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Home » Esteri » CAOS BREXIT/ Johnson vs. Ue, tanti tatticismi e 3 finali aperti

  • Esteri

CAOS BREXIT/ Johnson vs. Ue, tanti tatticismi e 3 finali aperti

Cristina Balotelli
Pubblicato 11 Ottobre 2019 - Aggiornato alle ore 08:34
Il premier britannico Boris Johnson (LaPresse)

Il premier britannico Boris Johnson (LaPresse)

Uscita senza accordo il 31/10; raggiungimento di un accordo; estensione di 6 mesi. Tre scenari possibili per la Brexit. Con l’ombra di un quarto

LONDRA – Il Regno Unito si stacca dall’Unione Europea il 31 ottobre senza un accordo; Londra e Bruxelles riescono a negoziare un accordo entro il 31 ottobre, che il Parlamento britannico approva; Il Regno Unito chiede un’estensione di sei mesi della data fissata per la Brexit. Quale di questi tre scenari ha maggiori probabilità di materializzarsi?


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Allo stato attuale tutti. Ogni giorno escono notizie o dichiarazioni che sembrano far propendere per l’uno o per l’altro scenario. Un giorno sembra che un accordo sia vicino, un altro sembra certa la Brexit senza accordo (no deal), un altro ancora sembra inevitabile un’estensione (l’ennesima), con di mezzo nuove elezioni. Tutti gli scenari sembrano possibili in questa fase confusa e impazzita di storia del Regno Unito.


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Giovedì è arrivata una nota positiva al termine di tre ore di colloqui definiti “dettagliati e costruttivi” tra il premier britannico Boris Johnson e quello irlandese, Leo Varadkar. I due leader, che si sono incontrati in una lussuosa residenza nella campagna del Cheshire, nel nord-ovest dell’Inghilterra, hanno dichiarato di “poter intravvedere la via per un accordo”.

I toni positivi usati per descrivere i colloqui giungono pero’ in un clima che, nelle ultime ore, si è fatto molto tossico. I potenti di Bruxelles attaccano Johnson, che tuttavia è stato il primo a usare toni più aggressivi. Impaziente di portare a casa un accordo entro fine ottobre, di fronte alle esitazioni dei leader europei ha cominciato ad accusarli di essere responsabili dello stallo. Martedì mattina una fonte anonima di Downing Street ha chiamato alcuni giornalisti per rivelare loro il contenuto di una telefonata privata di mezz’ora tra la cancelliera tedesca Angela Merkel e il premier britannico. Con effetto immediato, i principali mezzi di comunicazione del Regno Unito hanno titolato che i negoziati con Bruxelles erano falliti e che la richiesta della Merkel di tenere l’Irlanda del Nord nell’unione doganale dopo la Brexit e di accettare le regole del mercato unico europeo nel commercio di merci aveva reso “essenzialmente impossibile” qualsiasi accordo.


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Con questa strategia, l’esecutivo britannico cerca di aumentare la pressione su Bruxelles per un accordo entro fine ottobre e intanto le scarica addosso la responsabilità di un possibile fallimento. Ma i leader dell’Ue ovviamente hanno respinto le accuse al mittente.

Cosa dovremmo aspettarci nelle prossime settimane? Intanto bisogna capire se – al di là delle dichiarazioni di facciata – Johnson e Varadkar abbiano effettivamente fatto progressi nell’individuare quale direzione prendere nei prossimi colloqui Ue-Regno Unito. Poi bisogna vedere se l’Ue si sposta dalla posizione d’intransigenza sulla questione della frontiera nord irlandese, che resta il nodo inestricabile che per ora impedisce un accordo. Per Londra l’Irlanda del Nord deve uscire dall’unione doganale europea insieme al resto del Regno Unito, ma l’Ue non sembra accettarlo.

Sebbene, in assenza di negoziati produttivi, una Brexit senza accordo o un’ulteriore estensione appaiano come scenari probabili, è anche possibile che le due controparti trovino un accordo all’ultimo momento. Non è da escludere, come hanno detto al Parlamento europeo il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker e il capo negoziatore Michel Barnier.

È anche possibile che Johnson sia costretto a chiedere un’estensione all’Ue. Lui dice che non la chiederà mai, ma il Parlamento britannico ha approvato una legge, la “Benn Act”, per bloccare una Brexit senza accordo e costringere il premier a scrivere a Bruxelles per chiedere un’ulteriore estensione in mancanza di un accordo entro il 19 ottobre. Qui la situazione si complica: da una parte, per Johnson è molto importante mostrare all’elettorato britannico di mantenere la scadenza del 31 ottobre; dall’altra, il mancato rispetto della legge gli potrebbe aprire le porte del carcere.

Infine, c’è sempre lo scenario di default, la Brexit senza accordo. Ma crediamo davvero che il governo Johnson voglia prendersi la responsabilità di un tale strappo e delle sue conseguenze per il futuro del paese? Tantomeno l’Ue avrebbe interesse ad affrontare un impatto altrettanto caotico e problematico sui suoi paesi membri e sull’intera eurozona.

Non possiamo nemmeno escludere, al momento, che si vada avanti per mesi, con successivi rinvii fino alla revoca dell’articolo 50, cioè alla cancellazione della Brexit. Continuare ad estendere la scadenza infatti aumenta le probabilità di una revoca futura. Molti in Gran Bretagna si chiedono a cosa servirebbe un’ulteriore estensione se in oltre tre anni non si è arrivati a un accordo.


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