INDIA/ Cervellera: i risvolti e il movente di una strage che fa comodo ai fondamentalismi

- int. Bernardo Cervellera

A Mumbai, un tempo Bombay, si sono susseguite ore drammatiche di violenza, di tragedia e di follia per una serie attentati-guerriglia che ha tutto l'aspetto di un conflitto dichiarato all'Occidente. Derive nazionalistiche indiane e spinte fondamentaliste di stampo musulmano, spesso in lotta fra di loro, sembrano per una volta trarre vantaggi da una situazione che mette in ginocchio l'intero Paese

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I più la chiamano Bombay, a dispetto dell’insistenza con cui si cerca di diffondere il ripristinato nome indiano. Ma se per gli europei questa abitudine è dura a morire è proprio perché con l’Europa la città ha sempre avuto un rapporto privilegiato. Situata a occidente dell’India, Mumbai fu infatti prima colonizzata dai portoghesi e poi ceduta agli inglesi. Dal 1947, come tutta l’India, è divenuta indipendente. Una megalopoli di 19 milioni di abitanti che porta ancora i segni culturali e distintivi della modernità occidentale, della capacità di convivenza che unisce tradizioni e popoli diversi e che si differenzia nettamente da molta parte del resto del subcontinente, ancora vincolata nei retaggi di un nazionalismo esasperato e del fondamentalismo religioso indù. Ma proprio questo aspetto innovativo, la presenza di un grande numero di cristiani, cattolici, protestanti, di suore portoghesi, di alberghi di stralusso che ospitano turisti e manager dell’alta finanza, la creazione di Bollywood a immagine e somiglianza del tempio del cinema americano, hanno contribuito al sedimentarsi di un odio sempre più crescente. L’odio del fondamentalismo religioso interno, legato alle politiche nazionaliste, e l’odio, forse ancor più feroce, di matrice islamica che individua in Bombay (o Mumbai) il centro del pericolo e dell’invasione “infedele” dell’Occidente.

Proprio questo sentimento è sfociato nel tragico epilogo della notte fra il 26 e 27 novembre. Quando gruppi armati di giovani militanti, sedicenti “Mujaheddin del Deccan”, hanno invaso diversi quartieri attaccandone i simboli della modernità. Una serie di incursioni con numerosi spari ed esplosioni che nel giro di poche ore ha provocato circa 125 morti e 330 feriti.

Padre Bernardo Cervellera, missionario del PIME nonché direttore di ASIA NEWS, prova a dipingere un quadro di quanto è avvenuto e continua ad avvenire.

È possibile attribuire l’attacco alla matrice del terrorismo islamico?

A dire la verità non possiamo ancora stabilire con certezza da quale parte provengano questi attentati. Questo perché ci sono una serie di notizie contraddittorie e strane. La situazione non è ancora risolta e continuano a circolare voci totalmente differenti. In generale si può dire che l’India è un paese multiculturale e multireligioso e che ci sono delle fasce di estremismo mussulmano come altrettante fasce di estremismo induista. Questo ha sempre portato a violenze da una parte e dall’altra in passato, nel corso della storia di questo Paese. Negli ultimi sei anni il numero di scontri e di vittime è aumentato vertiginosamente.

Ma in questo caso non si tratta di uno scontro come gli altri

Certo, un conto sono gli strascichi locali, le problematiche specifiche di alcune zone, dovute a lotte di rappresentanza politica, al fatto dei vantaggi sociali che vengono dati agli indù e non vengono ugualmente offerti a musulmani, cristiani e altri gruppi etnico religiosi. Ma questi episodi sono tutt’altra cosa. Quella attualmente in atto sembra una vera e propria guerra dichiarata contro l’immagine moderna dell’India, contro quell’India che ha rapporto con il mondo moderno e Occidentale. Sembra che questi terroristi, da quel che si sa adesso, abbiano di mira proprio gli ospiti occidentali. Si può dunque facilmente intuire che non si tratta di una violenza nata da una rivendicazione locale, ma di una guerriglia a carattere assai più “internazionale”.

Questo atteggiamento che cosa lascia intendere?

