Il riarmo della Germania va avanti e le politiche di Merz sono finalizzate esclusivamente a questo risultato. Ma si moltiplicano i fattori interni di crisi

Dopo le elezioni anticipate del 23 febbraio scorso e le successive trattative, la CDU/CSU guidata da Friedrich Merz ha stipulato un accordo di coalizione con l’SPD che ha portato alla nascita di un nuovo governo di larghe intese. La firma dell’accordo e la successiva elezione di Merz a cancelliere hanno segnato il ritorno di una maggioranza che su temi economici e di sicurezza mette insieme l’impostazione neoliberista del cancelliere con gli elementi statalisti propri della tradizione socialdemocratica. Insomma, non certo una marcata unità di intenti!



Intanto, l’economia arretra e la Germania paga pesantemente le sanzioni alla Federazione Russa, soprattutto con i costi dell’energia, ormai insostenibili non solo per l’industria tedesca ma, anche e soprattutto, per i semplici cittadini.

Proprio al rilancio industriale interno serve allora l’adesione al piano di massiccia espansione della spesa militare richiesto dagli USA e avviato dal nuovo esecutivo: la Germania intende innalzare progressivamente la spesa portandola fino al 3,5% del PIL entro il 2029. Il tema non è più marginale e, infatti, è stato formalmente incluso nei piani di bilancio e nelle discussioni sul quadro costituzionale dei vincoli di debito.



Un innalzamento così rapido della spesa richiede risorse consistenti: nuovi fondi straordinari, deroga temporanea ai vincoli di bilancio o riallocazioni da spesa sociale e investimenti civili. Secondo Bruegel.org questo comporta, già ora, non solo un maggiore carico fiscale, ma anche la compressione degli investimenti pubblici in infrastrutture civili, politiche sociali, oltre che nella stessa transizione energetica. Messo da parte ogni altro argomento, il governo Merz si presenta sempre più come un “gabinetto di guerra”, con l’unica preoccupazione interna di frenare l’ascesa costante di AfD.



Anche se in Germania il controllo dell’opinione pubblica è solidamente nelle mani di gruppi atlantisti e filogovernativi propugnatori del riarmo e della rottura completa con la Russia, i sondaggi mostrano una popolazione tedesca preoccupata dal rischio di coinvolgimento diretto in un conflitto europeo.

A parte i dati raccolti nei rilevamenti e non sempre diffusi nella loro compiutezza, se ne ha una chiara impressione leggendo i commenti in calce ai post sui social di media ufficiali come Euronews: prova ne è la costante crescita di AfD, che sta facendo della ripresa dei rapporti russo-tedeschi uno dei propri cavalli di battaglia.

Non è però solo l’economia a essere visibilmente in crisi, con ricadute sulla vita quotidiana che si ritrovano in tutti i Paesi dell’Europa occidentale. L’attuale coalizione sta facendo del riarmo il perno intorno a cui gira tutta la sua politica e sappiamo dalla storia quanto il riarmo sia sempre stato la premessa delle guerre combattute prima per procura e poi direttamente.

La scelta di un pesante e rapido riarmo è anzitutto politica, ma comporta un impatto diretto di lungo periodo sul modello di welfare europeo, sulla priorità degli investimenti, sulla natura della sicurezza collettiva e, non da ultimo, sulle relazioni intereuropee. Le dichiarazioni di Merz e Pistorius sulla necessità di superare l’unanimità nelle decisioni europee in politica estera sanno molto di un vecchio e pericoloso imperialismo tedesco verso quelli che la Germania vorrebbe considerare propri satelliti: leggasi Ungheria, Cechia, Slovacchia…

Pistorius, poi, ci aggiunge le sue considerazioni a tratti deliranti sulla reintroduzione del servizio militare obbligatorio e sulla necessità di preparare la popolazione alla guerra.

C’è però una premessa sostanziale alla riuscita del progetto di riarmo ed è la questione della stabilità interna. In passato la Germania ha portato avanti progetti simili in un contesto semiautoritario (la Germania guglielmina, o Secondo Reich) o autoritario (la Germania nazionalsocialista o Terzo Reich). Oggi la società tedesca è frammentata, in crisi identitaria, insicura, incerta di se stessa e del proprio domani. I media tedeschi, con alcune piccole e marginali eccezioni, sono allineati alle volontà atlantiste, ma non possono di sicuro produrre uno spirito identitario tedesco che ormai non esiste più.

