fossimo in Italia. Ci sentiamo italiani”. Poi spiega quale era il suo ruolo: “Qui le voci arrivano distorte: mi vedono come un mafioso. Ma non ho mai truccato personalmente partite o minacciato qualcuno. Forse le mafie in questa storia sì. Compravo informazioni per scommettere e basta. Sono pronto a pagare. A dire tutto quello che so. Le scommesse sono una brutta malattia. Ho smesso. Per tenerla a bada faccio qualche schedina da 10 euro. Guardo le partite in poltrona. Stop”.
Un ruolo ben più importante nella vicenda spetterebbe a un personaggio ancora da identificare, un ‘mister X‘ che Gegic descrive così: “Io e Hristiyan (Ilievski, il capo della banda, che potrebbe a sua volta costituirsi, ndR) abbiamo incontrato un paio di volte un signore sulla sessantina, alto meno di 1,80, un po’ sovrappeso e quasi pelato. Ce l’ha presentato Bellavista. Aveva più di 10 telefonini. Li tirava fuori da tutte le tasche. Usciva spesso a rispondere. Ci siamo visti all’hotel Tocqueville, quello nel centro di Milano dove vanno i calciatori. Non ricordo il nome, ma se vedo la sua foto lo riconosco di sicuro. Voleva venderci gare combinate di serie A dove erano coinvolte squadre del Sud: Catania, Palermo, Lecce, Napoli, eccetera. Ci diceva: ‘Andate sul sicuro con me’. Ma voleva 600 mila euro per le informazioni. Ci siamo messi a ridere. Troppi”.
Altre dichiarazioni interessanti sono quelle sul Siena (al tempo allenato da Antonio Conte) e la Lazio.
Sui toscani, Gegic parla così: “Carobbio ci ha detto che nello spogliatoio del Siena scommettevano quasi tutti. Una tv mi ha persino offerto 5 mila euro per un’intervista se parlavo anche di Conte. Come se le conoscessi. Ho rifiutato. Non ho nulla da dire su di lui: mai visto, mai sentito, mai provato a contattarlo, ma soprattutto non ho bisogno di soldi per parlare di quello che so”. Su Mauri, nega invece di conoscerlo: “Non l’ho mai incontrato. Lo ha fatto Hristiyan? Può darsi, lo dirà al magistrato. Perché anche lui si consegnerà. Io giocavo in quel periodo nel Chiasso, dovevo allenarmi”. Gli elementi interessanti su come funzionano i giri del calcioscommesse internazionale sono comunque molti: le parole di Gegic, se le ripeterà anche ai magistrati inquirenti, potrebbero aprire nuovi scenari.