L’obiettivo NATO è il 5% del Pil di spesa militare per ogni Paese. Il percorso per avvicinarsi al tetto è in atto. Ma è senza ragione e avvantaggia Trump
Lo scorso giugno si è tenuto all’Aia il Vertice della Nato nel quale i 32 Stati membri si sono impegnati ad aumentare la spesa per la difesa dall’attuale proposta del 2% al 5% del Prodotto Interno Lordo nazionale, da raggiungere entro il 2035. La nuova percentuale consiste di un 3,5% da destinare alla spesa militare propriamente detta e di un 1,5% da riservare a investimenti nella sicurezza più in generale. Un incremento decisamente rilevante che non ha mancato di sollevare perplessità, tanto più che diversi Paesi, tra cui l’Italia, sono ancora al di sotto della precedente quota.
L’indicazione del 2% del Pil risale al 2006 ed è diventata più pressante dal 2014, dopo l’invasione della Crimea da parte della Russia. Come detto, al momento otto membri sono ancora al di sotto di questa percentuale, con l’Italia all’1,5%, ma le stime delle spese totali della Nato per la difesa, a prezzi costanti, nel 2024 sono aumentate del 30,2% rispetto al 2014. Il ritmo di spesa si è accelerato: se tra il 2014 e il 2021 l’aumento è stato del 16%, dal 2022 al 2024 è invece stato del 14,3%, in soli tre anni.
L’invasione russa dell’Ucraina ha, quindi, avuto il suo effetto, in particolare per gli Stati europei più il Canada, per i quali l’incremento è stato del 28,7%, contro il 7,4 degli Stati Uniti, che contano però per il 63,7% della spesa totale (72,5% nel 2014). Rispetto al 2014, le percentuali di aumento sono rispettivamente 72,0% e 14,4%. L’effetto è stato particolarmente rilevante per gli Stati confinanti con la Russia, come la Polonia, che con il 4,12% del Pil registra il dato più alto in assoluto, l’Estonia al 3,43%, la Lettonia al 3,15% e la Lituania al 2,85%. Al di sopra del 3% vi è anche la Grecia (3,08%), si può supporre per gli attriti con la Turchia, che nel 2024 registra però un più limitato 2,09%.

Tutti i membri della Nato presentano nelle stime per il 2024 una percentuale sul Pil superiore a quella registrata nel 2014, tranne gli Stati Uniti che scendono dal 3,71% al 3,31% nel 2022 per risalire al 3,38% nel 2024.
Sempre a valori costanti, la spesa totale dell’Italia è passata dai 18,734 miliardi di euro nel 2014 ai 26,882 miliardi del 2024, con un incremento del 43,5%. Tuttavia, secondo i dati del rapporto Nato, tra il 2024 e il 2022 si è registrata una diminuzione di 119 milioni. La percentuale della spesa sul Pil era pari all’1,14% nel 2014, all’1,52% nel 2022 per scendere all’1,49% nel 2024.
La Russia investe nella difesa proporzionalmente molto di più dei Paesi europei, la stima è attorno al 7% del Pil ed è in aumento; tuttavia, la spesa totale è decisamente inferiore, stimata in circa 150 miliardi di dollari, circa un terzo della spesa totale degli Stati europei. Quella russa è diventata una pesante economia di guerra e nonostante le caratteristiche autocratiche del regime e la storica capacità di resistenza del popolo russo, la situazione sta peggiorando. Le perdite umane sono notevoli e l’arrivo di rinforzi dalla Corea del Nord ne sono una conseguenza, non positiva per il regime. Tanto più che la guerra in Ucraina si è trasformata in una guerra di logoramento, ben lontana da quella rapida “operazione speciale” proclamata nel 2022.
In questo scenario, l’ipotesi che la Russia possa attaccare, sia pure nel giro di qualche anno, un membro della Nato sembra poco probabile, dato per scontato che un simile attacco porterebbe, ovviamente, alla reazione dell’intera Nato. Né è pensabile a una cobelligeranza della Cina a fianco di Mosca e anche un diretto coinvolgimento della Corea del Nord non cambierebbe fondamentalmente la situazione. Tutte le potenze coinvolte hanno a disposizione armamenti nucleari, ma il loro uso porterebbe a un tragico sconvolgimento di tutto lo scenario.
Su quanto finora esposto lascio la parola agli esperti, i miei sono solo pensieri da semplice osservatore che mi portano però a ritenere strumentale la richiesta di portare al 5% la spesa per la difesa. Se un aumento di tale spesa è necessario, ciò è dovuto principalmente alla necessità di ricostituire le scorte di armamenti e munizioni dei Paesi europei che hanno rifornito di questi materiali l’Ucraina. Approfittando, magari, per modernizzandoli ulteriormente.
Rimane ad ogni modo evidente e ovvio il profondo interesse in materia dell’industria degli armamenti, in particolare di quella statunitense, cui arriverebbe ben più del 50% dei nuovi stanziamenti.
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