“Cerco un centro di gravità permanente”, cantava qualche decennio fa l’indimenticabile Franco Battiato. Ma in politica la formula magica del centro s’è smarrita all’epoca di Tangentopoli, nel momento del passaggio alla legge elettorale maggioritaria, che per definizione impone di schierarsi o di qua o di là. Rapidamente venne spazzata via la Democrazia Cristiana, che con il centro si identificava per definizione. Finiva allora mezzo secolo di unità politica dei cattolici, che viene rimpianta da molti oggi, quando a prevalere sono le forze politiche estreme dei due campi.
L’anniversario dell’appello ai “liberi e forti” di don Luigi Sturzo, che nel 1919 diede vita al Partito Popolare, è diventato l’occasione per un duello proprio intorno a quell’eredità, la presenza esplicita dei cattolici nel panorama politico. Antonio Tajani è andato sino a Caltagirone, città natale del sacerdote siciliano, per rivendicare per Forza Italia quella discendenza, pur avendo il suo partito ben altra storia: da Berlusconi al PPE il percorso non è stato né semplice, né lineare.
Tajani ha cercato di rubare la scena al dibattito che si è aperto a sinistra, nel campo del Pd, con due iniziative in concorrenza fra loro, le convention di Milano e di Orvieto. Per evitarne uno scontro diretto, alla fine gli organizzatori si sono accordati per organizzarle, ma che fossero animate da progetti differenti e soprattutto puntassero a lanciare protagonisti differenti è rimasto evidente. Nel capoluogo lombardo Delrio e Prodi hanno tirato la volata ad Ernesto Maria Ruffini, in terra umbra Giorgio Tonini ha radunato una pattuglia di cattolici e riformisti di matrice più laica per spingere Paolo Gentiloni.
Solo il tempo ci dirà quale dei due progetti ha più filo da tessere, e se finiranno in conflitto, o finiranno per convergere, in qualche modo. Quel che viene da chiedersi è quanto spazio vi sia nell’area attualmente occupata dai dem. Il fermento è evidente, visto che da tempo la componente cattolica lamentava una sempre più accentuata marginalizzazione. Con Elly Schlein il partito si sta spostando sempre più a sinistra, a metà strada fra Maurizio Landini e istanze radicali sui diritti civili. I numeri, però, le danno ragione, visto che un partito scivolato sotto il 20% alle elezioni del 2022 veleggia ora stabilmente intorno al 23-24%.
Alla componente cattolica si staglia davanti un dilemma: rivendicare più spazio dentro o fuori dal perimetro del Pd? La questione è decisiva. Perché è ben difficile che la segretaria bolognese corregga una rotta che ha prodotto un aumento di consensi, peraltro speculare al declino dei 5 Stelle. Per l’anima cattolica questo vuol dire continuare a soffrire una penuria di spazio politico e di riconoscimento delle istanze più propriamente centriste. Uscire dal Pd e dar vita a una nuova formazione politica è però un percorso denso di incognite e di insidie. Un vero salto nel vuoto. Perché nessuno sa con precisione quanto possa pesare una sorta di Margherita 2.0. E per di più manca anche in tempi ravvicinati un appuntamento elettorale in cui pesarsi senza perdere la faccia. Le europee dello scorso anno sarebbero state perfette, invece questo processo è partito in ritardo.
Quest’area non manca di padri nobili, a partire da Romano Prodi, e di punti di riferimento, come Sergio Mattarella. Manca però ancora il leader, con Ruffini che si muove guardingo, senza annunciare una formale discesa in campo. È come se tutti avessero paura di sbagliare. Paradossalmente proprio la Schlein avrebbe un certo interesse a lasciar andare i cattolici: l’operazione le permetterebbe di accentuare le scelte di sinistra, per poi allearsi co il nuovo soggetto politico centrista in vista della sfida al governo.
Il problema è il tipo di orizzonte che il campo delle opposizioni si pone: Ruffini ha fatto accenno alla “maggioranza Ursula” che governa l’Europa. Ma questo in Italia presupporrebbe tagliar fuori M5s e Avs, e coinvolgere Forza Italia, terremotando il quadro politico. Uno scenario che oggi appare decisamente spericolato e lontano. Per costruire nuovi equilibri serve coraggio, ma serve anche molto tempo.
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