Si concluderà mercoledì con il nono e ultimo episodio la controversa miniserie tv di fantascienza di Apple TV+ Dark Matter, tratta dall’omonimo bestseller scritto da Blake Crounch, che ha curato anche la produzione. Solo allora sapremo se il labirinto di mondi paralleli in cui è finito il professore Jason Dessen ha una via d’uscita. Chi ha avuto la costanza di guardare la serie, nonostante i dubbi e le incongruenze rilevate da numerosi critici, sa già che non avrà tutte le risposte di cui avrebbe bisogno. Ma forse è proprio questo il segreto del successo del libro e, in una misura leggermente inferiore, della trasposizione televisiva.
Dark Matter come rivela lo stesso titolo (la traduzione esatta è “materia oscura”) è un racconto sull’esistenza di mondi paralleli. È poggiata su una complessa teoria scientifica conosciuta come equazione del “gatto di Schrödiger”. È qui mi fermo. Provo invece a semplificare al massimo il concetto sperando di aver capito qualcosa: immaginate una tradizionale “macchina del tempo” del tipo ampiamente usata nella storia del cinema. Essa vi aiuta a spostarvi in epoche diverse lungo una sola linea, quella temporale. Potete andare avanti o dietro, finire nel passato più remoto o spostarvi di qualche anno e scoprire i vostri genitori che si fidanzano. O spingervi in un mondo futuro dove non esiste più, ad esempio, il problema dell’approvvigionamento energetico. Tornare al punto di partenza, per quanto può essere avventuroso, è tutto sommato semplice, perché occorre dare alla macchina le coordinate del vostro tempo. Al contrario la macchina per muoversi tra mondi paralleli (in Dark Matter è in realtà una “scatola”, come quella in cui è rinchiuso il gatto della famosa equazione) funziona con la nostra mente. Anzi con la mente di tutti coloro che si trovano nella scatola. Questo complica molto le cose perché non solo non è possibile prevedere in quale “mondo” la scatola vi porterà, ma soprattutto sarà assai complicato riuscire a ritrovare la strada di casa, il “mondo” da cui si è partiti.
Il professore di fisica quantistica Jason Dessen – interpretato dall’attore australiano Joel Edgerton che abbiamo di recente incontrato in Obi-Wan Kenobi – ha una vita tranquilla, che divide tra l’insegnamento all’Università di Chicago e una famiglia felice. La moglie Daniela – la bravissima Jennifer Connelly – e il figlio Charlie rappresentano le cose più importanti della sua vita, il motivo principale di qualche rinuncia professionale che ha cambiato il corso della sua carriera accademica. Ma la sua vita ha una svolta improvvisa una sera dopo una festa dedicata a un suo collega e caro amico, appena insignito con un premio importante. Quando esce dal pub viene aggredito da un uomo mascherato, stordito e sedato. Si risveglia in un laboratorio segreto in cui tutti dicono di conoscerlo, ma di cui lui non sa assolutamente nulla.
Jason molto lentamente e solo con l’aiuto di Amanda – nel ruolo l’attrice brasiliana Alice Braga – capisce di essere finito in una realtà parallela, dove egli è sempre il professore Jason Dessen, ma con alle spalle una vita radicalmente diversa. È lui ad aver vinto il famoso premio e soprattutto è lui lo scienziato che ha costruito la “scatola” in grado di viaggiare nei mondi paralleli. Jason si rende così conto di essere finito in un’altra vita, dove la sua donna è Amanda e della sua famiglia non c’è più traccia. In realtà Daniela esiste, e quando la rintraccia e riesce a incontrarla, scopre di averla abbandonata 16 anni prima per dedicarsi alle sue ricerche. Le cose si complicano quando compare un altro Jason Dessen, molto interessato a prendersi la famiglia che il Jason originale ha lasciato senza dare spiegazioni.
La forza di Dark Matter non è tanto nel complesso racconto scientifico che fa – col passare degli episodi – da sfondo, ma negli aspetti umani e sentimentali che devono affrontare i nostri protagonisti, messi di fronte alla possibilità di rivedere le loro scelte, quelle che hanno condizionato la loro vita, nella loro dimensione unitaria. Essi devono imparare a sfuggire dai pericoli di mondi assai diversi da quelli che conoscono e nello stesso tempo sono messi di fronte ad allettanti occasioni per cambiare vita, quando capitano in mondi dove le cose sono andate esattamente come era da loro desiderato.
Il complesso intrigo di trame e la ricostruzione non lineare – non si sa mai veramente chi è il Jason che è davanti a noi – rende lo sforzo per seguire il racconto faticoso, ed è reso ancora più complicato per la cadenza settimanale degli episodi che ha sottoposto lo spettatore a veri e propri sforzi di memoria. Eppure la serie rivela una sua originalità e anche una forza espressiva notevole, resa convincente soprattutto da una bella ed efficace interpretazione di Jennifer Connelly delle varie Daniela che incontriamo nei numerosi mondi visitati da Jason. Mai uguale a se stessa. ma con una sola personalità. È lei il personaggio che da sola spiega tutto, e quindi il mio suggerimento è di scegliere Daniela come la vera protagonista della storia.
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