Nuova, ennesima, svolta nel processo che vede imputati diversi carabinieri per la morte di Stefano Cucchi, il giovane architetto romano arrestato il 15 ottobre 2009 e trovato senza vita in circostanze “misteriose” una settimana dopo nel reparto carcerario dell’ospedale Sandro Pertini di Roma. Ora spunta anche un generale dei carabinieri tra gli indagati del vasto processo Bis (nato grazie al pentimento e alla testimonianza di alcuni carabinieri che hanno assistito alle indegne manipolazioni delle prove fin dall’origine, ndr): si tratta secondo Repubblica di Alessandro Casarsa, fino a qualche settimana fa il comandante dei Corazzieri del Quirinale. Nel 2009 il generale era però colonnello e comandava il Gruppo Roma che di fatto sovrintende tutte le compagnie dell’Arma nella Capitale: stando alle notizie filtrate dall’Ansa e da Rep, il procuratore Giuseppe Pignatone e il pm Giovanni Musaró – che ricordiamo coordinando l’inchiesta bis sulla morte del giovane Cucchi e che già hanno mandato a processo 5 carabinieri – accusano l’illustre militare di falso per aver «manipolato alcune relazioni». Passo dopo passo, elemento dopo elemento, il processo che dovrebbe finalmente dare giustizia alla morte del giovane Stefano Cucchi sta cercando di scalare la vasta scala di gerarchia dell’Arma che non sarebbe intervenuta per difendere la verità dei fatti ma solo per la difesa dei propri uomini: questa è la tesi dell’accusa e le prove iniziano ad essere realmente parecchie.
LE ACCUSE CONTRO L’EX CAPO DEI CORAZZIERI
Di fatto pare che il generale Casarsa, secondo le accuse formulate dai pm romani, abbia modificato delle annotazioni di servizio in cui sarebbero successivamente spariti alcuni dettagli delle condizioni di salute di Cucchi la notte del suo arresto. Come ben riporta oggi Tg Com24, ai carabinieri Colicchio e Di Sano, dopo la morte di Cucchi, fu chiesto di raccontare quello che era accaduto la notte dell’arresto. «Secondo quanto riferisce Colombo Labriola, già inquisito per questo episodio, il maggiore, al telefono con un superiore che chiamava “signor colonnello”, inviò via posta elettronica le annotazioni al tenente colonnello Francesco Cavallo, all’epoca capo dell’ufficio comando del Gruppo Roma, che le rimandò indietro dopo averle modificate con la postilla “meglio così”», spiega il focus di Tg Com24. Nei giorni scorsi l’ex capo dei Corazzieri era stato interrogato e pare abbia negato qualsiasi tipo di coinvolgimento per quanto riguarda le presunte modifiche delle annotazioni: i pm però hanno comunque il sospetto che a coordinare l’operazione di “occultamento” sia stato proprio Casarsa e per questo è scattata l’indagine per falso.