La Francia si è trovata recentemente a celebrare il 50esimo anniversario della legge Veil che ha aperto le porta all’aborto rendendolo una pratica del tutto legale richiedibile – all’epoca dell’introduzione, nel 1975 – come ultima soluzione in casi particolarmente delicati: da quella prima visione che portò all’approvazione della legge le cose sono diametralmente cambiante, al punto che ormai da diversi anni si assiste ad un vero e proprio boom di aborti in Francia reso ancora più ‘semplice’ dalla volontà di Macron di inscrivere il diritto all’interno della Costituzione francese; il tutto – e ci torneremo tra un attimo – accantonando quelle necessarie riflessioni in merito ad una pratica che mai si rivela banale o semplice anche – se non soprattutto – per le donne coinvolte.
Partendo dal citato boom di aborti in Francia, secondo dei dati riportati nella giornata di oggi dal quotidiano Avvenire nel 2023 (ultimo anno di cui si hanno dati certi) si sono registrate esattamente 234mila e 623 interruzioni volontarie di gravidanza: un dato di per sé poco significativo ma che può essere anche visto come un terzo delle 678mila nascite che si sono registrate lo stesso anno; oppure comparandolo ai dati degli anni precedenti che ci parlavamo di 234mila e 224mila interruzioni – rispettivamente – nel 2023 e nel 2022; ma anche – forse ancor più significativamente – come un tasso di 16,8 aborti ogni mille donne fertili (in Italia sono 5,4).
Le associazioni pro-vita in Francia chiedono di non banalizzare l’aborto: “È una pratica di per sé pericolosa”
Insomma, è innegabile che in Francia l’aborto sia diventato una sorta di consuetudine resa – dicevamo già prima – ancor più solida dalla scelta di inscriverla in Costituzione: dati che ovviamente non vengono ben digeriti dalle francesi associazioni pro-vita che più che limitarsi ad una semplice opposizione al diritto stanno cercando anche di stimolare una più profonda riflessione sulla (a loro avviso negativa) banalizzazione della pratica abortiva.
È il caso dell’associazione Alliance Vita che tramite la sua vice-delegata Caroline Roux ha ricordato come l’aborto sia l’unica eccezione nota al principio della “priorità della prevenzione nelle politiche sanitarie”, al punto che sembra ormai “vietata ogni valutazione sulle sue cause o sulle sue conseguenze” in una generale mancanza di volontà “di proteggere le donne da questo iter” che per la sua stessa natura – dato che “ci sono in gioco delle vite”, sia del feto che della madre che lo porta in grembo – “non può essere banale“.
Dal conto suo invece, l’ideatore della Marcia della Vita Nicolas Tardy-Joubert si è voluto ricollegare alle statistiche che dicono che buona parte degli aborti sono collegati alla condizione economiche delle madri, proponendo un nuovo ragionamento parallelo in merito a nuove “politiche familiari per combattere la precarietà e accompagnare tutti i genitori affinché l’Ivg non sia mai una scelta realizzata per ragioni economiche”.