Tra le dichiarazioni del pentito della Jihad, Arbi Ben Said, che ha enfatizzato il pericolo dell’arrivo di kamikaze e terroristi islamici sul territorio italiano, fanno scalpore anche quelle che sottolineano come gli jihadisti sul nostro territorio nazionale possano spacciarsi anche per senzatetto: “Una volta un gommone è riuscito a scappare e a bordo c’erano anche tre “barboni” indicati come terroristi; nel giugno del 2016 ho incontrato un tunisino di nome Ahmed e so per certo che è ricercato in Tunisia per terrorismo ed è arrivato in Italia da qualche mese. Attualmente dovrebbe vivere a Palermo insieme a suo fratello più giovane e ad una ragazza di nome Ameni, forse tunisina. Ha aiutato diversi terroristi a espatriare verso l’Italia e per questo motivo – ha raccontato Ben Said – ritengo che sia egli stesso un terrorista“. (agg. di Fabio Belli)
PARTICOLARI INQUIETANTI
Sono emerse in queste ore le dichiarazioni del pentito della Jihad, Arbi Ben Said, tunisino ed in carcere per traffico di droga e che hanno portato al maxi blitz anti-terrorismo conclusosi con 15 arresti. E’ PalermoToday a riferire le dichiarazioni dell’uomo rese agli inquirenti il 16 agosto di tre anni fa, quando il tunisino, dal carcere, decise di raccontare i retroscena degli “sbarchi fantasma” dalla Tunisia e dei possibili contatti con ambienti vicini al terrorismo. “La mia intenzione era quella di fornire indicazioni utili circa un’attività di contrabbando di tabacchi e di immigrazione clandestina di persone provenienti dalla Tunisia. In proposito ho riflettuto che in tale contesto criminale potevano anche essere trasportati, come clandestini, dei soggetti con problemi giudiziari in Tunisia per motivi di terrorismo”, spiegò in quell’occasione. Le sue parole hanno evidenziato il forte pericolo in Italia, al punto che lo stesso pentito avrebbe messo in guardia del rischio di un vero e proprio esercito di kamikaze nel nostro Paese. “In considerazione del particolare momento storico, soprattutto per quanto riguarda il terrorismo di matrice islamista”, ha detto agli inquirenti, “ho ritenuto fortemente probabile che attraverso il sistema di collegamenti via mare dell’organizzazione che ho conosciuto in Sicilia, alcuni terroristi possano giungere in Italia con il loro aiuto”. L’inchiesta anti terrorismo non ha interessato solo la regione Sicilia ma anche la Lombardia. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
PENTITO JIHAD “RISCHIATE ESERCITO DI KAMIKAZE”
Dalla Sicilia alla Lombardia – in particolare Brescia, dove un tunisino di 27 anni è stato arrestato dopo aver passato diversi anni residente a Palermo – il blitz anti-terrorismo è partito tutto dal “pentito della Jihad” che agli inquirenti ha spiegato allarmato del sempre più crescente numero di potenziali kamikaze Isis in Italia. Un altro tunisino è ancora ricercato e latitante, accusato di avere fatto propaganda jihadista su Facebook: in particolare, gli viene contestato di «aver pubblicamente istigato a commettere più delitti in materia di terrorismo». Per i magistrati, come dicevamo anche qui sotto, c’è una concreta minaccia per la sicurezza nazionale: sul caso del pentito jihadista, e sul favoreggiamento dell’immigrazione clandestina in ottica terroristica, non poteva non intervenire il Ministro degli Interni Salvini. «Altro che farne sbarcare altri o andarli a prendere con barconi e aerei, stiamo lavorando per rimandarne a casa un bel po’ Scafisti e terroristi: a casa!!», ribadendo la sua battaglia per i “porti chiusi” proprio per evitare traffici come quello svelato in Sicilia.
BLITZ ANTI-TERRORISMO IN SICILIA: “MORIRE IN NOME DI ALLAH”
Un maxi blitz in Sicilia, con anche altri arresti in Lombardia (a Brescia) con accuse molto gravi come immigrazione clandestina e soprattutto terrorismo: è quanto avvenuto questa mattina da parte dei Carabinieri dei Ros di Palermo, su ordine della Dda. Ben 15 arresti con appunto accuse che svariano dall’istigazione al terrorismo fino all’associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione non esattamente legale: secondo i pm di Palermo, che hanno disposto e confermati i fermi, «la banda rappresenta una minaccia alla sicurezza nazionale perché in grado di fornire un passaggio marittimo sicuro e celere particolarmente appetibile per persone ricercate dalle forze di sicurezza tunisine o sospettate di connessioni con formazioni terroristiche». Dalle prime ricostruzioni fornite dalle lunghe indagini della Dda, dai Ros e dalla Procura Anti-terrorismo, l’organizzazione criminale sgominata questa mattina si faceva pagare circa 2500 euro ciascuno per raggiungere Trapani (partendo dalla Tunisia a bordo di veloci gommoni), ove poi partecipare a progetti e preparativi terroristici da “esportare” nel resto d’Italia e d’Europa.
LEADER BANDA, “MORIRE IN NOME DI ALLAH”
Uno dei leader dell’organizzazione, considerato il “cassiere” del gruppo – sempre secondo la Dda – incitava all’Isis sui social, con intercettazioni inequivocabili «C‘è solo una morte per questo deve essere nel nome di Allah». Proprio questo tunisino è una delle quindici persone arrestate tra Palermo, Caltanissetta, Trapani e Brescia. Secondo quanto riportato da Tg Com24, l’uomo era già stato individuato come vicino allo Stato Islamico e a quel punto ha deciso di collaborare rivelando anche di voler evitare «un esercito di kamikaze in Italia». Ha “venduto” la sua stesa banda svelando l’esistenza di un vero e proprio traffico di essere umani, contrabbando di vari oggetti (tra cui i tabacchi) e responsabile di far espatriare soggetti ricercati in Tunisia per reati legati al terrorismo.