Carla Zambelli è stata arrestata a Roma, come richiesto dalla giustizia brasiliana. Nel Paese sudamericano si acuiscono le divisioni politiche
La deputata brasiliana Carla Zambelli, ricercata dall’Interpol dietro mandato di cattura emesso dal ministro della Giustizia De Moraes, è stata arrestata a Roma: era ricercata nel nostro Paese e il fermo è stato reso possibile grazie alla segnalazione del suo indirizzo fatta da un deputato italiano.
Come già segnalato in un precedente articolo, Zambelli ha posizioni molto vicine all’ex Presidente Jair Bolsonaro ed è stata deputata federale, raccogliendo il maggior numero di voti tra i candidati: molto attiva a livello dei social, nel maggio scorso è stata condannata dal Tribunale Supremo del Brasile a dieci anni di carcere con l’accusa (dietro segnalazione di un hacker che ha rivelato il tutto, secondo alcune fonti) di aver orchestrato un attacco a base di fake news contro il sistema informatico del Consiglio nazionale della giustizia.
Estremamente conosciuta anche in Italia per le sue origini nostrane, la deputata è dovuta fuggire dal suo Paese perché, secondo quanto dichiarato, è in atto non solo nei suoi confronti ma contro molti esponenti dell’opposizione del Governo di Lula da Silva, attuale Presidente, una persecuzione politica basata su processi che vengono considerati “pilotati” e in un certo senso rappresentano una forma di risposta alla condanna inflitta anni fa a Lula per lo scandalo denominato “Lava Jato” (nel quale Lula era stato accusato di aver ostacolato le indagini) e che poi venne cancellata con un vizio di forma che rende le condanne esecutive solo dopo il terzo grado di giudizio, permettendogli di presentarsi alle elezioni per la Presidenza.
Il 25 maggio scorso la deputata ha attraversato il confine con l’Argentina in compagnia di suo marito e ha poi proseguito verso gli Stati Uniti, dove, dopo un breve soggiorno, è partita per il nostro Paese, dove tra l’altro aveva in un primo momento espresso il desiderio di candidarsi politicamente alle prossime elezioni, vista la sua doppia cittadinanza, progetto al quale successivamente ha rinunciato.
L’arresto ha suscitato una catena di reazioni sia in Brasile che nel nostro Paese da parte sia dell’opinione pubblica che di formazioni partitiche, ovviamente commentando il fatto a seconda del “colore politico”.
In Brasile i sostenitori dell’ex Presidente Jair Bolsonaro hanno espresso solidarietà nei confronti di Zambelli, interpretando l’arresto come un atto di persecuzione politica: ora si dovrà vedere come procede tutta la questione, anche perché, poco tempo fa, lo stesso ministro dell’Interno italiano Matteo Piantedosi, aveva dichiarato che “all’atto del controllo di frontiera avvenuto presso l’aeroporto di Fiumicino il 5 giugno scorso Zambelli risultava priva di precedenti di polizia sul territorio nazionale e di evidenze sfavorevoli rinvenibili agli atti, motivo per cui le autorità di polizia non avrebbero potuto in alcun modo procedere all’arresto”.
Secondo gli avvocati di Zambelli, Fabio e Pietro Pagnozzi, la deputata si è presentata spontaneamente alla polizia italiana, sostenendo la sua volontà di collaborare pienamente con le autorità e sostengono anche che l’estradizione non è necessaria anche perché la propria assistita “è sempre stata a disposizione per i chiarimenti necessari sulla vicenda”.
Oltretutto è curioso notare come proprio l’Italia abbia per anni chiesto al Brasile l’estradizione dell’ex terrorista Cesare Battisti, membro del gruppo “Proletari armati per il comunismo”, condannato a 12 anni in primo grado, evaso in Francia e poi in Brasile, e successivamente (in contumacia) all’ergastolo per 4 omicidi, due dei quali commessi materialmente e due in concorso con altri. Arrestato in Brasile, rimase in carcere fino al 9 giugno 2011. E proprio l’attuale Presidente Lula gli concesse il diritto d’asilo, rifiutando l’estradizione in Italia. Cosa replicata anche da Dilma Rousseff, successiva Presidente, che negò di nuovo l’estradizione nel 2011. Nel 2018 Michel Temer, nuovo Presidente brasiliano, firmò l’ordine di estradizione.
L’evoluzione di questo caso, come quello che attualmente vede l’ex Presidente Bolsonaro sotto processo, è un’ulteriore dimostrazione di uno scontro politico tra due schieramenti diametralmente opposti e che, senza alcuna forma di conciliazione tra le due forze in campo, rischia di danneggiare il Brasile a livello internazionale.
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