L’ESIBIZIONE
Caparezza entra in scena sulle note di Ti fa stare bene. È lui l’ospite musicale del Tavolo di Che tempo che fa. Ottima la sua esibizione, ritmata e strampalata in pieno stile hip hop. Ma Caparezza è fuori da qualsivoglia schema. Salvemini è carichissimo: “Vitalità a questo pezzo e vitalità a questo pazzo”, il suo slogan. Insieme a lui, un simil coro dello Zecchino D’Oro e una copia del Cookie Monster americano. Fazio va a salutare i bambini: “Ci scusiamo, prima avete dovuto sorbirvi la Littizzetto…”. In seguito, il cantante spiega: “Dietro al mio album c’è un po’ di numerologia. 7 sono le lettere che compongono il nome Michele, 9 quelle di Caparezza. 0 sono io, in trappola tra 7 e 9. Insomma, è una cosa a metà tra la psicanalisi e la magia”. Quale pretesto migliore, per introdurre Gigi Marzullo. “Tu sei uno psicanalista, vero?”, chiede Fazio. “Non propriamente, sono un medico generico”. Niente da fare con Salvemini, che prosegue nelle sue spiegazioni ignorando la forzosa ironia di Fazio e Co. [agg. di Rossella Pastore]
‘PRISONER 709’ GIÀ DISCO D’ORO
Nella puntata di Che tempo che fa, in onda questa sera su Rai 1 per la conduzione di Fabio Fazio, sarà presente tra i tanti ospiti il cantautore pugliese Caparezza che in questi giorni è tornato protagonista dello scenario musicale italiano grazie all’uscita del suo nuovo album. Si intitola Prisoner 709, è il settimo lavoro discografico per Caparezza e soprattutto gli ha già permesso di ottenere le prime soddisfazioni avendo conquistato immediatamente la certificazione di Disco d’oro. Un riconoscimento che ha colto di sorpresa anche lo stesso Caparezza che nel corso di una intervista rilasciata all’agenzia Dire (www.dire.it), ha rimarcato l’enorme soddisfazione per il risultato raggiunto: “Il successo del disco d’oro è stato veramente inaspettato. Io ho 43 anni e chi fa acquisti nell’industria musicale oggi sono principalmente i giovani. E’ strano che dei ragazzi si identifichino in testi che sono scritti da un adulto. Tutto questo successo che mi piove addosso è davvero inaspettato, e non lo dico tanto per dire. Ero davvero convinto che sarebbe iniziata un’epoca di discesa, penso che dovrebbe succedere così agli artisti”.
CAPAREZZA: “UN LAVORO DETTATO DALL’ANSIA”
Nel corso della stessa intervista Caparezza ha anche cercato di spiegare il messaggio di questo suo nuovo disco facendo particolare riferimento alla costatazione che esso è stato dettato espressamente da un sentimento di ansia: “Ansia è la parola che utilizzerei per descrivere il mio ultimo disco mi sento di dire che è stato un lavoro dettato dall’ansia. Mi piace definirlo un disco ‘onesto’, nel senso che sono stato onesto con me stesso, non ho mostrato un lato baldanzoso di me quando non era opportuno. Io assomiglio ai miei dischi, per cui se c’è un periodo un po’ meno allegro, anche il mio disco sarà così”. Quindi ha parlato della curiosità che spinto i suoi fan a capire cosa voglia significare quel Prisoner 709 del titolo: “Sto diventando fan dei miei fan per la loro creatività, apprezzo molto la loro attenzione e la meticolosità nel ricercare e nel voler trovare risposte: basta l’uscita di un titolo a stimolare in loro delle ricerche, non credo che ciò avvenga con tutti i cantanti, mi sorprende la curiosità dei miei fan e ne sono contento”.
LA CONVIVENZA FORZATA CON UN ACUFENE
Caparezza dal 2015 ha scoperto di essere affetto da un acufene ed ossia un disturbo uditivo costituto da rumori che l’orecchio percepisce come fastidiosi a tal punto da influire sulla qualità della vita. In effetti la vita di Caparezza in tal senso è un po’ cambiata con l’artista costretto a convivere con questo fastidioso disturbo che rende la quotidianità leggermente più complessa come lui stesso ha ammesso: “La mia vita dopo l’arrivo del ‘fischio’ è cambiata molto. Sono più introverso di prima e ancora più distratto, fatico a concentrarmi, anche la lettura di un libro è diventata più faticosa, così come la visione di un film. Avevo già prima la tendenza a stare in un mondo tutto mio, e l’acufene la sta amplificando. Non riesco più ad ascoltare musica ad alto volume come facevo un tempo, sono cambiati gli accorgimenti che devo prendere per lenire il dolore. Devo però dire che ho scoperto di avere una forma di reazione che non pensavo mi appartenesse. Superato l’impatto iniziale le strade erano due: o la depressione profonda, o il reagire. Il disco è stata la mia risposta a quello che mi era accaduto”.