La Siria è al centro di interessi delle forze regionali e internazionali, che però non pensano alle condizioni della gente, che non ha pane né lavoro.

L’Unione Europea organizza oggi una conferenza sul futuro della Siria, ma la realtà è che oggi il Paese è alla fame e la gente non vede migliorare le sue condizioni di vita. In Siria, dice Firas Lutfi, guardiano francescano della fraternità e parroco della comunità latina di Damasco, regna una grande confusione e nessuno riesce a indicare obiettivi chiari, mentre le persone, per mangiare, devono rivolgersi alle organizzazioni caritative, vivendo nella paura che il Paese venga diviso in etnie, frantumato, senza pensare ai siriani e a quanto hanno sofferto (e continuano a soffrire) in questi anni.



A Bruxelles si tiene la conferenza internazionale a sostegno della Siria e ci dovrebbero essere anche i rappresentanti delle nuove autorità: cosa ci si può aspettare da questo incontro e dai rapporti UE-Siria?

Non so se al-Sharaa sia stato invitato, non so nemmeno se ci sarà il ministro degli Esteri. Il problema è che non so con esattezza cosa stia succedendo, né dall’una né dall’altra parte: non si capisce come stia agendo la politica, cosa stia facendo l’UE, cosa voglia l’Europa dalla Siria, o l’America, o Israele. Dall’8 dicembre fino a oggi non si sa cosa stia accadendo esattamente. Nei corridoi della politica regna la confusione, prevale l’interesse delle proprie nazioni, non del popolo siriano. Credo che nemmeno i politici sappiano veramente cosa stia accadendo. Noi di certo non lo sappiamo, ci manca la materia prima della conoscenza.



Né al-Sharaa né gli altri Paesi hanno le idee chiare su cosa fare?

Nessuno. D’altra parte, sono altri che hanno portato al-Sharaa al potere: non ha battuto da solo il regime di Assad. Nei primi mesi tutti quanti sono venuti a fargli gli auguri e hanno avanzato delle richieste. Adesso cosa vogliono, dargli un’altra chance? L’unico dato di fatto è che i siriani stanno male, perché manca il pane, tanti sono stati licenziati e non hanno più lavoro, c’è stato il massacro che abbiamo visto nell’ovest del Paese.

È difficile anche capire cosa è successo veramente nella zona di Latakia?  



All’inizio sono state uccise le forze dell’ordine, e poi sono state uccise altre centinaia di persone. La realtà è che nemmeno lì si ha la minima idea di quello che sta succedendo. È difficile pronunciarsi, davvero, anche per essere onesti di fronte alle informazioni che si danno. Non è un problema solo mio, ma di tutti i siriani, di quelli che vivono all’estero e di quelli che sono nel Paese. C’è una grande confusione, ci sono troppi interessi sulla Siria da parte delle forze regionali, ma anche di quelle internazionali. Ma alla fine il bene comune, l’interesse della gente, dove sta? Chi è che lo garantisce?

Come vivono le persone nella Siria di oggi? La situazione, dal punto di vista economico, se possibile, è addirittura peggiorata?  

Dopo 14 anni di guerra, dopo sanzioni infinite, dopo tutto quello che è successo negli ultimi mesi e centinaia di migliaia di persone licenziate dal lavoro, è chiaro che la gente adesso è in cerca del pane, è in una situazione di estrema povertà. E non è una situazione nuova. Aumentare le sanzioni in questo contesto non servirebbe, non si farebbe altro che creare problemi maggiori.

Ma la gente adesso come fa a sfamarsi?  

Grazie alla Chiesa, grazie alle istituzioni, a qualche Ong, alle organizzazioni caritative. È l’unico mezzo per riuscire a trovare sostentamento.

Come mai ci sono stati tutti questi licenziamenti? Si tratta di dipendenti pubblici?  

Parlo di persone che sono state licenziate perché vengono considerate alleate del regime di Assad. Ne sono state licenziate quasi un milione, ma sono tutti veramente in qualche modo conniventi con Assad, o è un pallino nella testa di chi governa?

Ma i rapporti diretti con questo nuovo potere come sono? All’inizio al-Sharaa e i suoi sembravano essersi proposti bene: continuano su quella strada?  

Continuano a proporsi bene, il problema è che vogliamo vedere fatti concreti, vogliamo che la società cambi, che l’economia cammini. Tutti sperano in opportunità di sviluppo. Ma per il momento non succede, nemmeno per sogno. Tutto si gioca lì, ma se la Siria non offre sicurezza è difficile che si vada in questa direzione: nessuno verrà mai con i suoi soldi a investire in un Paese destabilizzato o che non sia unito. I massacri di questi giorni non aiutano certo in questo senso.

Di cosa ha paura la gente?  

Teme che la Siria verrà spezzata, frantumata, che non sia più per i siriani, che l’Occidente o i Paesi forti continuino ad agire per i loro interessi e non per quelli del popolo siriano. C’è paura di una Siria divisa in etnie: curdi da una parte, drusi dall’altra, con una guerra, anche religiosa, tra fratelli.

(Paolo Rossetti)

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