Questa ulteriore mia riflessione e sollecitazione sul tema autonomia e parità non può che partire dalle conclusioni del mio ultimo articolo di qualche settimana fa.
In quell’occasione avevo messo in evidenza la necessità di una “rivoluzione” che puntasse ad una ristrutturazione profonda del sistema organizzativo della scuola italiana per evitare che, come avvenuto nello scorso anno, maggior attenzione e maggiori risorse continuino a non produrre cambiamenti e risultati significativi.
Lo stesso sottosegretario Toccafondi, giustamente orgoglioso del buon lavoro fatto e delle risorse messe a disposizione, ha ricordato che quanto fatto non voleva dire aver dato piena risposta al diritto di libertà di scelta educativa.
Occorre investire in autonomia e parità, unica strada che renderà efficaci ed efficienti le risorse investite.
Da quando ho scritto l’ultimo articolo sono cambiate alcune cose e vi è stata grande attenzione ed approfondimenti su questi temi, situazioni che permettono una doverosa riflessione ed una conseguente nuova sollecitazione.
L’attenzione e gli approfondimenti vengono dall’iniziativa del Meeting di Rimini, durante il quale un’intera giornata, coordinata dal professor Giorgio Vittadini, è stata dedicata ad una serie di interventi sulla scuola, tenuti da relatori di grande rilievo.
Le numerose esperienze di qualità illustrate, di cui l’incontro “Scuola da grandi” (video) ne è un ottimo esempio, nascono da scuole che hanno sfruttato al massimo la limitata autonomia oggi permessa. I dati di ricerca illustrati da Giorgio Vittadini durante l’incontro “Autonomia e parità” (video) confermano ricerche precedenti su diversi punti: la maggior spesa nella scuola non comporta un automatico miglioramento della qualità della scuola; anzi, in certi casi, dà solo più occupazione ma non più qualità. La maggiore autonomia dà un miglior risultato sugli stipendi dei docenti, grandissimi risultati migliorativi si hanno nelle scuole con grande autonomia nello sviluppo dei programmi rispetto a scuole di un sistema centralizzato, miglioramenti economici consistenti si hanno anche nel budget se si può decidere secondo i bisogni e non su indicazioni centralizzate. Analogo risultato si ottiene dai dati di ricerca confrontando i sistemi secondo la presenza di scuole paritarie, da cui si evince che la qualità del servizio offerto e dei risultati ottenuti migliora proporzionalmente all’aumento della presenza di scuole paritarie. “Autonomia e parità hanno a che fare con qualità, hanno a che fare con educazione” ha ricordato Vittadini, non hanno a che fare con problemi ideologici che sembra oggi siano più assopiti.
Con un intervento a sorpresa l’ex ministro Berlinguer ha posto in evidenza con passione l’attuale stato di “incompiute” delle sue intuizioni su autonomia e parità, tradotte in legge una ventina di anni fa. “Un’autonomia ancora insufficiente perché esiste una dipendenza statuale di cui paghiamo lo scotto, una dipendenza a partire dal corpo docente nei confronti dello Stato”, ha ricordato, ritenendo “l’autonomia una battaglia culturale utile a motivarsi perché è un fatto di libertà”.
Stessa passione con forte afflato nel ricordare che la scelta di una legge per la parità scolastica era fondata sulla volontà di attuazione della Costituzione: è proprio sulla base del tanto mal interpretato art. 33 che detta i principi secondo i quali si prevede per gli studenti un “trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali” ed evidenzia che “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole”, non facoltà, ma diritto, che la legge è stata approvata.
Il cambiamento si è avuto con la decisione del ministero di pubblicare il bando che dà il via alla sperimentazione dei licei quadriennali, un segnale importante circa la volontà di forte innovazione del sistema e che fa, quindi, pensare che i tempi possano essere maturi per avviare altre sperimentazioni che si pongano un grande obiettivo di cambiamento.
Questo scenario positivo va “cavalcato” velocemente e, come si usa dire, “il ferro va battuto finché è caldo” poiché vi è sempre in agguato chi tenta di riportare l’innovazione nell’alveo della normalizzazione. In una intervista rilasciata a questa testata, lo stesso Berlinguer ricordava che “la legge Buona Scuola ha introdotto alcune novità, abilmente nascoste fra le righe al punto che chi la legge non ci capisce molto” con la conseguenza che chi vara una norma ne dà l’interpretazione che vuole. Ne è dimostrazione il contributo di Anna Maria Poggi sul n. 40 di Atlantide appena pubblicato, dal titolo “Autonomia cercasi. L’incompiuta italiana” in cui si evidenzia come la continua uscita di norme che attribuiscono un sempre maggior numero di adempimenti amministrativi ai dirigenti scolastici, di fatto impedisce loro di espletare la funzione di leadership educativa, riducendone sempre più la già poca autonomia.
Ripropongo quindi con convinzione la mia sollecitazione all’avvio di una sperimentazione di piena autonomia: volontaria, libera, che si propaghi nel tempo “per contaminazione positiva”, per non traumatizzare il sistema, ma condurlo verso una modernizzazione con un percorso di innovazione organizzativa.
Quanto sopra esposto evidenzia quanto la forma organizzativa della scuola sia funzionale all’educazione e solo una ristrutturazione profonda del sistema che abbia come parametri piena autonomia e parità può produrre un modello organizzativo moderno ed efficiente basato su una nuova modalità di finanziamento, con parametri di efficienza ed equità basati su quota capitaria o costo standard.
Come dicevo, attenzione, perché il tempo sta per scadere e rinviare continuamente decisioni importanti alla lunga non paga, ma rischia di complicare sempre più una possibile inversione di rotta. Dobbiamo essere anche consapevoli, come ha ricordato il sottosegretario Toccafondi alla fine del suo intervento, che non possiamo aspettarci “un sovrano illuminato”, ma dobbiamo tutti coinvolgerci per una giusta e doverosa pressione democratica affinché il mondo politico e istituzionale prenda al più presto le giuste decisioni.