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Home » Economia e Finanza » FINANZA E POLITICA/ La bolla della spesa corrente e i rischi della “profezia” di Freud

  • Economia e Finanza

FINANZA E POLITICA/ La bolla della spesa corrente e i rischi della “profezia” di Freud

Fabrizio Pezzani
Pubblicato 3 Maggio 2025
Palazzo Chigi (Ansa)

Palazzo Chigi (Ansa)

Esplodono spese correnti e debito pubblico. Ma nessuno si assume la responsabilità di tagliare perché si scatenerebbero malcontenti fuori controllo

È utile osservare la dinamica della spesa pubblica e come si è andata formando nel tempo, specie nel nuovo secolo. La sua componente di parte corrente è diventata una bolla di difficile compressione, a causa dell’uso spesso disinvolto e da parte della politica, che l’ha usata per raccogliere consenso in modo crescente.


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Come si può osservare nel seguente grafico, la dinamica della spesa al lordo e al netto degli interessi è sempre cresciuta.

La spesa totale si è innalzata a ridosso della fine del gold exchange standard nel 1971. Inoltre la creazione del petrodollaro e del sistema Swift hanno contribuito alla creazione del dollaro come moneta globale nei Paesi occidentali, scaricando su alcuni Paesi, il nostro per primo, un’ondata inflattiva che ha contribuito alla svalutazione della lira e a dare il primo impulso alla creazione di un debito che fino ad allora era il 34% del Pil, per arrivare ad essere nei primi anni Novanta il 92%. Da quel momento non ci siamo più ripresi.


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La crescita della spesa pubblica ha rallentato nei primi anni del nuovo secolo, ma gli interessi sul debito hanno cominciato a erodere l’avanzo primario, che è ritornato positivo solo nel 2024 dopo quattro anni di deficit. Le entrate fiscali sono cresciute negli anni Ottanta grazie alla crescita della spesa corrente e alla svalutazione della lira, che ha facilitato le esportazioni per la sua debolezza.

Il ruolo della spesa corrente ha alimentato il sistema di welfare e ha contribuito alla crescita dei consumi, salvo poi stabilizzarsi nel nuovo secolo. Il volume del debito pubblico poi è cresciuto a seguito della pandemia del covid e contemporaneamente il blocco delle attività produttive ha ridotto il volume delle entrate fiscali.


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Il vero problema del debito pubblico è rappresentato dalla bolla della spesa corrente che rappresenta l’84% della spesa totale al netto degli interessi: la spesa totale al netto degli interessi nel 2024 è stata di 1.023,2 miliardi di euro, mentre la spesa corrente è stata di 859,32 miliardi di euro e mostra con evidenza come si sta formando una bolla di difficile riduzione.

La spesa totale al netto degli interessi rappresenta il 46,7% del Pil mentre la spesa corrente, come detto, rappresenta l’84% della spesa totale e la spesa per investimenti arriva al 16% del Pil, mostrando la mancata attenzione alla manutenzione degli investimenti e alle strutture pubbliche, con tutti i danni ambientali che vediamo di continuo.

L’uso della spesa corrente è il frutto della finanziarizzazione dell’economia reale che ha colpito in primis gli Usa (che sono arrivati a un debito non più controllabile di 37mila miliardi di dollari) e sta minando la ripresa del Paese, alla disperata ricerca di ridurre le spese e di aumentare le entrate fiscali con l’introduzione di dazi che peggiorano l’andamento dei consumi e la stabilità sociale.

Tutti i Paesi occidentali illusi dalla finanza si sono esposti a una crescita del debito pubblico che ha finito per drogare la crescita e indebolire i sistemi di welfare; il budget di riduzione della spesa pubblica negli Usa sembra dovere toccare i 9mila miliardi di dollari, come emerge dai primi documenti non ufficiali dell’istituzione del Doge guidato da Elon Musk.

L’andamento della spesa corrente e la mancanza di spesa per investimenti sono il frutto di una politica debole che nel tempo è andata peggiorando. La politica ha usato la spesa corrente per creare un consenso, ma ora la spesa corrente è diventata una bolla che rischia di esplodere in conflitti sociali, perché ha favorito il diffondersi di modelli di vita e di consumo che non sono più replicabili; quindi la sua riduzione rischia di essere una bolla sociale esplosiva.

I BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), unitamente ai nuovi Paesi aggregati, rappresentano il 46% della popolazione globale e intendono promuovere un sistema di scambi antagonista al dollaro, con un processo già avviato di dedollarizzazione. A oggi il loro Pil è superiore a quello del G7. L’unione di questi Paesi è la manifestazione più evidente di come gli equilibri geopolitici stiano cambiando a nostro sfavore.

La corsa ad aggiudicarsi anche una piccola parte delle risorse ha favorito il formarsi di un potere della burocrazia non più sottoposto a controllo, che diventa imperante in mancanza di chiare aree di responsabilità e di fatto gestisce la cosa pubblica.

Infine l’aggravante che rende questa bolla esplosiva è la mancanza di responsabilità nella gestione della spesa corrente, a cui nessuno vuole rinunciare. Lo si vede nella difficile composizione della manovra di bilancio, in cui ognuno vuole un pezzo di risorse per accontentare i portatori passivi del consenso, tanto che l’approvazione richiede mesi di preparazione e dispute per le assegnazioni di risorse, mente l’approvazione del consuntivo, che diventerebbe cruciale per capire gli sbagli ed evidenziare le responsabilità, si conclude in pochi giorni.

Questa dinamica sottopone i Paesi occidentali ad una crisi irreversibile delle loro istituzioni, per il totale scollamento tra l’esercizio del potere e le correlate responsabilità. Le conseguenze possono essere nefaste e socialmente distruttive per la collettività. È del tutto evidente che non possiamo vivere e prosperare in una società in cui il potere è separato dalle correlate responsabilità.

Come ricordava Sigmund Freud, “se una civiltà non ha superato lo stadio in cui il soddisfare un certo numero dei suoi partecipi ha come presupposto l’oppressione di altri suoi partecipi, forse della maggioranza, è comprensibile che gli oppressi sviluppino un’intensa ostilità contro la civiltà da essi consentita con il loro lavoro, ma dei cui beni ricevono una parte insufficiente (…). È inutile aggiungere che una civiltà che lascia insoddisfatti un così gran numero dei suoi partecipi e li spinge alla rivolta non ha prospettive, né merita, di durare a lungo” (L’avvenire di un ‘illusione, 1927).

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Tags: PIL

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