Di integrazione e multietnicità si è parlato in relazione alla nazionale di calcio: tutti italiani integrati multietnicamente da Giuseppe Rossi (“italianissimo”, ma nato in New Jersey, da lì trasferitosi a Parma a 12 anni) a Mario Balotelli (nato in Italia da genitori ghanesi e presto adottato da una famiglia bresciana); da Soriano (nato in Germania da genitori italiani, trasferitosi a Genova a 18 anni) ai vari Ogbonna e El Sharaawy nati e cresciuti in Italia; fino al revival degli “oriundi”.
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Oriundi sono i recenti neo-convocati in nazionale Eder e Vazquez: il primo ha lontane origini italiane ma una lunga carriera sportiva nella penisola; il secondo ha la madre italiana ma è sul territorio nazionale da poco più d’un paio d’anni. Entrambi hanno optato, all’interno della propria duplice cittadinanza, per la nazionale tricolore. Ma quale dev’essere il criterio di convocabilità in nazionale: che sappiano a memoria l’Inno o la Costituzione o che superino un test di lingua e di cultura italiana? Che siano nati in Italia? (Rossi e Soriano non lo sono). Che siano vissuti in Italia e per quanto e quale tempo? (Di nuovo, Soriano e Rossi non certo continuativamente). Che abbiano genitori italiani? (Balotelli li ha; Vazquez ne ha uno; Eder no; Rossi e Soriano sì; tante seconde generazioni nate in Italia ne hanno uno, o zero, o due, o zero alla nascita ma poi divenuti due perché i genitori stranieri solo dopo la nascita del figlio hanno acquisito cittadinanza italiana…) Una combinazione, ancora più complicata, di tutti questi criteri?
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È chiaro che il mondo è sempre più interconnesso, con scambi nazionali e di nazionalità… ma solo ora? In fondo – misconosciuto – chi è stato uno dei primi “oriundi d’Italia”? San Maurizio, Moritz, patrono degli Alpini. Moro, marocchino (in realtà, coi criteri geografici attuali sarebbe egiziano; ma poi si sa che con il termine “marocchino” comprendevano allora tutti i primi nordafricani) di pelle inequivocabilmente nera, o scura, generale dell’esercito romano, vero campione e capitano delle battaglie nelle Alpi con la “nazionale” dell’Impero romano, e generale nella “squadra” della fortissima Legione Tebea.
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Figlio di genitori atei, convertitosi fervente cristiano. Patrono in molti comuni, venerato nei centri di più antica tradizione alpina piemontesi (come San Maurizio d’Opaglio o San Maurizio Canavese) o valdostani fortemente legati alle tradizioni locali (e fino alle località sciistiche svizzere più alla moda, o alla Francia dei tanti Saint-Maurice). Il “Giuseppe Meazza” degli Alpini, o il “Silvio Piola” se vogliamo sommarci la dicotomia città-campagna. Nume di un corpo militare che duemila anni fa, da oriundo, è entrato nella storia. Senza troppi problemi e criteri di eleggibilità nazionale.
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(Alessio Menonna e Gian Carlo Blangiardo)