L'ultimatum di Trump alla Cina: accordo o a mezzanotte scattano dazi del 104%. La reazione stizzita di Pechino: i possibili scenari e le 6 rappresaglie
LA “MANO TESA” DI TRUMP ALLA CINA: IL 104% DI DAZI PER PORTARLI ALL’ACCORDO
Se la Cina non procederà con una telefonata o un annuncio di sospensione (anche parziale) dei dazi annunciati negli scorsi giorni come rappresaglia alle nuove tariffe americane, gli USA di Donald Trump procederanno con un complessivo aumento al 104% degli attuali dazi già diretti contro i prodotti cinesi. In chiusura di Borse arriva l’annuncio della Casa Bianca, che segue la “mano tesa” lanciata in giornata dal Presidente degli Stati Uniti: se infatti oggi pomeriggio Trump aveva sottolineato su Truth che Pechino avrebbe trovato un accordo sui dazi, «lo vogliono fare ma non sanno come iniziare, attendiamo la loro chiamata».
Nel corso della giornata è la stessa Casa Bianca che lancia l’ultimatum: o ci saranno novità dal regime di Xi Jingping, oppure scatterà la contro-rappresaglia americana: oltre ai dazi al 20% lanciati ad inizio marzo (motivati per il traffico di fentanyl verso gli States), e oltre al 34% scattato dall’annuncio globale del 2 aprile scorso, Trump si dice pronto ad aumentare di altri 50% lo scontro tariffario commerciale con l’altra superpotenza mondiale. «Scatteranno dalla mezzanotte se non ci saranno chiamate dalla Cina», sottolinea la portavoce della Casa Bianca in un comunicato ufficiale.
Con le Borse che segnano timidi rimbalzi un po’ dovunque, anche in forza dello spiraglio di un minimo “ripensamento” prossimo degli USA sulla politica aggressiva dei dazi globali, lo scontro con la Cina potrebbe comportare domani due scenari opposti: un ulteriore tonfo dei mercati e degli scambi commerciali, così come un ulteriore rimbalzo dovuto ad una trattativa riattivata sull’asse Washington-Pechino. I negoziati indiretti tenuti con Giappone e Corea del Sud fanno intuire come la volontà di Trump è quella di incassare una potenziale “vittoria” arrivando a diminuire la forza delle tariffe globali.
Sulla Cina il discorso è però molto più complesso in quanto rappresenta (da sempre) il vero nemico e competitor mondiale degli Stati Uniti. La risposta con il 34% di contro-dazi lanciata la sera del 4 aprile ha indispettito l’amministrazione americana che ora contro reagisce con facendo impennare la guerra commerciale contro Pechino, sperando in un dietrofront cinese.
PECHINO PER ORA NON CI STA E RILANCIA: COSA PUÒ SUCCEDERE NELLE PROSSIME SETTIMANE
Le posizioni non sembrano al momento particolarmente amichevoli, con la comprensibile risposta della Cina che già con il Ministero degli Esteri nei giorni scorsi aveva sottolineato il pericolo dovuto all’imposizione di «tariffe indiscriminate» che rischiano di portare il sud del mondo verso uno stop brusco allo sviluppo. Ovviamente il ragionamento di Pechino è tutt’altro che rivolto agli scenari di altri più deboli attori internazionali, ma punta a non ricevere una “batosta” commerciale dagli Stati Uniti, al contempo senza però strappare il “tavolo” delle trattative per non avere lei stessa ripercussioni su mercati ed export.
«Basta ricatti dall’America», ha spiegato oggi il Premier della Cina, Li Qiang, dopo un dialogo privato con la Presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen, sul quale – tra gli altri dossier – si sarebbe ragionato anche sui vari scenari di deviazioni e diversificazioni commerciali post-dazi USA. Come grande Paese, rivendica ancora il diretto collaboratore del Presidente Xi Jinping, «abbiamo gli strumenti per tutelarci da influenze avverse esterne», una politica di riserva che potrebbe essere messa in funzione già dalle prossime settimane.
Lo spazio per la trattativa permane, come più volte ha dimostrato la Cina che preferisce un approccio più “morbido” per avere poi più spazio di manovra sui propri interessi, specie se commerciali: l’abuso dei dazi americani, contro Cina ed Europa in particolare modo, è un atto di «bullismo economico», un tentativo protezionistico di forte «prepotenza», conclude il Premier Qiang in attesa che una possibile telefonata tra Pechino e Washington possa scattare magari già nelle prossime ore.
Se così non fosse, uno scenario raccontato oggi da fonti qualificate cinesi su Weibo vedrebbe 6 possibili ipotesi di rappresaglia contro gli USA: dal fermare la collaborazione sul fentanyl, alla restrizioni sull’export di soia, passando alla limitazione per la carne di pollo importata; da ultimo, servizi, film di Hollywood banditi e indagini sui brevetti americani.