Il fatto che, in fondo, nessuno creda davvero che questa rivendicazione, che è stata formulata dai Mujaheddin del Deccan, abbia lo scopo di porre fine all’oppressione cui l’islam sarebbe sottoposto dal governo indiano, come invece è stato dichiarato. Questi guerriglieri sono dei militanti addestrati e hanno dimostrato di disporre di munizioni a non finire, vista la durata degli scontri che ha superato di gran lunga le 24 ore. Ciò significa che sono appoggiati da un’entità molto forte. In ultimo, se fosse davvero un’azione contro gli indiani, non si spiegherebbe assolutamente la scelta, non solo di Mumbai, ma soprattutto dei luoghi presi d’assalto. Questi infatti sono il simbolo della convivenza fra popoli e dello sviluppo della nazione.

Si è fatto qualche idea in merito alle possibili potenze economiche, militari o politiche che potrebbero appoggiare i terroristi?

Le ipotesi che noi di Asia News stiamo formulando sono principalmente due. Potrebbe trattarsi sia dei gruppi di talebani nel sud dell’India, che vedono con preoccupazione sempre più crescente il chiudersi delle proprie possibilità espansionistiche, sia di terroristi pakistani per i quali tentare di offendere in ogni modo l’Occidente e l’India, che di questo sta diventando un alleato sempre più potente, è l’obiettivo primario. Per i primi dunque l’intento è quello di sottomettere all’islam tutto il subcontinente indiano per il secondo, soprattutto, quello di sottrarre il Paese all’influenza dei popoli dell’ovest. Obiettivo, quest’ultimo, che si sposa con quello di molti gruppi fondamentalisti induisti. Entrambi infatti, allo scopo di bloccare il processo di globalizzazione, mirano a screditare l’attuale governo, troppo aperto a loro avviso, allo straniero. Ricordiamoci che l’India si avvicina alle elezioni politiche e il meccanismo potrebbe in un certo senso somigliare a quello attuato ad Atocha, in Spagna dai terroristi di Al Qaeda.

C’è una connessione fra questi tragici eventi e quanto accaduto poco tempo fa in Orissa?

In questo carattere antimodernista e nemico dell’integrazione non si possono non ravvisare delle concordanze evidenti. Anche nel caso dell’Orissa c’era un gruppo, i cristiani, individuato come pericoloso fattore di multiculturalità che andava a intaccare la tradizionale ripartizione in caste. Ovviamente pure in quel caso c’erano di mezzo interessi politici. E proprio su questo aspetto vorrei ritornare: ad accomunare le violenze perpetrate in questi due casi rientra anche l’intenzione di mettere in ridicolo la politica del National Congress, il partito di maggioranza indiano, aperto e liberale. Non è un caso che il BJP, il partito avversario, fortemente nazionalista, abbia commentato i tragici fatti accaduti limitandosi a dire che il Congress non riesce a garantire la sicurezza del Paese.

Ricordiamoci che il BJP era vicino ai gruppi di violenti che operarono poco tempo fa in Orissa.

È interessante vedere dunque come dietro a questi due tipi di fondamentalismo esista una singolare unità di intenti.

Parla quindi di una connivenza fra i due fondamentalismi?

Forse parlare di una vera e propria connivenza sarebbe trarre conclusioni affrettate, ma senza dubbio i risultati di questi scontri fanno comodo all’uno e all’altro movimento.

Che cose ne pensa del braccialetto sacro all’induismo che in una fotografia sembrerebbe essere indossato da un guerrigliero?

Se si appurasse che si tratta davvero di un braccialetto induista la cosa rafforzerebbe senz’altro l’ipotesi che ci sia un’unità fra il BJP e i terroristi islamici. Negli ultimi tempi comunque sono successi molti attentati prima attribuiti ai terroristi mussulmani e poi invece riconosciuti di matrice induista, quindi occorre non dare subito giudizi certi. Se però ci fosse effettivamente un’alleanza fra i due gruppi si dovrebbe riconoscere che uccidere più di centro persone per vincere delle elezioni è una delle “imprese” più avvilenti della storia umana.





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