Soldati tedeschi durante una esercitazione (Ansa)

La verità è che la Germania non sa più chi è. Da un lato questo dato di fatto potrebbe anche sembrare rassicurante rispetto all’improbabile rinascita e alla presa del potere da parte di un neonazionalismo germanico, dall’altro lascia intendere le proporzioni della crisi in cui versa la società tedesca, con il costante venir meno dei suoi pilastri storici, tra cui la buona amministrazione ordinaria.

Anche in situazioni molto difficili, il cittadino tedesco si è sempre un po’ consolato con il fatto che la macchina amministrativa funzionava comunque abbastanza bene e che un minimo di ordine era in ogni caso garantito. Ora, invece, nemmeno la proverbiale efficienza tedesca è esente dalla crisi sistemica della società tedesca, a cominciare proprio dal settore della pubblica amministrazione.

A riprova di ciò – fatto inaudito –, l’IFO Institut, uno dei principali centri di ricerca economica in Germania, ha apertamente dichiarato che il settore pubblico è “inefficiente” e che i costi amministrativi gravano pesantemente sui contribuenti, senza un vero corrispettivo.

In particolare, un rapporto dell’IFO calcola che la burocrazia costi fino a 146 miliardi di euro all’anno in termini di produzione economica persa. Il “Bureaucracy Index”, utilizzato da IFO, misura l’onere amministrativo in settori rilevanti per le imprese, e le sue analisi mostrano che una parte importante del costo non è solo burocratico, ma anche legato a inefficienza nelle procedure. Questa rigidità procedurale rallenta la pubblica amministrazione, perché molta parte del lavoro è ormai orientata a garantire un sottofondo legale “sicuro” piuttosto che a operare in modo snello o innovativo.

Sul piano istituzionale, il governo Merz ha varato il ministero per il Digitale e la Modernizzazione dello Stato (Bundesministerium für Digitales und Staatsmodernisierung), proprio per affrontare il tema scottante della riforma della pubblica amministrazione, ma il lavoro si preannuncia lungo e irto di ostacoli.

L’opinione pubblica tedesca, secondo sondaggi, analisi e discussioni “dal basso” (si vedano i dibattiti sui social), mostra una crescente frustrazione su questi temi. Il fatto che la burocrazia costi così tanto è ben presente nel dibattito pubblico: molti vedono nella lentezza, nella duplicazione delle procedure e nella carenza di servizi digitali un peso non solo per le imprese, ma anche per cittadini (per pratiche quotidiane come permessi, registrazioni, ecc.).

Questi problemi della pubblica amministrazione sono rilevanti anche in un contesto di riarmo e spesa militare elevata. Se lo Stato investe massicciamente nella difesa, ma la pubblica amministrazione civile rimane inefficiente, si rischia non solo un malfunzionamento della macchina statale, ma anche una grave disuguaglianza nelle priorità, che si aggiunge alle crescenti disuguaglianze di classe: risorse scarse possono essere sottratte a servizi essenziali, come la sanità, il sistema scolastico e le pratiche amministrative che si rivolgono ai cittadini comuni.

Una macchina amministrativa lenta e ossessiva indebolisce la capacità dello Stato di rispondere alle situazioni di crisi (sociali, economiche, climatiche). Se il focus è solo sul riarmo, ma non sulla modernizzazione delle istituzioni, la “sicurezza” diventa un concetto di politica estera, senza vere ricadute all’interno, in una società dove le aree di insicurezza interne o sottratte al controllo statale si stanno moltiplicando.

Se qualche anno fa i media tedeschi ironizzavano sulle zone off limits di alcune città italiane, come Napoli o Palermo, ora il problema se lo ritrovano in casa, come il quartiere di Neukölln a Berlino o l’area della Stazione Centrale a Francoforte. Pian piano anche l’ironia sulla burocrazia italiana – più che giustificata – si sta riversando sui problemi della propria, al punto che nel 2024 a Berlino è stata allestita una mostra satirica sulla burocrazia tedesca, il Bureaucracy Museum. Se non altro alcuni tedeschi cominciano a ridere di se stessi.

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