La puntata di oggi di Report di ieri, domenica 25 ottobre 2015, è stata tutta incentrata sulla “Rivoluzione 4.0”. Che fine faranno i giornalisti o anche gli impiegati? Le macchine li sostituiranno del tutto? La rivoluzione è in corso e riguarda tutti i settori, compreso quello sanitario, fino ai robot umanoidi. Nel servizio di Michele Buono abbiamo visto come un camion può essere guidato completamente dalla macchina. In Florida accade già. Questo porta a maggiore sicurezza sulle strade, perché la persona è liberata dalla necessità di stare sempre al volante. Ma il guidatore si può sempre definire camionista? A New York è stato inventato un software che è in grado di trasformare una serie di informazioni in articoli veri e propri. Ma questo non porterà al licenziamento dei giornalisti? All’agenzia di stampa dicono di no, che sono stati soltanto spostati da un settore all’altro. In Germania, negli stabilimenti Bosch della Baviera le macchine parlano con gli esseri umani e si può controllare la produzione anche senza essere in ufficio.
Poi c’è I-cub, il robot umanoide che sa fare davvero tutto e che parla persino, rispondendo anche a quesiti specifici. Alla Fedegari Autoclavi spiegano che non si sono trovati impreparati quando negli anni ’80 è arrivata l’automazione e ci hanno creduto subito. Ora si trovano avvantaggiati per aver investito in questo aspetto e hanno personale in grado di fare lavorazioni che altrimenti non avrebbero potuto portare avanti. Le autoclavi per la sterilizzazione, ad esempio, sono macchinari pieni di saldature e adesso per la maggior parte la fanno i robot. Claudio Sabbioni della Sacmi, spiega che le macchine possono essere fatte lavorare anche di notte, quando in azienda non c’è nessuno. Si possono creare inoltre dei prodotti completamente personalizzati e niente resta invenduto. Le macchine inoltre sono in grado di avvisare nel caso in cui stiano per rompersi. Nicola Granziera della Benetton ha mostrato come ormai nessuno debba caricare pesi a mano perché è la macchina che ci pensa e così il lavoro degli operai è più di testa e meno manuale. La macchina valuta persino il tipo di carico e il peso, l’etichetta finale viene posta sul cartone e l’imballo è pronto. Si tratta di un vero e proprio magazzino automatico e il funzionamento è garantito da una catena vera e propria che vede in azione delle posizioni che fino a 10 anni fa non esistevano neanche.
Ma i nostri Ministeri sono favorevoli all’innovazione 4.0? Il presidente di Confindustria Ennio Lucarelli dice di non aver ancora incontrato questo favore da parte del governo, mentre il nostro sistema universitario dovrebbe dare una grossa accelerata in merito. Insomma, anche il Ministero dell’Istruzione dovrebbe iniziare ad essere coinvolto. A Berlino invece il tutto è partito a livello di governo già nel 2011. Il lavoro sta cambiando e quindi è necessario organizzare al meglio anche la fase di istruzione per evitare che si perdano posti di lavoro, ma se ne creino di nuovi. Sono infatti sempre gli uomini che devono garantire la funzionalità delle macchine. In Italia non ci sono invece progetti in atto e metà delle nostre imprese non sa come rinnovare i suoi progetti industriali. Gerard Schrek del Fraunhofer Institut di Berlino ha spiegato che grazie alle sue macchine è possibile sollevare un’automobile di 700 chili con una mano sola. Qui gli studenti vengono assunti con contratto part-time di 80 ore al mese, in modo che possano imparare anche lavorando al fianco dell’impresa. Un ragazzo ad esempio ha spiegato che il suo studio è incentrato su un robot.
Al centro di ricerca sull’intelligenza artificiale si studiano interi sistemi produttivi. Chiunque può provare le nuove tecnologie e progettare la propria fabbrica. A Francoforte il sindacato dei metalmeccanici dice che la robotizzazione dell’industria è un vero e proprio treno da non perdere perché altrimenti si rischia di restare tagliati fuori. L’industria 4.0 è ormai un progetto non solo puramente tecnologico ma incentrato sul futuro del lavoro. In Cina delocalizzare non sembra più tanto conveniente, eppure l’inventiva personale porta sempre lontano. Insomma se non si pone limite all’intraprendenza si può anche riportare un certo successo. Un pittore italiano che si fa chiamare ‘Il toscano’ ha raccontato che egli dipinge in modo amatoriale e in Cina riesce a vendere le sue opere che sono pur sempre amatoriale. In Italia nessuno prenderebbe i suoi quadri, nemmeno pagando, se non forse a qualche suo familiare.
L’artista ha mostrato anche alle telecamere di Report come gli scaffali dei supermercati cinesi siano pieni di prodotti importati non solo dall’Europa, ma anche da Australia e Nuova Zelanda, a cominciare dai vini. Se si va ad intervistare qualche persona in strada tutti dichiarano però di non aver mai assaggiato vino italiano, di non sapere neanche in Italia si produca vino e di conoscere il nostro Paese per altre cose, come la Ferrari ad esempio. C’è chi dice di preferire addirittura il vino cileno. Questo dimostra che l’Italia non è in grado di approfittare della grande richiesta cinese e così resta tagliata fuori dal mercato. Sembra andare un po’ meglio invece con la pizza. A Pechino c’è persino un intero villaggio italiano, dove però viene distribuita birra tedesca e il caffè è Starbucks. Di italiano dunque c’è davvero ben poco, al di là dell’apparenza esterna. Quel che è certo è che la classe media che si sta consolidando in Cina può diventare un ottimo mercato di sbocco, perché sicuramente nei prossimi anni le importazioni non faranno altro che aumentare. Bisognerebbe soltanto saper cogliere questa notevole opportunità.
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