Antonella Viola rifiuta la candidatura per il Veneto. Pd in crisi: senza sfidante a Zaia e diviso tra accademici e mancanza di strategia

Antonella Violaimmunologa di fama internazionale e volto scelto dalla segretaria Elly Schlein per sfidare il mito Zaiaha respinto ieri la candidatura con un video di 5 minuti e 18 secondi che è già diventato virale: “Sono donna, madre e scienziata: la mia missione è la ricerca, non la politica” ha dichiarato, lasciando il Pd senza un progetto credibile a cinque mesi dalle elezioni.



Il rifiuto di Antonella Viola – docente all’Università di Padova e volto televisivo durante il Covid – mette in luce le difficoltà di un partito incapace di costruire leadership locali: dal 2010, nessun candidato del centrosinistra ha superato il 30% in Veneto.

“Serve una figura carismatica, non un nome estemporaneo”, attacca Andrea Crisanti – altro accademico lasciato ai margini, che ironizza – “Se mi avessero chiesto ora, non avrei accettato. Avrei potuto correre, ma per vincere”.



Antonella Viola e il cortocircuito Pd: quando la scienza non basta

Il caso di Antonella Viola rivela una verità scomoda: il Pd punta su personalità esterne alla politica per compensare il vuoto interno, ma senza offrire un progetto, tanto che la stessa Viola – pur apprezzata per la trasparenza – ha ribadito: “Già servo il Paese con la ricerca”.

La dichiarazione di Antonella Viola suona come un j’accuse verso una politica sempre più autoreferenziale; Crisanti – esperto di parassitologia – risponde alzando la posta: “Con due mesi di campagna elettorale, pensano di battere Zaia?”.



I numeri gli danno ragione: secondo l’ultimo rapporto Demopolis, il 58% dei veneti giudica invisibile l’opposizione regionale e nel frattempo, la Lega gioca a scacchi: Zaia, campione del “federalismo fiscale”, ha portato in Veneto 12 miliardi di surplus tra turismo ed export, mentre il Pd naviga senza bussola tra temi identitari (autonomia differenziata) e istanze progressiste (ambiente, diritti) che nel Nord-Est faticano a attecchire.

La rinuncia di Antonella Viola non è solo un problema di candidatura: è il sintomo di una sinistra che – tra torri d’avorio e tatticismi – ha smarrito il contatto con quel Veneto operaio e produttivo che un tempo la votava.