Indagine di Demos rivela che la fiducia nella Chiesa è diminuita anche nel “bianco” Nordest. Ha fiducia il 65% di quel 20% che va a messa ogni settimana
La passione religiosa appassiona sempre meno gli italiani, ed è divenuta molto tiepida. Una tendenza che non accenna a rallentare, anzi. Secondo la recente indagine di Demos (l’istituto di ricerca fondato dal sociologo Ilvo Diamanti) per conto de Il Gazzettino, focalizzata sul Nordest, tra Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Provincia di Trento, la Chiesa sarebbe in crisi, di fiducia e leadership morale.
Già lo scorso anno, sempre attraverso la medesima indagine demoscopica, Diamanti aveva evidenziato che in pochi anni, dal 2016, l’interesse verso “la religione o la comunità religiosa” era sceso sensibilmente, ed era arrivato ad “appassionare” meno del 40% degli italiani, in calo di 15 punti in otto anni. Ed oggi a riporre “moltissima o molta fiducia nella Chiesa” è il 36% degli intervistati.
Una Chiesa in grigio, insomma, in quel Nordest che al contrario un tempo era considerato una delle sacrestie d’Italia, cuore anche del riferimento politico della cultura cattolica, la Democrazia Cristiana.
Adesso solo tra quanti frequentano assiduamente la Messa la fiducia tocca il 65%, ma tra chi si reca saltuariamente in Chiesa il gradimento non va oltre il 38%, e tra i non praticanti si ferma addirittura al 16%. L’età è una discriminante fondamentale: la poca attenzione nei confronti della Chiesa è proporzionale all’età, fino a raggiungere il distacco maggiore fra i più giovani al di sotto dei 30 anni, mentre circa 3 su 4 fra coloro che superano i 65 anni continuano a esprimere interesse e attenzione.
Si tratta di un fenomeno diffuso non solo a Nordest. L’Istat informa che negli ultimi anni si è toccato il minimo storico della frequenza alla messa: meno del 20% fra gli italiani va a messa ogni settimana, mentre i “mai praticanti” sono saliti a oltre il 30%, il doppio rispetto a 20 anni fa.
Ma alla crisi della fiducia nella Chiesa si somma anche una profonda crisi vocazionale: per ovviare alla desertificazione, dal prossimo settembre i seminari di Vicenza, Padova, Chioggia e Adria-Rovigo saranno riuniti in un’unica sede, alla casa “Madre Teresa di Calcutta”, nel complesso Opsa (l’Opera della provvidenza Sant’Antonio) a Padova.
Ma non solo: a Venezia, ad esempio, in centro storico stanno nascendo sei nuove parrocchie al posto delle 19 preesistenti. Si tratta di accorpamenti che rispondono ad una riorganizzazione territoriale, dovuta alla scarsezza di sacerdoti (non ci sarebbero sufficienti rimpiazzi per quelli che vanno in pensione) ma anche a quella dei fedeli praticanti. Non si sta parlando dell’erosione di fede, ma dell’“istituzione Chiesa”: la fede può germinare nell’intimità ed essere vissuta su parametri diversi ed individuali, Chiesa o non Chiesa.
In questo contesto, l’insegnamento sulla morale e la vita solitamente affidato alla Chiesa è giudicato “utile” dal 50% degli intervistati dalla nuova indagine, anche se poi “ciascuno deve regolarsi secondo coscienza”. Tra i non praticanti emerge l’indifferenza (18%) e la critica di chi ritiene gli interventi della Chiesa sulla morale impropri (27%) o addirittura negativi (13%).
“Il problema della Chiesa – ha detto recentemente il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme – non è la rilevanza, ma avere qualcosa da dire. Non è scontato, in una situazione così polarizzata, aprire prospettive che non chiudano, costruire fiducia. C’è un profondo senso di sfiducia che penetra la vita sociale a tutti i livelli. Oggi il problema non è come insegnare la fede, ma come comunicarla, trasmetterla, donarla. In passato erano le famiglie che trasmettevano la fede, la Chiesa metteva ordine. Oggi le famiglie non la trasmettono più e ci illudiamo che con la catechesi risolviamo il problema. Bisogna essere capaci di fare la differenza, in queste società dove tutti devono essere uniformati”.
Tanto uniformati da abdicare il proprio pensiero, forte o debole che sia, agli eccessi dei social, che basano la loro pervasività sul comunicare più scorretto. Una passività dove l’etica lascia il posto all’emotività, per finire in un frullatore dove a trionfare alla fine è solo l’indifferenza.
La scarsa fiducia nella Chiesa non è, dunque, un caso isolato. Oggi la fiducia è merce sempre più rara in ogni dove, nella politica, nell’informazione, nella sanità, nel welfare, nell’economia e via dicendo. E sprofondati nel mezzo di guerre assurde e di crisi sociali generalizzate, anche la fiducia nell’altro è ai minimi, senza più le basi date dalla condivisione di affinità o di garanzie morali. Per finire con la devastante poca fiducia in sé stessi, che porta alla madre di tutte le crisi: un male di vivere che sta segnando quest’epoca di disillusione.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.