Ieri è stato presentato al Meeting di Rimini "Un volto nella storia". Contiene gli scritti e le lezioni di don Giussani negli anni 1969-70
La pubblicazione di Un volto nella storia. Il compito della Chiesa nel mondo, il volume appena uscito per i tipi di Rizzoli che raccoglie testi inediti di don Luigi Giussani degli anni 1969 e ’70, non è un’operazione semplicemente accademica. Corrisponde piuttosto al desiderio di scoprire sempre più a fondo il carisma del padre di Gioventù studentesca (1954) e di Comunione e Liberazione (appunto 1969-’70) e la sua straordinaria e, per certi versi, sorprendente attualità.
Nell’incontro di presentazione di ieri al Meeting di Rimini questa esigenza è stata sviluppata in tre direzioni: la peculiarità del pensiero di Giussani rispetto al mainstream teologico di quegli anni, tra post-Concilio e onda sessantottina; il valore del carisma di Giussani per la Chiesa in quanto tale; il valore del carisma di don Giussani per l’oggi del movimento di CL.
La prima dimensione è stata svolta da René Roux, rettore della Facoltà di Teologia di Lugano; la seconda da Margaret Karram, presidente del Movimento dei Focolari; la terza da Davide Prosperi, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione.
La riflessione teologica di quegli anni – ha spiegato Roux – sentiva l’insufficienza rispetto ai tempi della teologia classica neo-scolastica, perfetta nella sua logica razionale, ma percepita come astratta e non adeguata a pensare e ad agire nella storia.
Da qui il recupero delle scienze storiche nella lettura dei Vangeli (con il rischio di separare il Cristo storico dal Cristo della fede); da qui una riflessione sull’efficacia storica della fede, che doveva avvenire attraverso un’analisi e una prassi corrette (normalmente individuate nel marxismo); da qui, infine, una riformulazione della missionarietà, che doveva realizzarsi attraverso l’inculturazione, cioè la comunicazione del cristianesimo nel linguaggio e nelle forme del destinatario, con il rischio di assumere nel cristianesimo categorie di giudizio spurie.

“Giussani – ha detto il teologo di Lugano – ha giocato questa sfida con le persone concrete che aveva davanti ed ha proclamato che Cristo è la nostra speranza. Dietro il desiderio giovanile di cambiamento, ha visto la presenza del senso religioso, che sta al fondo di ogni uomo. E che gli ha consentito di immedesimarsi nella contemporaneità dei Vangeli. Perciò di proporre la fede come criterio per tutta l’esistenza. E di indicare nella comunione della Chiesa il luogo dove fare esperienza effettiva di Cristo”.
Da questo stesso concetto ha preso le mosse la Karram. “Questo libro di don Giussani – ha detto – non è da leggere tutto d’un fiato, perché è densissimo di riflessioni e di insegnamenti che mi interpellano profondamente oggi”. Oggi vale senza riserve quello che Giussani annunciò e propose: “In un momento storico di scontro ideologico, non ebbe paura di sfidare i giovani” sul terreno delle umane aspirazioni, con l’annuncio di una novità tanto “altra” quanto sperimentabile nell’oggi. “Giussani ha indicato qualcosa che non passa di moda: l’Eterno nel presente. Ed ha indicato il luogo dove ciò si realizza e si sperimenta: la comunità”.
“Non ho potuto non notare – ha aggiunto la presidente dei Focolari – una grande sintonia con questo richiamo. Del resto, con la nostra fondatrice, Chiara Lubich, don Giussani ebbe un rapporto di grande stima e amicizia. Gesù nella nostra epoca – aveva osservato Chiara – vuole, attraverso noi laici, uscire dai tabernacoli ed essere presente nel mondo, in mezzo a noi. È attraverso questo che tutti possono scoprire la loro natura: di essere figli di Dio”.
Davide Prosperi ha innanzitutto sottolineato che “in un passaggio delicato come quello che vengono ad attraversare le aggregazioni ecclesiali dopo la morte dei fondatori, è tanto più necessario riflettere e approfondire il loro carisma”. E questa pubblicazione, dopo quella dello scorso anno Una rivoluzione di sé, “intende offrire al lettore il nucleo incandescente del carisma di Giussani, che ha appassionato tante persone a Cristo e alla Chiesa”.
Anche per Prosperi il punto centrale può essere espresso nell’affermazione “Cristo è la nostra speranza”. “Un’affermazione che non lascia fuori nulla della vita – ha rimarcato il presidente di CL – e che ha una portata globale; non vale per un qualche particolare aspetto, ma per tutta l’esistenza”.
Affermazione non ovvia né scontata, tanto più in un momento in cui spesso si focalizzava la speranza sull’aldilà o sull’introspezione psicologica, cedendo a una deriva “intellettualistica, o emotiva, o spiritualistica della fede”.
“L’ideale proposto da Giussani – ha proseguito Prosperi – è quello di ‘essere impastati con Cristo’. Il quale è un avvenimento reale, storico; e avvenimento qui e ora, dentro il presente, altrimenti non sarebbe speranza. E lo è dentro il suo Corpo mistico, che è la Chiesa. Sicché possiamo anche dire che la Chiesa è la nostra speranza (spesso non guardiamo la nostra compagnia così…)”.
Costruire la Chiesa è quindi per Giussani il modo per portare una benefica perturbazione nelle situazioni, a cominciare dalle persone e dalle comunità che Dio ci ha messo accanto. “È un contagio – ha detto Prosperi – che agisce anche nella situazione di totale impotenza”.
Ed ha fatto l’esempio delle comunità cristiane – cattolica e ortodossa – di Gaza, che hanno deciso ufficialmente e in comunione tra loro di non lasciare la loro terra e di non dismettere la loro presenza amorosa tra quella gente martoriata. “Come fecero i martiri d’Algeria“, ha sottolineato Prosperi, mentre l’applauso lungo, caloroso e commosso delle migliaia presenti nel salone testimoniava che il messaggio aveva fatto centro nelle menti e nei cuori.
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