Si è discusso molto nei giorni scorsi del ddl sul consenso libero attuale rispetto al reato di violenza sessuale
La giornata internazionale del contrasto alla violenza femminile si traduce in eventi molto simbolici e quest’anno si è caricata anche di una rissa politica sul tema della giustizia sul quale è bene ragionare.
Troppo spesso l’ansia di arrivare a votare una norma a tutela delle donne porta ad avere fretta e a fare sempre più un passo trascinato che si rivela inopportuno soprattutto se confuso nelle norme.
È stato così nell’approvazione della Legge 8 febbraio 2006, n. 54, Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli, che sovente si è rilevata un boomerang, con l’aggravante del reato dell’alienazione parentale, che può avere conseguenze civili e penali e diventa un grave illecito perché viola il diritto della prole a un rapporto equilibrato con entrambi i genitori (il cosiddetto diritto alla bigenitorialità) e a sanzioni, risarcimenti e persino alla perdita dell’affidamento.
E il risultato è che le aule giudiziarie sono sempre più spesso teatro di conflitti familiari, nei quali un genitore agisce con condotte mirate ad “alienare” il figlio all’altro genitore. Vero è che – guardando le sentenze – spesso è la madre la parte debole e comunque il figlio la vittima più colpita. Ancora.
In queste ore si discute della decisione della maggioranza di sospendere l’approvazione del ddl che modifica il reato di violenza sessuale con l’introduzione del “consenso libero e attuale”, ma la tipizzazione di una fattispecie in giurisprudenza coinvolge moltissimi criteri delicati che riguardano la persona accusata e le dinamiche in cui si svolge.

E a proposito di tutela della libertà della donna invocata in queste ore da vari rappresentanti parlamentari e governativi e in merito al reato supplementare di femminicidio esiste un assassinio/soppressione della vita di una persona che non limiti la libertà individuale? Ma com’è possibile provare che una donna è stata uccisa in quanto donna?
Sono convinta che sarebbe stato molto meglio stabilire aggravanti e punirle più severamente di assassinio e impegnarsi sulla prevenzione e sul patrocinio gratuito dello Stato in cause civili per donne massacrate in ambito domestico, magari non a costo zero come recita la norma sul femminicidio, ma stabilendo ciò che prevede la Convenzione di Istanbul, che abbiamo ratificato ma non applicato compreso il Piano nazionale che abbiamo recentemente varato come Comitato interministeriale diritti umani su donne e libertà contro la violenza.
E ancora il Piano nazionale di Roccella per la lotta alle discriminazioni contiene misure che includono la criminalizzazione del femminicidio come reato autonomo, la promozione di campagne di sensibilizzazione, il supporto alle vittime specialmente orfani e minori e l’istituzione di percorsi formativi specifici per gli operatori. Dunque sarebbe utile confrontarsi su queste misure prima e non dopo.
Già alla Camera il Parlamento – sbagliando secondo il mio parere – ha votato all’unanimità disegno di legge bloccato in Senato che inverte l’onere della prova precisando che ogni accusa prevede in una sentenza fino alla condanna definitiva il reato di violenza sessuale senza consenso libero e attuale.
Oltretutto è bene chiarire che al momento che la donna fa una denuncia si assume la responsabilità e nel ddl la riscrittura dell’art 609-bis del codice penale, che disciplina la violenza sessuale, prevede un reato di abuso con pena da 6 a 12 anni a chi compie appunto violenza senza il consenso, ma chi denuncia di aver subito violenza afferma con questo di non aver acconsentito all’atto e non deve giustificarsi. E chi è accusato ha diritto di difendersi, ma anche il dovere di specificare e dimostrare le circostanze in cui ha agito.
Comunque fare chiarezza e tipizzare è un’opportunità per tutti e alla giurisprudenza ora passa il dovere di approfondire e riscrivere la norma.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
