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Home » Esteri » America Latina » DIARIO VENEZUELA/ Il “dietrofront” degli Usa e la domanda su chi comanda a Caracas

  • America Latina
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DIARIO VENEZUELA/ Il “dietrofront” degli Usa e la domanda su chi comanda a Caracas

Arturo Illia
Pubblicato 20 Aprile 2024
Nicolas Maduro (Ansa)

Nicolas Maduro (Ansa)

Gli Stati Uniti hanno deciso di reintrodurre le sanzioni sul petrolio del Venezuela: una decisione tardiva che mostra i limiti delle politiche di Washington

La questione delle elezioni venezuelane, con l’ennesima decisione di Maduro di ammettere solo candidati a lui favorevoli e in pratica, attraverso un ridicolo decreto contro il fascismo, far fuori quelli dell’opposizione, ha registrato un altro comico capitolo dopo che Biden, attraverso il Dipartimento di Stato Usa, ha in pratica riattivato le sanzioni contro il Paese Caraibico momentaneamente allentate soprattutto dopo che l’accordo definito “delle Barbados” aveva messo in opera decisioni che sembravano aver riaperto il Venezuela a una certa democrazia. Ma successivamente, come d’altronde era prevedibilissimo, sono riprese le manovre repressive, fatto che ha quindi portato gli Usa alla decisione che è stata applicata a partire da giovedì.


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Due giorni prima che le sanzioni statunitensi contro il Venezuela tornassero in vigore, Nicolás Maduro ha avuto un’idea: inviare un messaggio a Joe Biden in diretta televisiva, parlando in inglese. Ma il tentativo, a causa delle difficoltà nella pronuncia della lingua, si è concluso con le risate del suo stesso pubblico.


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“Dico ai negoziatori di riferire al Presidente Biden il seguente messaggio…”, ha esordito il leader chavista prima di fare una pausa per provare a pronunciare: “If you want I want. If you don’t want I don’t want”. A metà della frase, poiché la sua pronuncia errata suscitava una risata impossibile da contenere per il suo stesso pubblico, il dittatore ha alzato la voce cercando di mettere a tacere i presenti, ma poi ha chiuso con altri strafalcioni. Al che, frustrato, ha deciso di tradurlo in “Caracaño” e di essere veemente per uscire dal brutto momento: “Se vuoi, voglio Se non lo vuoi, non lo voglio. Punto finale”.


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Il leader chavista ha assicurato lunedì che il suo Paese continuerà “il suo progresso economico” con o senza le licenze degli Stati Uniti. “Continueremo, con licenza o senza, non siamo una colonia dei gringos. Il Venezuela continuerà la sua marcia economica. Nessuno ci fermerà, signori gringos”, ha concluso Maduro.

Ha sottolineato che l’Amministrazione Biden “continua a ricattare” con “minacce” di “togliere la licenza” che ha permesso a Caracas di commercializzare, senza ostacoli, il suo petrolio greggio negli ultimi sei mesi, cosa che considera un metodo “colonialista” e con il quale gli Stati Uniti intendono “proteggere l’industria petrolifera venezuelana”.

La verità è che, giunti a questo punto, diventa difficile prevedere cosa potrà accadere sia con le elezioni di luglio che con il futuro del Paese, visto che la sostanziale retromarcia e il ritorno alla dura situazione precedente, tanto dal punto di vista politico che economico, potrebbe indebolire ulteriormente un Paese ormai distrutto dal populismo.

C’è però da aggiungere un’altra importante questione: chi veramente gestisce il potere a Caracas, visto che pare ormai certo che l’ex autista di autobus non lo abbia nelle sue mani. A questo punto il pensiero più logico e coerente con la situazione che si vive da anni, passando da una catastrofe all’altra, è che per reggere a tutto ciò senza scoppiare il potere sia gestito da un narcotraffico, sempre presente nelle più alte cariche dello Stato. In particolare nella figura di Diosdado Cabello, fedelissimo di Chavez con il quale partecipò al tentativo di colpo di Stato del 1992, per il quale scontò due anni di prigione.

Dato falsamente per morto, Cabello, dopo essere stato Presidente dell’Assemblea nazionale venezuelana dal 2012 al 2016, è ora deputato della stessa. È sanzionato dagli Usa che lo accusano di essere a capo del cartello denominato “de los Soles”, un’organizzazione diretta da membri dell’alto comando militare delle Forze Armate, implicata nel traffico internazionale di droga.

L’attuale decisione degli Usa del Presidente Biden arriva secondo noi molto in ritardo e dimostra ancora una volta l’approssimazione degli Stati Uniti che da anni compiono errori di valutazione nelle loro politiche latinoamericane, anche per non saper affatto dialogare in termini reali con i Presidenti di quest’area del mondo, cosa che (e lo dimostrano i pessimi risultati) si verifica anche sul fronte mediorientale. Soprattutto da parte di leadership del Partito Democratico che alla fine per queste cantonate internazionali, sommate a quelle interne, pare vogliano regalare il potere ai Repubblicani.

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Tags: Joe Biden

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