Partiamo dalla notizia del ritorno dalla settimana bianca in Alto Adige del turista tedesco del Baden-Wuerttemberg che è stato riconosciuto positivo al coronavirus, dopo che si è presentato in ospedale con sintomi influenzali leggeri. L’uomo ora è ricoverato in isolamento nella clinica universitaria di Heidelberg per il periodo di quarantena. Il personale medico non ha rilasciato informazioni sulle sue attuali condizioni di salute.
Questa notizia lascia supporre l’esistenza nel nostro paese di un macro-focolaio europeo che ci affonda in Borsa (magari da questa settimana) e soprattutto alimenta chiusure, sospetti e divieti per i cittadini italiani nel mondo.
Non è un complotto: è uno scaricabarile economico che danneggia il nostro paese. Basta seguire Bloomberg per raccogliere queste notizie subito messe in risalto dai giornali stranieri.
In Germania però non pare tutti siano convinti della narrazione, soprattutto sui social, dove i cittadini sono perplessi riguardo all’esplosione di dati sulla recente “influenza stagionale”. Una maschera perfetta con cui il governo e i media della locomotiva d’Europa descrivono quello che noi chiamiamo coronavirus. Intanto ad Amburgo è risultato positivo al coronavirus un sanitario del più grande ospedale della città. Un fatto gravissimo, ma la Merkel non lo ha sottolineato a mercati aperti.
La psicosi in Germania c’è, tanto che siti e giornali pubblicano addirittura il vademecum per come affrontare la quarantena, perfino la lista alimentare.
In neanche 24 ore i casi sono raddoppiati ed in Germania ci sono tre focolai. La realtà è che la Germania si trova nella medesima situazione dell’Italia il 21 febbraio.
Le misure restrittive? Molte scuole chiuse e migliaia (per ora) persone in isolamento. Il ministro Spahn non rassicura: “Siamo all’inizio dell’epidemia”. Un quadro simile, se non peggiore di quello italiano. Ma l’allarme era già partito da molti utenti social tedeschi in corso di settimana. Perplessi dalla situazione italiana, ma non critici, molti si chiedevano se in realtà si facessero i tamponi anche in Germania (e si è scoperto di no, neanche mille tamponi tra Parigi e Berlino).
Inoltre qualche sito d’informazione ha messo in dubbio certi numeri riferiti all’influenza considerati “strani”. In Germania infatti sorprendeva, in quest’articolo, l’aumento dei decessi da “normale influenza”, proprio in piena emergenza.
Ci stupiamo della Germania? In realtà anche in economia qualche trucchetto c’è. Prendiamo in esame l’italiana Cassa depositi e prestiti (Cdp) e l’equivalente tedesca Kfw.
La Cdp raccoglie ogni anni circa 320 miliardi di euro, la Kfw circa 500. Fin qui nulla di strano. Ma il bello viene ora: la Kfw reinveste concedendo prestiti a tassi irrisori alle piccole e medie imprese tedesche e controllando ingenti quote del capitale di colossi come Deutsche Post e Deutsche Telekom, ma con una differenza sostanziale e non narrata: i 300 miliardi di debito contratto dalla Cdp coperti da garanzia statale entrano nel conteggio del debito pubblico italiano, mentre i 500 miliardi di euro della Kfw, no.
Perché? Il motivo è una regola contabile dello Stato tedesco (creata ad hoc) che esclude (quindi un cambio parametro) dal debito pubblico le società pubbliche che si finanziano con pubbliche garanzie ma che coprono la metà dei propri costi con ricavi di mercato e non con versamenti pubblici, tasse e contributi. Una regola molto strana e particolare.
Inoltre in Italia si ignora che per i comuni tedeschi non è obbligatorio il pareggio di bilancio, contando che la maggioranza di essi risulta pure in forte debito.
Facciamo adesso qualche conto sul bluff teutonico. Prendiamo i 500 miliardi di euro della Kfw e aggiungiamoli ai 2.080 miliardi complessivi del debito pubblico tedesco. Otteniamo un debito pubblico tedesco che dal 78,4% arriverebbe a lambire il 97% del Pil. Una percentuale ovviamente ancora lontana da quella del nostro debito, penalizzato nella “potenzialità” e causato da misure, come il pareggio di bilancio, che la Germania impone all’Europa ma non applica al proprio sistema.
In pratica sarebbe come dare sei punti a sconfitta nella classifica del campionato di calcio, alla fine non vincerebbe il campionato la squadra più forte.
A leggere con occhi e parametri tedeschi, è ovvio che gli italiani siano indebitati ed ora malati. Ma forse il velo di Maya si è squarciato, a causa di un virus che la stessa Germania teme ma che definisce “banale influenza”.
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