A Porta a Porta si parla del delitto di Garlasco e di Alberto Stasi e in collegamento vi era Riccardo Ravera, ex carabiniere in congedo
Riccardo Ravera, uno degli ex carabinieri che partecipò all’arresto del super boss di Cosa Nostra, Totò Riina, è stato ospite ieri sera di Porta a Porta per parlare del delitto di Garlasco, alla luce di questa nuova indagine “esplosa” un paio di mesi fa, e che vede come indagato Andrea Sempio, amico di Marco Poggi, fratello della vittima. “E’ una indagine fatta sotto il piano esclusivamente tecnico – spiega l’ex militare dell’Arma, 63enne, oggi in congedo – ma si sono tralasciate molte l’attività tradizionali”.
Quindi sottolinea un dettaglio: “Ancora oggi le persone attenzione sembra che non si sa dove fossero al momento preciso della morte di Chiara, prova ne è il fatto che sembrerebbe che oggi Andrea Sempio abbia fornito un alibi sbagliato ma non possiamo scoprire queste cose 18 anni dopo, queste cose andavano scoperte nell’immediatezza”. E ancora: “Io sono fautore dell’indagine tradizionale e l’indagine tecnica deve essere solo a supporto di quella tradizionale ma in questo caso è successo il contrario ed è stata condannata una persona che forse non è il colpevole”.
DELITTO DI GARLASCO, RAVERA: “OGGI INDAGHIAMO SEMPIO MA…”
Il problema secondo Ravera è che “Oggi ci troviamo ad indagare un’altra persona sempre sotto il profilo tecnico (riferendosi ad Andrea Sempio ndr), oggi rischiamo di fare male ad un’altra persona, dopo Poggi e Stasi”. Sui capelli del lavandino mai analizzati: “Questi 4 capelli vanno visti in un complesso molto più ampio, con una ndagine tradizionale avremmo risolto anche il problema dei capelli e dell’impronta”.
Ravera conclude sul giallo di Garlasco: “Qui stiamo parlando di una persona che è stata condannata e processata sulla base di un processo indiziario. La sentenza di primo grado era esaustiva, non si poteva condannare Stasi al di là di ogni ragionevole dubbio, questo processo andava chiuso nel 2011, dovevano continuare le indagini con la ricerca di un altro colpevole, non bisognava più accanirsi a mio avviso sul povero Stasi“.
