Non accennano a diminuire i colpi di scena nell’ambito del processo bis sulla morte di Stefano Cucchi. L’ultima novità svelata oggi in aula dal pm Musarò e destinata a far discutere non poco ha a che fare con una relazione medica precedente all’autopsia e che finora era stata tenuta segreta ma di cui i Carabinieri ne erano a conoscenza. Un documento segreto, dunque, che conteneva i dati i quali evidenziavano come le ferite non consentissero di accertare le cause della morte. Nella relazione fornita dall’Arma veniva esclusa la possibilità di un collegamento fra le fratture rilevate e il decesso. L’atto segreto era stato realizzato ancor prima che la procura di Roma nominasse un pool di consulenti, come spiega TgLa7, entrarono in possesso solo alcuni carabinieri che lo usarono per uso interno omettendo il particolare fondamentale: l’impossibilità in quei giorni di verificare le reali cause della morte di Cucchi. Le anomalie sul caso, dunque, proseguono e c’è chi, tramite i social, nel commentare le ultime novità si domanda cosa altro ancora potrà emergere. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
RISULTATI DIVERSI DA AUTOPSIA
Una novità senza dubbio importante, quella emersa oggi in apertura della nuova udienza del processo bis sulla morte di Stefano Cucchi. Si tratta di una relazione medica datata 30 ottobre 2009 e finora tenuta segreta, realizzata ancor prima dell’autopsia sul corpo del ragazzo e di cui erano a conoscenza i Carabinieri di Roma. E’ quanto reso noto dal pm Musarò e che sottolinea come nella relazione dell’Arma veniva esclusa la possibilità di un legame tra le fratture rilevate e il decesso del giovane geometra romano avvenuto nel medesimo giorno. L’analisi in questione non era mai emersa prima ed i suoi risultati erano completamente differenti rispetto a quelli scritti nell’autopsia ufficiale e che vennero anticipati nelle carte di cui i Carabinieri erano in possesso. Negli accertamenti preliminari negati anche all’avvocato della famiglia Cucchi, si parlava di due fratture e non precedenti e di una insufficienza cardiocircolatoria acuta. Si ribadiva inoltre che non era possibile stabilire con certezza le cause della morte. Eppure, ha notato il pm, mentre il medico non poteva sapere il motivo del decesso del giovane, i Carabinieri ne erano già a conoscenza. Un fatto strano che si inserisce chiaramente nel filone dei depistaggio su cui si basa l’attuale processo in corso. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
LA RELAZIONE SEGRETA
Una nuova, ennesima, svolta inquietante spunta nel processo bis sulla morte di Stefano Cucchi: in aula oggi il pm Musarò ha riportato una relazione segreta datata 30 ottobre 2009, precedente all’autopsia chiesta dalla Procura di Roma dopo la morte sospetta del giovane architetto nel carcere di Rebibbia. Ebbene, nell’udienza che vede alla sbarra i 5 carabinieri imputati della morte e del depistaggio di Cucchi, il procuratore ha chiesto ufficialmente che vengano revocate dal processo bis le testimonianze dei vecchi periti: nel documento oggi presentato infatti si osserva come «la lesività delle ferite allo stato non consentiva di accertare con esattezza le cause della morte». Dunque, come facevano i carabinieri a sapere prima dell’autopsia di come era morto il giovane Stefano Cucchi? La domanda è stata posta, provocatoriamente, dal pm oggi in aula nel presentare la relazione segreta all’epoca firmata dal medico legale Dino Tancredi, l’unico già nominato il 30 ottobre 2009, e vi si sottolineava come «servissero ulteriori approfondimenti per definire con certezza le cause della morte di Cucchi».
LA RICOSTRUZIONE CHOC DEL PM MUSARÒ
«Se il medico nel 2009 non poteva sapere il motivo della morte di Cucchi, allora come è possibile che i carabinieri già lo sapessero?», ripete Musarò al processo, non prima di rilanciare nella requisitoria «Il dottor Tancredi in quella relazione preliminare spiegò che c’erano due fratture e non fratture precedenti alla morte. Inoltre non faceva riferimento ad alcuna responsabilità dei medici e si diceva che Stefano Cucchi era morto per una serie di cause ancora da accertare. Nel verbale dei Carabinieri invece si sosteneva che non c’era un nesso di causalità delle ferite con il decesso». Nelle varie relazioni dell’Arma all’epoca veniva esclusa la possibilità di un collegamento tra le fratture rilevate e il decesso di Stefano avvenuta nello stesso giorno. La relazione, conclude Musarò, «era talmente segreta da essere negata anche alle parti».