GRAZIANO PELLE’ / Italia Germania, la miseria della vanità e la forza di ripartire

- Davide Tartaglia

Italia-Germania: l'errore di Pellè ai rigori, il giorno dopo. Tra vanità, polemiche e possibilità di rinascita: il commento di DAVIDE TARTAGLIA

Graziano_Pelle_nazionale_italia_europei Graziano Pellè (LaPresse)

Nino non aver paura a sbagliare un calcio di rigore, / non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore, / un giocatore lo vedi dal coraggio, dallaltruismo e dalla fantasia. Così cantava Francesco De Gregori in un celebre brano inciso nel 1982, anno ben impresso nella memoria dei calciofili e di tutti gli italiani per lindimenticabile trionfo azzurro ai mondiali di Spagna. Ventiquattro anni dopo il brano del cantautore romano torna maledettamente di attualità per raccontare la debacle della nostra nazionale agli europei francesi. Sempre la Germania nel nostro destino. E questa volta ci troviamo a raccontare una dolorosissima sconfitta ai calci di rigore, dopo una serie impressionante di trionfi a tinte azzurre.

Alla vigilia il confronto sembrava eccessivamente impari: da una parte unItalia, a livello tecnico, non proprio tra le più memorabili della nostra storia, dallaltra una Germania tra le più forti, campione del mondo in carica. Davide contro Golia. Unottima manovalanza del pallone versus i giganti teutonici. Ma lItalia arrivava alla sfida dopo un europeo sorprendente e il match con i tedeschi conferma la bontà di una squadra non di campioni ma che, grazie ad unottima disciplina tattica, abnegazione e spirito di sacrificio, è capace di far paura a chiunque. Dopo 120 minuti al cardiopalma in cui miracolosamente riusciamo a riacciuffare una partita che sembrava compromessa arriviamo alla lotteria dei rigori. La Germania sbaglia due rigori di fila, alla battuta del quarto penalty per noi si avvia Pellè: possiamo passare in vantaggio. Graziano Pellè, di San Cesario di Lecce, ripudiato dal calcio italiano e una vita a fare gol in giro per lEuropa. Gigante di 195 cm, piede poco educato, è un po il giocatore simbolo di questItalia: pescato come un coniglio dal cilindro da Antonio Conte, è lemblema di cosa può fare lumiltà, la fame, la voglia di farcela e lapplicazione tattica. In un gruppo che gioca quasi a memoria alla stregua di una squadra di club, in un meccanismo così perfetto, ogni singolo ingranaggio è fondamentale.

Il piccolo (grande) sacrificio di ognuno nel posto (ruolo) che ci è assegnato è contributo decisivo per la costruzione di qualsiasi grande impresa. Il nostro Pellè capisce fin dallinizio del torneo che è questo ciò che gli è chiesto: fare quello che sa fare, perché è solo così che può davvero essere prezioso per il gruppo, fare felice se stesso e milioni di Italiani. Il gigante buono per quattro partite lo fa alla perfezione: sportella con tutti i difensori, si getta su ogni pallone, sponde di prima per il ficcante compagno di reparto.

Mai una parola fuori posto, mai la tentazione di strafare, si spende fino allultima goccia di sudore e il destino gli regala anche la gioia del gol con due palle doro che deve solo scaricare in rete. Pellè, e dietro tutti gli altri, rispecchia la cultura più profonda de nostro belpaese: un popolo che tira fuori il meglio di sé quando si trova sfavorita, che sa soffrire nelle situazioni più difficili e sa uscirne facendo appello alla propria tradizione, senza snaturarsi. 

Il nostro gigante arriva a passi lenti al punto più importante della propria carriera. Uno di quei passaggi decisivi, e altrettanto ironici, che sa regalare la vita. O il trionfo o la morte. O la gloria imperitura o la mortificazione. E chissà cosa gli sarà passato in mente in quellinterminabile tragitto dal centrocampo al dischetto: le prime sconfitte da bambino, oppure le gioie, suo padre, sua madre. Un film in appena trenta secondi che narra di questo omone del Salento, dai tipici tratti mediterranei, campione di danza e ripudiato dal calcio italiano che a 30 anni viene scelto per guidare la nazionale italiana, una delle più blasonate al mondo, nellavventura europea. Ora cera lui davanti a Neuer, altro gigante, il portiere più forte come è stato consacrato dallo stesso Buffon. Il destino della nazionale passa dai suoi piedi. Pellè fissa il portiere, lo indica con gesto di sfida e poi mima lo scavetto (o cucchiaio che dir si voglia), rincorsa e palla lentissima un metro fuori alla destra di Neuer. Il finale lo sappiamo tutti: lotteria dei rigori che si prolunga attentando le coronarie dei tifosi e Germania che la spunta.

Oggi i giornali e i social network impazziscono e il nostro gigante buono – da eroe – è il primo a salire sul banco degli imputati. E ci mancherebbe. “Un rigore si può sbagliare, ma non così” – è questo il tormentone. Ma cosa c’è dentro questo “non così”? Quale tradimento , ferita contiene? In fondo ne abbiamo visti tanti di rigori sbagliati, e da piedi ben più nobili, non può esserci solo la delusione per il mancato passaggio del turno. La delusione grande è stata vedere un uomo che sul punto decisivo, in un attimo incontrollato di vanità, ha tradito se stesso. Ha tradito se stesso e tutto ciò che lo aveva portato su quel dischetto: l’umiltà, la consapevolezza di chi si è e da dove proviene la forza. E’ come se proprio nel momento in cui c’era da attingere a piene mani a quella riserva miracolosa che l’aveva portato fin lì (tirare una botta forte in porta e al resto ci pensa qualcun altro), l’uomo Pellè cambia sguardo e si appropria di tutto quel ben di Dio ricevuto in un mese.

Oggi la critica è asprissima, tutti parlano di errore imperdonabile. Ma proprio mentre leggevo ho provato ad immedesimarmi in lui, a quale dolore, quale vergogna proverà riguardando quel gesto. E più mi immedesimavo e più mi ritrovavo in lui: quante volte ho provato a fare da me? Quante volte ho abbandonato la gratitudine e mi sono riempito inopinatamente di orgoglio. Quante volte ho pensato che due versi miracolosamente riusciti fossero solo opera mia? E quante volte ho avvertito lo scandalo per la mia umanità inetta, per la mia libertà fallace? Ma. Quante altre volte ancora sono stato perdonato e riabbracciato? E quante altre volte ancora ho sperimentato la gioia del riscatto? No, Graziano, la grandezza di un uomo e di un calciatore non si giudicano da un calcio di rigore. Ma da quante volte si ha l’umiltà di attraversare tutto lo scandalo e la vergogna di sé e poi ripartire. Forza ragazzo, noi siamo qui a fare il tifo per te. 





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