Ricorre oggi il 126esimo anniversario della nascita di Gabriela Mistral, poetessa ed educatrice cilena. Dopo la sua formazione e l’attitudine alla poesia, la donna si dedica all’insegnamento. Nel 1918, è nominata direttore di una scuola secondaria per ragazze, situata nell’area rurale di Punta Arenas. La terra di Punta Arenas diventa fonte di ispirazione per una serie di poesie dal titolo “Paesaggi della Patagonia”. Nel 1922 Mistral accetta l’invito di José Vasconcelos, il ministro messicano alla formazione, per l’avvio di programmi educativi per la popolazione più povera del Messico. Nascono biblioteche mobili nelle aree rurali, per rendere l’accesso alla letteratura più facile a tutti. In seguito, cura un libro di poesia e prosa intitolato Letture per le donne. Inoltre, viaggia per comprenderne i diversi metodi d’insegnamento di molti altri paesi. Nel 1923, Mistral è insignita del titolo di Maestra della Nazione dal suo stesso governo.Nel 1922, pubblica il primo volume delle sue poesie, una raccolta intitolata “Desolación” (Desolazione). In essa esprime i suoi sentimenti verso il dolore e la morte. “Ternura” (Tenerezza), pubblicata nel 1925, è una raccolta di poesie per bambini, che celebrano le gioie della nascita e della maternità. Le sue raccolte successive sono “Questions” (1930) e “Tala” (1938). La poetessa scrive anche favole e, nel frattempo, continua la pubblicazione delle sue poesie sulle riviste. I temi dominanti delle sue opere sono l’amore, la morte, l’infanzia, la maternità, la religione, la bellezza della natura e della sua terra natale. Di lei si ricorda anche il forte ardente desiderio di giustizia.
Gabriela Mistral, poetessa originaria del Cile di cui oggi si ricordano i 126 anni dalla nascita, nel 1945 è stata la prima cittadina del suo Paese a ricevere il Premio Nobel per la Letteratura. Nel suo discorso alla consegna, la Mistral ha salutato la nazione svedese, volendo richiamare immediatamente l’attenzione del pubblico e di tutti gli ospiti sulle caratteristiche della sua tradizione. Una tradizione che è in grado sapersi rinnovare con il passare del tempo, in un quadro che considera le creazioni più di valore provenienti dalla società stessa. Gabriela Mistral, per chiarire questo concetto, aveva usato una metafora bellissima: è un processo dove la tradizione si spoglia dei rami più vecchi, morti e obsoleti per lasciare spazio – sulla stessa struttura fondante – a nuovi germogli, simbolo appunto di rinnovamenti, vita e novità. L’insegnante, continuando, aveva affermato che un esempio del genere certamente rendeva fiera l’Europa, per poi passare a ringraziare per la sua presenza alla premiazione, dicendosi fortunata di essere lì, a rappresentare le nobili lingue spagnole e portoghesi.
Gabriela Mistral ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura nel 1945, ed è stata la prima persona dell’America Latina a raggiungere questo traguardo. Il padre abbandonò la famiglia quando era lei ancora una bambina: Gabriela – il cui vero nome è Lucila Gody y Alcayaga – iniziò quindi immediatamente a lavorare come insegnante, e già all’età di 15 vedeva pubblicate le sue prime poesie. Si innamorò ben presto di un giovane ferroviario che poco tempo si suicidò: quest’altra perdita la segnò profondamente e fu anche la spinta per una riflessione da cui nacquero Los Sonetto de la Muerte, Desolacion e Ternura, le prime opere che le valsero la fama internazionale e che toccarono il tema della morte come mai nessun altro poeta latinoamericano aveva provato ad affrontalo. Altra opera importantissima per la poetessa è Tala, che nasce a Buenos Aires nel 1938 grazie anche alla preziosa collaborazione di un’amica di vecchia data, che avviene prevalentemente per via epistolare. Due anni prima della consegna del Premio Nobel un altro tragico suicidio sconvolge la vita di Gabriela Mistral, quello dei suo giovane nipote – che lei stessa, “La Madre de L’América”, aveva cresciuto come un figlio – Juan Miguel di 17 anni appena. Da questo fatto nascerà Lagar, l’ultima sua opera pubblicata dopo la sua morte.
Gabriela Mistral, la prima donna a latinoamericana a vincere un Premio Nobel per la Letteratura, è nata esattamente 126 anni fa e Google ha voluto ricordala oggi dedicandole un doodle: fu innanzitutto un’educatrice, una poetessa e una maestra e il suo sguardo sorridente è l’elemento principale della grafica scelta, quasi a richiamarne lo spirito semplice, ma forte. Insieme al volto di di Gabriela Mistral c’è anche un’altra immagine, più piccola, ma che viene messa immediatamente in risalto dalle parole che hanno elegantemente preso il posto delle lettere centrali del nome del motore di ricerca: due mani, entrambi tese una verso l’altra che si afferrano in amicizia, simbolo di un incontro e di un aiuto. “Dame la mano y danzaremos, Dame la mano y me amaràs” è quel che si legge, che significa “dammi la mano e danzeremo, dammi la mano e ti amerò”: due strofe di una delle sue poesie, che riescono a riassumere efficacemente lo spirito con cui Gabriela Mistral ha vissuto e ha insegnato agli altri.
