Iran senz’acqua, si pensa di evacuare Teheran: di fronte alla gente senza stipendio e alla crisi immobiliare il regime spende per i missili balistici
“L’Iran sembra trovarsi davanti a un bivio storico. Non è chiaro quale sarà la direzione, ma è evidente che milioni di iraniani stanno vivendo uno dei momenti più difficili degli ultimi decenni e che il malcontento, nonostante la paura, continua a crescere”. Azar Karimi, portavoce dell’Associazione dei giovani iraniani in Italia, che fa capo al Consiglio nazionale della resistenza iraniana, racconta così la situazione della gente in Iran. Non solo esecuzioni, non solo proteste per i salari non pagati, il Paese affronta anche una crisi idrica che ha fatto addirittura ipotizzare di evacuare Teheran e in cui è esplosa una crisi immobiliare senza precedenti. In tutto questo il regime spende per le armi e mette in mostra i suoi missili balistici. Ma la gente è arrivata davvero al limite della sopportazione.
Oltre 30 prigionieri giustiziati in due giorni. Perché il regime punta sempre di più sulla repressione? Chi sono le persone giustiziate?
Negli ultimi mesi l’Iran è precipitato in una crisi che non riguarda più solo un settore o una categoria, ma l’intero tessuto sociale. Una situazione che molti attivisti della Resistenza iraniana definiscono “multidimensionale”, perché miscela repressione politica, collasso economico, emergenza ambientale e crescente malcontento popolare. Secondo la Resistenza iraniana solo a novembre sarebbero state documentate 139 esecuzioni. Una cifra enorme, che significa una persona uccisa ogni circa 90 minuti. Una parte significativa sarebbe di prigionieri politici, giovani manifestanti, donne e membri di minoranze etniche.
Qual è la strategia del regime?
Attualmente 17 prigionieri politici si troverebbero nel braccio della morte. L’impressione, per molti osservatori, è che le esecuzioni siano diventate uno strumento politico: un modo per intimidire chiunque stia pensando di unirsi alle proteste. Nelle carceri iraniane, ogni settimana, detenuti e attivisti riferiscono casi di scioperi della fame e appelli disperati. Anche chi non scende in piazza percepisce questa pressione: l’idea che il regime sia pronto a tutto per mantenere il controllo è la presenza costante nella vita quotidiana delle persone.
Diverse agenzie parlano di grave crisi idrica in Iran. Cosa sta succedendo? La gente ha acqua a sufficienza per sopravvivere?
In alcune zone del Paese soprattutto nel Sistan e Baluchistan ci sono villaggi che ricevono 2.000 litri d’acqua ogni 15-20 giorni: non basta nemmeno per i bisogni minimi di una famiglia. La gestione poco trasparente delle risorse, la corruzione e la siccità hanno aggravato un problema strutturale che va avanti da anni. Nei discorsi ufficiali, alcuni membri del regime hanno accennato alla possibilità di evacuare Teheran se non arriveranno piogge significative. Nella capitale intere zone subiscono cali di pressione o interruzioni improvvise, e le dighe che servono l’area urbana sono ai minimi storici. In diverse regioni l’agricoltura è al collasso e molte famiglie lasciano le campagne per trasferirsi nelle città, che però non sono in grado di assorbire nuovi flussi migratori.
Intanto continuano le manifestazioni dei pensionati, degli impiegati, degli autisti di mezzi pubblici, medici e infermieri che lamentano il mancato pagamento degli stipendi. Lo Stato non ha più risorse? Quanto può durare?

Sul fronte sociale, la tensione è palpabile. Pensionati, medici, infermieri, autisti dei trasporti pubblici e impiegati statali hanno organizzato proteste in varie province, denunciando stipendi non pagati o ritardati per mesi. In un Paese dove la maggior parte della popolazione vive di salario fisso, i ritardi diventano una condanna alla precarietà. A questo si aggiungono le manifestazioni dei residenti di Pardis, una città nei pressi di Teheran, dove centinaia di persone sostengono di essere state truffate con progetti immobiliari legati a enti governativi o semi-governativi. Molti avevano versato risparmi di una vita, sperando in un piccolo appartamento: oggi si ritrovano senza casa e senza
Uno dei temi della protesta in Iran è la crisi immobiliare. Da dove deriva e che effetti sta avendo?
Siamo a uno dei paradossi più dolorosi. A Teheran, affittare un semplice letto in una stanza condivisa può costare metà dello stipendio mensile medio. Nel frattempo, milioni di abitazioni rimangono vuote, acquistate negli anni da investitori e figure vicine al potere che le tengono come beni speculativi. Il risultato è un mercato bloccato, distorto, in cui la popolazione comune fatica anche solo a permettersi un alloggio
In tutto questo il regime mostra missili balistici e droni per la prima volta dopo gli attacchi di Israele. Secondo il New York Times l’Iran vuole avere la possibilità di lanciare 2000 missili contemporaneamente per bucare le difese israeliane. Ci si prepara a una nuova guerra?
Mentre la società affronta tutto questo, il regime continua a mostrare la propria forza militare. Missili balistici, droni avanzati, esercitazioni che vantano la capacità di lanciare fino a 2.000 missili in simultanea: una narrativa di potenza che ha un duplice scopo. Da un lato, dissuadere avversari esterni e dall’altro, giustificare enormi investimenti militari all’interno, presentando le spese come “necessarie” per la sicurezza nazionale. In una fase di grande insicurezza interna, la propaganda militare diventa un modo per consolidare l’autorità.
Sulla base di tutti questi elementi c’è effettivamente la possibilità che il regime cada a breve? Chi comanda ora a Teheran, quale parte del regime ha in mano veramente il potere? C’è anche la possibilità di una guerra civile?
La guida suprema Ali Khamenei continua a detenere il controllo assoluto del sistema politico e religioso, con l’appoggio delle Guardie della Rivoluzione. Il suo potere si fonda su un equilibrio delicato: repressione, controllo ideologico, élite economiche fedeli e un apparato militare che non risponde al governo ma direttamente a lui. Secondo la Resistenza iraniana l’unico modo per cambiare il sistema sarebbe una combinazione di tre fattori: mobilitazione popolare su larga scala, pressione internazionale coordinata, una proposta politica alternativa credibile e organizzata. Finora, nonostante l’enorme malcontento, il regime è riuscito a sopravvivere grazie alla forza repressiva e alla frammentazione delle proteste. Ma la crescente crisi sociale e ambientale potrebbe diventare un detonatore imprevedibile.
(Paolo Rossetti)
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