Ennesima beffa nel tortuoso iter per cercare la verità sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. Il fascicolo all’Archivio centrale dello Stato è stato trovato vuoto, come confermato all’ANSA dal senatore Andrea De Priamo (presidente della Commissione bicamerale di inchiesta sulla 15enne vaticana e su Mirella Gregori scomparse nel 1983). La sorte di quei documenti è un giallo nel giallo: ora si tenterà di capire, per quanto possibile, dove sono finiti.
Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa, il fascicolo rinvenuto sarebbe composto da un totale di 4 fogli. Un frontespizio con intestazione “Ministero dell’Interno – Direzione centrale della pubblica sicurezza – U.C.I.G.O.S. – Scomparsa Emanuela Orlandi”, la sola descrizione del contenuto e nessun documento allegato. Le 3 pagine successive sembrerebbero la fotocopia dei titoli di 3 volumi parte di un faldone sparito: nei primi due si menzionerebbero Ali Agca, il “fronte Turkesh” e “Phoenix”, l’ultimo titolo sarebbe “Ritagli stampa”.
Emanuela Orlandi: il fascicolo vuoto nell’Archivio centrale dello Stato, enigma sui contenuti
Il fascicolo in questione, di cui sarebbe sparito l’intero contenuto salvo le sole intestazioni, sarebbe stato riversato dal Ministero dell’Interno all’Archivio centrale dello Stato nel 2017. La mancanza dei documenti sarebbe stata accertata dal senatore De Priamo, recatovisi in sopralluogo a seguito della scoperta della presenza del dossier vuoto fatta dal giornalista Gian Paolo Pellizzaro. Resta quindi da chiarire quale sia l’esatto contenuto del fascicolo e dove siano finite le carte che avrebbe dovuto custodire.
La responsabile della sezione Raccolte speciali, Simona Greco, allo stesso De Priamo avrebbe descritto il possibile iter dei documenti al momento del passaggio in Archivio (avvenuto per effetto della Direttiva Renzi datata 2014 e riguardante il versamento di documentazione degli Organismi di informazione per la sicurezza della Repubblica con lo scopo di “consentire la ricostruzione storica di alcuni dei gravissimi fatti che hanno segnato la storia italiana“). Stando a quanto riferito al senatore, su quella direttiva ci sarebbe stata una “interpretazione restrittiva da parte di alcuni enti” con il conseguente trasferimento, in Archivio centrale, dei soli titoli dei faldoni.