Si riaprono le trattative sui dazi tra Usa e Ue. Per il Presidente Trump è cruciale difendere le Big Tech dal rischio di imposte più alte
Dopo una telefonata di Ursula von der Leyen, Donald Trump ha deciso di accettare la richiesta di rinviare l’introduzione dei dazi sulle merci europee al 50%, annunciata a sorpresa venerdì scorso, dal 1° giugno al 9 luglio, in modo da portare avanti i colloqui tra le parti. «Temo che la diplomazia delle telefonate – è il commento di Mario Deaglio, professore emerito di Economia internazionale all’Università di Torino – sia la parte per così dire superficiale, dietro alla quale ci sono gli scambi tecnici tra le due parti che hanno delle difficoltà anche a comprendere quali potrebbero essere le conseguenze reali delle tariffe sui rispettivi sistemi economici, non essendo più utilizzate le tavole delle interdipendenze settoriali».
Facciamo un passo indietro a venerdì scorso. Come mai Trump ha manifestato la volontà di introdurre a stretto giro dazi sulle merci Ue raddoppiati rispetto a quelli annunciato lo scorso 2 aprile?
Se guardiamo anche alle altre “vertenze” con i partner con cui gli Usa hanno più scambi, sembra che il modus operandi che Trump predilige sia quello di annunciare un provvedimento pesante per la controparte, cui far seguire dopo non molto tempo una sorta di retromarcia, spesso favorita anche dalle reazioni che si creano all’interno degli Stati Uniti. Ci sono infatti operatori economici o settori produttivi che verrebbero danneggiati dal provvedimento e riescono a farsi sentire dalla Casa Bianca. Da quel momento inizia una trattativa tra Washington e la controparte straniera.
Una trattativa tra Usa e Ue era, però, già in corso…
Penso che Trump non fosse soddisfatto di come stava procedendo, soprattutto perché nell’apparato diplomatico statunitense vi è contezza delle contromisure che l’Ue potrebbe mettere in campo e anche per questo il Presidente può aver deciso di attuare questa mossa a sorpresa venerdì scorso, così da far capire a Bruxelles che deve essere pronta a portare sul tavolo delle trattative qualcosa di più.
Cosa preoccupa di più la Casa Bianca?
L’Ue potrebbe colpire non già le esportazioni americane, ma i servizi che le Big tech Usa offrono in Europa, magari con maggiori imposte rispetto a quelle che oggi pagano grazie al fatto di avere una sede in uno Stato che offre una tassazione minore rispetto a quella che viene applicata in altri Paesi in cui quei servizi vengono acquistati.
In questo momento, quindi, Trump sta cercando di proteggere gli interessi delle Big Tech americane.
Sì, anche perché si tratta del vero motore dell’economia americana. In un’economia moderna il peso dell’industria sul Pil è intorno al 20-30% e negli Stati Uniti il grosso dei servizi è costituito da servizi elettronici e digitali che sono utilizzati in molti altri Paesi, soprattutto occidentali. Di fatto gli Usa esportano più beni immateriali che materiali.<
Anche nelle trattative tra Usa e Cina ci sono di mezzo gli interessi delle Big Tech americane?
Indirettamente, in quanto i cinesi stanno acquistando componenti importanti da aziende americane per sviluppare servizi digitali evoluti e al contempo stanno anche creando una propria industria nell’elettronica di base. Quindi, in questo momento hanno bisogno degli Stati Uniti, ma nel giro di poco tempo probabilmente potrebbero riuscire a farne a meno per portare avanti i loro progressi tecnologici.
La tecnologia cinese a quel punto diventerebbe interessante anche per l’Ue?
Assolutamente sì, soprattutto se i cinesi replicassero quello che stanno cominciando a fare con l’auto: non solo spedire parti di un prodotto da assemblare in un Paese Ue, ma iniziare a produrre parti di questo prodotto direttamente nel luogo in cui lo si intende esportare. Questo, ovviamente, non sarebbe gradito agli americani.
Se dovesse scommettere, come pensa che finirà la trattativa tra Usa e Ue?
È davvero difficile dire quali sarà l’esito finale. La mia sensazione è che arriverà dopo l’estate. Un rinvio fino a dopo il periodo delle ferie rientrerebbe dopotutto nei tempi normali della politica, che negli ultimi anni non si sono accorciati, ma anzi in buona misura si sono dilatati.
Nel frattempo cosa dovrebbero fare a Bruxelles?
La Commissione dovrebbe essere forse più aperta al confronto con il Parlamento europeo, ma probabilmente l’atteggiamento “accentratore” sulle decisioni più importanti deriva anche dalla debolezza della maggioranza che la sostiene. Poi per l’Ue e la sua economia sarà importante anche capire come procederà la guerra in Ucraina.
Cosa dovrebbe fare, invece, la Bce, il cui Consiglio direttivo si riunirà la prossima settimana ?
Penso che la Bce la prossima settimana taglierà i tassi, almeno dello 0,25%, ma non si può escludere che la riduzione possa arrivare allo 0,5%. Ci sono, infatti, pressioni in tal senso vista la necessità di spingere un’economia che è praticamente stagnante. Adesso che la Germania ha rimosso il tabù dell’indebitamento non si vede perché il resto d’Europa non debba avere la possibilità di maggiori margini per aumentare gli investimenti.
(Lorenzo Torrisi)
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