“Fa che attraverso ogni stato – infanzia, vecchiaia, piacere, dolore – la mia anima atteggi un invariato e universale gesto d’amore”, scriveva Gabriela Mistral. E ancora, rivolgendosi al Signore: “Ed ora Cristo abbassami le palpebre, / metti la brina sulla mia bocca: / che invano scorrono tutte le ore, / e furon dette tutte le parole” poiché “gli altrui figli educai, colmo il granaio / feci di grani divini. / Or solo da Te spero, / Padre nostro che sei nei cieli: prendi / la testa mendica, se stanotte la morte mi prende”. Dopo aver trascorso la sua vita dedicandosi ai fratelli e al Signore, recita così: “Non credo di svanire al di là della morte. Perché mi avresti allora riempita di plasma, … perché ogni mattina irraggeresti la luce sul mio viso e sul mio cuore, se non fosse per raccogliermi come si raccoglie il racimolo moro, che il sole di mezz’autunno ha dolcificato come il miele? Né diaccia né disamorata è la morte. Ma è un ardore, un tremendo ardore che secca e trita le carni, per strappar l’anima a tutte le sue pene”. E sulla vita, che la Mistral descrive come “oro e dolcezza di grano” “l’odio è breve, e immenso l’amore e anche le difficoltà inevitabili che la vita presenta”.
Il vero nome di Gabriela Mistral era María del Perpetuo Socorro Godoy Alcayaga. Successivamente adottò lo pseudonimo con il quale la conosciamo, che nacque dall’unione dei nomi dei suoi poeti preferiti: Gabriele D’Annunzio e Frédéric Mistral. Nella sua giovinezza fece l’insegnante elementare nei villaggi rurali della cordigliera andina. La sua formazione attinse dalla Bibbia, dalla lettura di Dante, Isben, D’Annunzio e Mistral. Le poesie da lei scritte nascono dal suo animo sensibile e religioso. Segnata dal suicidio del suo fidanzato, si riprese solo grazie alla fede. Una esperienza che l’autrice trasformò in poesia dal titolo “I Sonetos de la muerte”, e lei stessa scrisse nella prefazione: “Dio mi perdoni questo libro amaro … Rimane sanguinate in questi cento canti un passato doloroso, in cui anche il cantare s’insanguinò per darmi sollievo. Lo lascio addietro nella valle ombrosa e per più clementi pendii salgo alle balze spirituali, donde gran luce cadrà infine sopra i miei giorni … Dio e la vita mi concedano di compiere il voto”. Fu proprio grazie a questi canti che la poetessa vinse un concorso e da qui si aprì il suo successo letterario. Le fu affidata una cattedra nel liceo delle Ande e la direzione dei licei di Punta Ares e Santiago. Dietro la richiesta dell’Istituto de las Espana, pubblicò le sue poesie in un volume dal titolo “Desolacion”. Quindi lasciò l’insegnamento per dedicarsi alla carriera diplomatica, continuando a scrivere. Così nel 1945 arrivò il premio Nobel di letteratura e nel 1951 quello dello stato Cileno. Sei anni dopo, nel 1957, a gennaio morì a New York.
Gabriela Mistral nasceva 126 anni fa in Cile. Stella di prima grandezza della letteratura e della pedagogia cilena (se parliamo di letteratura, fa il paio con Pablo Neruda, anzi gli prepara la strada, tanto per capirci) è forse una figura poco conosciuta alle nostre latitudini. Forse per un sottile pregiudizio anticristiano, forse perchè certo femminismo spiccio – non solo italico – predilige la figura di una donna assolutamente non madre, nè maestra, come icona di donna indipendente. Chissà Gabriela Mistral cosa penserebbe di queste sofisticazioni della figura femminile, lei che ha saputo reggere nel palmo delle mani, con la stessa naturalezza dei bambini a cui insegnava, anche la cultura di un paese fiero e umile come il Cile. Nel corso della giornata conosceremo Gabriela Mistral sempre più a fondo, ma in questo viaggio ci sembra significativo partire da una delle preghiere che lei compose, e che rende lo spirito di una ragazza di 15 anni che si mette a fare la “maestra rurale”. “Fa che io sia più madre di una madre / nel mio amore e nella difesa del bambino / che non è sangue del mio sangue. / Aiutami affinchè ognuno dei “miei” bambini / diventi la poesia migliore. / E nel giorno in cui non canteranno più le mie labbra, / lascia dentro di lui o di lei la più melodiosa delle melodie”. Amore, gratuità, bellezza che diventa tradizione. Ci sono tutti questi elementi nella “preghiera dell’insegnante” di Gabriela Mistral. Una poesia che diventa preghiera, perchè è più che la descrizione di uno stato d’animo, di un’intuizione più o meno chiara o confusa. Un tentativo di lanciare in alto questo desiderio, alto come solo la preghiera può arrivare. Ci sembra questo il miglior punto di partenza per cominciare a conoscere la signora del Cile, Gabriela Mistral. Il percorso sarà affascinante, tra luci, ombre, e la battaglia per la sua eredità culturale. Ci sorregga in questo viaggio la sua semplicità.