Delitto di Garlasco, l'ex capo dei Ris Giampietro Lago 'smonta' la difesa di Alberto Stasi: "Nell'impronta di Andrea Sempio non c'è sangue"
DELITTO DI GARLASCO, L’ANALISI DI GIAMPIETRO LAGO
L’ex comandante dei RIS, Giampietro Lago, “smonta” la difesa di Alberto Stasi, condannato per il delitto di Garlasco: nell’impronta 33, attribuita dalla Procura di Pavia al nuovo indagato Andrea Sempio, non c’è sangue. “Tutto questo parlare di sangue o non sangue è privo di fondamento. Quell’impronta è un’impronta ordinaria di un palmo, perché è un’impronta palmare, che si appoggia al muro“, ha dichiarato ai microfoni di Sky TG24, nello speciale dedicato all’omicidio di Chiara Poggi.
“Seguendo un banale ragionamento, comprendiamo tutti che, se quell’impronta fosse stata di sangue, sarebbe stata, come posso dire, non attenzionata, di più: sarebbe stata un po’ l’uovo di Colombo di quell’indagine, la prova regina. Ma così non è stato“.
A tal riguardo, è intervenuto durante il documentario anche il criminalista Luca Chianelli, dell’Università Tor Vergata, il quale ha ricordato “che l’Hexagon ha dato esito negativo, quindi certificando l’assenza di sangue su quella traccia dattiloscopica“. Pur riconoscendo l’evoluzione delle tecnologie, non prevede una svolta: “Io non mi aspetto grosse rivoluzioni“.
LE PROVE CONTRO ALBERTO STASI
Per Giampietro Lago, comunque, non è sorprendente l’apertura di una nuova indagine sul delitto di Garlasco. “A mio avviso è anche doveroso che si faccia così. Quella terribile evenienza dell’errore giudiziario, per quanto possibile, in tutti i modi possibili, deve essere fugata“.
Per quanto riguarda la colpevolezza di Alberto Stasi, l’ex capo dei RIS ha segnalato “il nocciolo da cui parte ogni ragionamento, sia di tipo tecnico-scientifico che di tipo investigativo“, cioè la scena del crimine. “In questo caso, sin da subito, sono emerse delle incongruità tra quanto è stato raccontato e quanto si poteva desumere dall’osservazione delle evidenze“.
Sempre a proposito di Stasi, per l’ex capo dei RIS è fondamentale l’impronta individuata sul dispenser. “Un’evidenza tecnica sicuramente di notevole rilievo è quella che consente di rilevare un’impronta attribuibile allo Stasi, non di sangue, proprio su questo oggetto, il che significa che questo oggetto è stato toccato per l’ultima azione dopo il lavaggio“, ha spiegato a Sky TG24.
In merito alla sostanza biologica acquisita sotto le unghie di Chiara Poggi, Lago osserva che “quel dato non aveva i requisiti tecnici per poter essere utilizzato per fini comparativi” all’epoca. “Ovviamente, in tema forense, ‘fine comparativo’ significa che se io trovo un soggetto, lo comparo ed è escluso, offro un alibi fenomenale; o, viceversa, se è incluso, pongo in essere un elemento fortemente accusatorio“.
GLI ERRORI NELLE INDAGINI E I REPERTI
Di sicuro, hanno avuto il loro peso alcuni errori commessi nella prima fase delle indagini. “È innegabile” che vi siano stati, per Lago. “Ma non perché io mi permetta di giudicare l’operato dei colleghi, perché parlano i fatti, e di queste circostanze si parla nelle sentenze: sono dati di fatto. Anche in questa vicenda non si può fare di tutta l’erba un fascio: sono stati commessi degli errori; peraltro, le persone che si presume li abbiano commessi sono state chiamate alle loro responsabilità: ci sono verbali, nomi e cognomi, eccetera“.
Ma l’ex comandante dei RIS si è soffermato anche sulla questione dei reperti: “Alcune tracce sono state analizzate perché, al tempo, i tecnici di volta in volta — i periti, i RIS —, a seconda delle circostanze, sono stati autorizzati ad effettuare accertamenti di tipo irripetibile. Quindi la traccia fisicamente non esiste più perché è stata consumata nell’atto dell’analisi. Sono però presenti i dati tecnici che sono stati prodotti da quell’analisi e, su questi dati tecnici, si possono rinnovare considerazioni, applicare nuovi metodi di interpretazione, avere degli approcci anche diversi di interpretazione“.
I PARERI DIVERSI SULLE PROVE SCIENTIFICHE
A tal riguardo, ha fatto presente che “quando si interpreta un dato, c’è un aspetto proprio fisico e tecnologico. Quindi si possono avere strumenti di maggiore sensibilità e qualità che alzano la capacità di ‘vedere’ — passatemi questo verbo così un po’ semplificante — la traccia. E poi c’è anche un aspetto soggettivo, per cui ogni tecnico, per la sua esperienza, per la sua attitudine, in qualche maniera può interpretare in maniera magari un pochino meno conservativa un certo dato“. Si spiega così, per Lago, il fatto che vi siano pareri diversi. “Non è assurdo che ci possano essere delle posizioni diverse in qualche circostanza, non in assoluto, su qualche traccia“.