Il recente incontro tra Rubio e Wang Yi in Malesia ha preparato le basi per un incontro tra Trump e Xi. È emersa con nettezza la strategia della Cina
Il recente incontro diplomatico di Kuala Lumpur tra i ministri degli Esteri dell’ASEAN (Association of Southeast Asian Nations), il ministro cinese Wang Yi e il segretario di Stato statunitense Marco Rubio ha reso ancora più evidente che il Sudest asiatico è il perno globale delle nuove dinamiche geo-economiche e geopolitiche.
Nel corso degli incontri tenuti durante il vertice, i Paesi ASEAN hanno esplicitamente ribadito la centralità della Cina come partner economico strategico, avviando l’accordo commerciale ASEAN-China Free Trade Area (ACFTA) 3.0, presentato a maggio dopo nove cicli di negoziati durati due anni e mezzo.
Questi nuovi accordi introducono nove nuovi capitoli, che coprono l’economia digitale, la sostenibilità ambientale e la connettività delle catene di approvvigionamento. Il ministero del Commercio cinese ha descritto tale accordo come un passo fondamentale verso la creazione di un “megamercato” fra Cina e ASEAN.
Nel Sudest asiatico il commercio su scala regionale ha radici storiche secolari, ma ha raggiunto volumi mai registrati in precedenza. Infatti, dal 2020, Cina e ASEAN sono diventati i rispettivi principali partner commerciali, con un volume complessivo degli scambi che ha toccato i 770,9 miliardi di dollari nel 2024, segnando un aumento del 10,6% rispetto all’anno precedente.
Tuttavia, dietro questa solida partnership economica si nascondono dei pericoli per i Paesi dell’ASEAN. Una dipendenza troppo marcata dalla Cina potrebbe compromettere la capacità competitiva delle economie regionali, esponendole a pressioni e vulnerabilità strategiche difficilmente gestibili nel lungo periodo.
Gli USA potrebbero utilizzare queste criticità a proprio vantaggio, ma al momento l’amministrazione Trump ha preferito adottare una postura ambigua, da una parte dichiarando la regione come priorità strategica irrinunciabile, dall’altra imponendo tariffe commerciali che mettono sotto pressione le economie regionali.
Questa apparente contraddizione potrebbe spingere l’ASEAN a rafforzare ulteriormente il proprio legame economico con la Cina, intensificando di fatto una polarizzazione che rischia di modificare sensibilmente l’assetto geopolitico asiatico e globale.
Durante il recente faccia a faccia tra Rubio e Wang Yi, entrambi hanno rimarcato la necessità di mantenere aperti i canali diplomatici per prevenire crisi impreviste e promuovere una convivenza pragmatica e pacifica. Wang Yi ha esortato Washington a guardare alla Cina con una visione “oggettiva, razionale e pragmatica”, auspicando una politica di coesistenza pacifica e collaborazione reciprocamente vantaggiosa.
Rubio, a sua volta, ha definito l’incontro “costruttivo e positivo”, ribadendo l’importanza strategica di mantenere aperte le linee di comunicazione e sottolineando la probabilità di un prossimo summit tra il presidente Trump e il presidente Xi Jinping entro quest’anno.
Ma la partita si gioca su più tavoli, come dimostra il fatto che il tema della guerra in Ucraina sia stato trattato nel dialogo bilaterale, durante il quale Rubio ha ufficialmente invitato Pechino a interrompere immediatamente ogni tipo di sostegno indiretto alla Russia. Una richiesta fondata, basti pensare al fatto che fino a poco tempo fa Pechino aveva mantenuto un atteggiamento ambiguo sul suo sostegno, mentre ora non nasconde più il valore strategico della relazione sino-russa.
Wang Yi infatti ha pubblicamente ammesso, incontrando Kaja Kallas a Bruxelles, che per Pechino è fondamentale evitare una sconfitta russa in Ucraina. Il motivo è che una sconfitta russa comporterebbe il riposizionamento delle risorse strategiche americane verso il Pacifico, aumentando significativamente la pressione geopolitica sulla Cina e rendendo Taiwan il centro esclusivo delle politiche di contenimento americane.
In questo scenario, un possibile disimpegno militare statunitense dall’Europa rischierebbe di creare un pericoloso vuoto strategico, potenzialmente colmabile da Mosca e Pechino con conseguenze destabilizzanti per l’intero continente.
Questa eventualità fornirebbe alla Cina un’occasione unica per rafforzare ulteriormente la propria influenza, sfruttando la debolezza europea per creare legami di dipendenza tecnologica ed economica. Benché sia un teatro secondario rispetto al Sudest asiatico, l’Europa si trova oggi di fronte a una sfida esistenziale che consiste nelle difendere la propria autonomia economica dalle pressioni cinesi e, al contempo, la propria sicurezza dalle minacce russe.
La posta in gioco richiede una risposta coerente e coordinata, ma è facile prevedere che il futuro vertice tra Trump e Xi – che si dovrebbe tenere a breve – vedrà, ancora una volta, l’Europa relegata al ruolo di spettatore, il campo sul quale le due grandi potenze giocano la loro partita per l’egemonia.
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