Mentre si è risolto felicemente il caso della giornalista Cecilia Sala, liberata dalle autorità iraniane prima che quelle italiane completassero lo scambio con l’ingegnere Mohammad Abedini Najafabadi che è stato rispedito a Teheran, ecco che da un’altra parte del mondo esplode un’altra situazione simile, dato che il 15 novembre scorso le autorità venezuelane hanno arrestato Alberto Trentini, collaboratore della Ong Humanity e Inclusion operante nel Paese. L’accusa è quella di terrorismo dato che sul suo cellulare sono stati trovati messaggi che, a detta della direzione del controspionaggio del Paese caraibico, dimostrano un rapporto con dissidenti del regime di Maduro, con la sua appartenenza alla Ong che sarebbe solo una copertura per potersi muovere senza problemi.
Rinchiuso in un primo momento nel commissariato della località di Guasdalito, ai confini con la Colombia (dove è stato arrestato), Trentini è stato successivamente trasferito in un carcere di Caracas dove generalmente vengono portati i prigionieri politici: questo seppur le accuse contro di lui non siano state formalizzate e nemmeno l’arresto convalidato da un giudice entro le 48 ore. Si apre così un altro caso che però, a differenza di quello della Sala, non ha finora occupato un grande spazio nella stampa italiana.
Come si vede si tratta di una sparizione forzata da parte di un regime che negli ultimi tempi ha continuato a operare nella sistematica violazione dei diritti umani, che ora coinvolge anche italiani: perché oltre al caso appena citato, altri sei cittadini italo-venezuelani sono attualmente agli arresti e uno solo, Carlos Correa, detenuto dalla Guardia nazionale di San Juan de los Morros, è stato liberato proprio perché ancora non si è capita la ragione del suo arresto.
Correa è direttore di una Ong denominata “Espacio Publico”, che si occupa della difesa della libertà di espressione e dopo il suo arresto si sono mobilitate in sua difesa associazioni sindacali, giornalisti e attivisti per i diritti umani, scatenando un’andata di proteste che alla fine hanno costretto le autorità, in mancanza di accuse comprovate, a liberarlo.
La situazione in Venezuela, dopo l’arresto e l’immediata liberazione della leader dell’opposizione Maria Corina Machado, continua ad aggravarsi e la repressione delle autorità coinvolge non solo cittadini stranieri, ma anche delegazioni diplomatiche: dopo quello dell’Ambasciata argentina, praticamente isolata e circondata da truppe della Gendarmeria bolivariana due mesi fa, ora è il turno delle delegazioni di Olanda, Francia e Italia che in pratica, come quelle di 148 Paesi, hanno disertato la cerimonia di insediamento di Nicolas Maduro, definendo questo atto come una dimostrazione di ostilità di queste tre nazioni contro il Venezuela. La cui ritorsione è stata la riduzione a soli tre elementi dei diplomatici autorizzati a risiedere nel Paese.
A questo punto le autorità italiane stanno procedendo affinché Trentini venga scarcerato al più presto, ma le difficoltà, dovute anche all’inasprimento delle relazioni diplomatiche, sono davvero tante, anche perché mai in questi anni il regime chavista si è sentito tanto isolato dal mondo: e la cosa sta creando dei grossissimi problemi anche interni e, come abbiamo già spiegato in un’altro articolo, la situazione è passibile di qualsiasi sviluppo anche grave. Inclusa un’eventuale guerra civile, visto che ormai gran parte della popolazione non ha più paura a partecipare a manifestazioni contro il regime.
Che però, stranamente, viene appoggiato non solo da Cuba e Nicaragua (i cui Presidenti sono gli unici capi di Stato a essere presenti all’insediamento di Maduro), ma anche dal Movimento kirchnerista argentino, che ha inviato i suoi più importanti influencers a seguire non solo la cerimonia suddetta, ma anche a realizzare servizi che tendono a dimostrare come la situazione in Venezuela sia quella di un Paradiso terrestre.
La cosa che però ha creato uno scalpore internazionale è stata anche la presa di posizione dell’associazione argentina delle Madri di Plaza de Mayo a favore del regime dittatoriale venezuelano, dimostrando che ormai queste organizzazioni che si dicono a difesa dei diritti umani sono in verità ormai tutt’uno (e da anni) con il kirchnerismo al quale si sono in pratica vendute in cambio di finanziamenti che le hanno anche trascinate in scandali che i nostri lettori conoscono da anni. Ma il vero controsenso di questa situazione è quello di gruppi che hanno combattuto la dittatura della Giunta militare argentina negli anni Settanta e che ora invece sono alleate e sostengono una dittatura altrettanto militare che ha portato il Venezuela in una situazione di repressione degli stessi diritti, che vedono migliaia di persone detenute nelle carceri e sottoposte a torture in luoghi sinistri come un edificio denominato “El Hlicoide”, un vero e proprio centro di repressione sistematica.
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