Dopo due settimane di negoziati, la COP30 non sembra essere riuscita a ottenere risultati particolarmente significativi
A Belem la discussione su come fermare l’aumento della temperatura media del pianeta si è infiammato. Ma solo perché è scoppiato un incendio accidentale nella sede della COP30 proprio mentre i delegati erano impegnati ad accordarsi sulle misure per abbassare il “pianeta in fiamme” come ripete ossessivamente il segretario generale dell’Onu António Guterres.
Dopo due settimane di negoziazioni si è giunti a un accordo al ribasso che conferma le previsioni iniziali degli osservatori più scettici. Ribattezzato Global Mutirão, il testo finale non porta a casa nessun passo avanti sull’uscita dalle fonti fossili, né sulla deforestazione, altro punto in cima all’agenda del Presidente Lula che aveva puntato sulla scelta simbolica di ospitare i delegati di 200 nazioni nella città emblema dell’Amazzonia.
Non si è ottenuto neppure un ripensamento dei meccanismi di aggiustamento del carbonio alle frontiere, come ad esempio il Cbam la tassa sulle emissioni che l’Ue si appresta a mettere in vigore nel 2026 sulle importazioni e alle quale si oppongono le economie più povere. Tutto rimandato al prossimo summit che si terrà nella città di Adelaide in Australia.
Il clima di ottimismo e slancio coeso dell’epoca degli Accordi di Parigi è spazzato via dai protezionismi mercantilistici e dalla frammentazione.
I possibilisti si consolano riconoscendo che nel testo piuttosto blando dell’accordo non c’è nulla di particolarmente negativo e, seppur non aumenta le ambizioni generali per accelerare il taglio delle emissioni, non compromette tuttavia i progressi compiuti in precedenza. Un sano realismo per ripensare con un’angolatura diversa le politiche climatiche di questi ultimi 20 anni che non sono riuscite a rallentare la dinamica delle emissioni complessive di gas serra. Nel 2024 hanno raggiunto 37,4 miliardi di tonnellate +0,8% rispetto al 2023.
Infine, a sottolineare il pragmatismo nell’istanze ambientali, la COP30 ha confermato il suo carattere di summit finanziario. Per aiutare le nazioni a rispettare gli impegni esistenti, le nazioni ricche di triplicare almeno i fondi che forniscono agli altri Paesi per adattarsi al riscaldamento globale entro il 2035.
I Paesi in via di sviluppo affermano di aver urgente bisogno di fondi per adattarsi agli effetti che stanno già colpendo, come l’innalzamento del livello del mare e l’aggravarsi di ondate di calore, siccità, inondazioni.
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