Ieri il presidente dell’Anm Parodi parlando a “Radio Anch’io” ha detto che il processo per il caso Almasri potrebbe avere “ricadute politiche”
C’è grande nervosismo tra governo e magistrati. Ovviamente non solo sul caso Almasri. Nervosismo figlio della paura che nella battaglia che li sta impegnando ormai da mesi, su chi debba prevalere nella gestione della cosa pubblica, nessuno si sente davvero al sicuro.
Rischiano i politici tutti i giorni di vedersi accusati e portati nelle aule di tribunale con accuse da provare, ma che comunque creano disagio e difficoltà a generare consenso. Ma rischiano anche i giudici, che devono sempre più esporsi per poter sostenere le proprie tesi con atti e dichiarazioni.
Nella trappola è caduto ieri il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Cesare Parodi, che, preso dalla foga di dare la propria opinione su tutte le vicende che riguardano il caso Almasri, è scivolato in un giudizio inopportuno sulle implicazioni politiche che potrebbe avere un qualunque tipo di decisione che riguardasse i soggetti coinvolti.
Molti hanno collegato questa sua affermazione al coinvolgimento del capo gabinetto di Nordio, Giusi Bartolozzi, ritenendo che l’affermazione sia quantomeno inopportuna.

Purtroppo la verità è che nessuno vuole più trovare una linea di comunicazione e di dialogo per risolvere i problemi della giustizia italiana e per riequilibrare un sistema evidentemente in difficoltà.
Non lo vuole la magistratura, che ritiene di avere un ruolo di garanzia costituzionale diretta e considera il proprio ruolo come quello di una parte che ha il potere di limitare e contenere la politica nelle sue scelte di fondo.
E neppure la politica è più disposta a subire la minaccia costante della magistratura di aprire fascicoli in ogni dove alla ricerca di comportamenti e illeciti, facendo così una falcidia di esponenti locali e nazionali.
La cosa complicata da digerire è che i vertici della politica e della magistratura non abbiano trovato il tempo per sedersi ad un tavolo ed affrontare la questione nel merito e si guardino, invece, come degli antagonisti in una battaglia piuttosto che come due facce della stessa moneta.
La verità è che in questi tempi molto complessi in cui sono venute meno le cornici del diritto internazionale, è anche stata stravolta la tradizione del potere costituzionalmente governato con saggezza e moderazione. L’unico vero valore in campo, da noi e altrove, è la forza. E così con inaudita violenza verbale – per ora – gli esponenti della magistratura aggrediscono gli esponenti della politica, che reagiscono con altrettanta violenza. Non è dibattito o dialogo, è ricerca di sopraffazione e di consenso nel popolo per poter primeggiare nell’esercizio del potere e delle sue prerogative.
Ci vorrebbero tre passi indietro da parte dei magistrati sul terreno della politica e ci vorrebbe maggiore capacità di dialogo e di umiltà da parte della politica nei confronti dei magistrati.
Ma così non sarà, perché sono tutti convinti di avere ragione, convinti di agire per la Costituzione e per la difesa dei cittadini, convinti di essere nel giusto. E chi è convinto ossessivamente di essere nel giusto spesso riesce a commettere le peggiori nefandezze.
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