Dopo 695 giorni di guerra l'IDF sta di nuovo occupando Gaza per eliminare Hamas. Ma finora è Israele ha ottenuto solo la morte di 45mila palestinesi
La guerra dura da 695 giorni, e forse non si è ancora visto in pieno di cosa è capace. L’annientamento della terra e del popolo palestinese restituisce l’impressione di una vendetta andata oltre ogni limite, una ferocia scatenata dall’oltraggio del 7 Ottobre, con i terroristi di Hamas che sterminarono in un colpo solo 1200 israeliani.
Una vendetta pianificata per regalare finalmente quella sicurezza che il popolo israeliano ha da sempre cercato e per la quale ha da sempre combattuto.
Ma la trasformazione della Striscia di Gaza in un deposito di materiale di risulta, in un cimitero diffuso e nella desolazione dei superstiti che vagano tra le macerie denutriti e malati va al di là di ogni logica di guerra. E si iscrive a quella più assurdamente politica, soggiacente agli impulsi della destra messianica, quella che sostiene i neocoloni e che alla fine è l’unico puntello che tiene ancora in vita il governo del premier Netanyahu, mentre le opposizioni scalpitano sulla scia delle proteste della società civile.
Adesso le forze armate di Tel Aviv (IDF) hanno iniziato la fase più dura dell’operazione Carri di Gedeone, spingendo i tank entro i confini di Gaza City, dichiarata – se ce ne fosse stato bisogno – zona di guerra e costringendo migliaia di abitanti in fuga verso zone più sicure. Che di fatto non esistono, tranne certi campi rifugio fatti di tende improvvisate sul litorale.
L’IDF ha anche annullato le “pause umanitarie” giornaliere di 10 ore a Gaza City. Per contro Hamas ha detto che la conquista israeliana della città di Gaza si tradurrà in un disastro per la sua leadership politica e militare e che pubblicherà il nome e l’immagine di ogni ostaggio ucciso a seguito degli attacchi israeliani, nonché la prova della loro morte.
Il tutto mentre l’IDF ha recuperato da Gaza il corpo di Ilan Weiss, assassinato durante l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023. Weiss, 56 anni, era a capo della squadra di sicurezza del Kibbutz Be’eri. Era considerato disperso fino al gennaio 2024. Anche la moglie e la figlia di Ilan, Shiri e Noga, erano state rapite da Hamas ma rilasciate nel novembre 2023, grazie ad un accordo sugli ostaggi.

“Ma cosa potrebbero ottenere le forze di difesa israeliane questa volta a Gaza City che non sono riuscite a raggiungere le sei volte precedenti, in cui la 36a, 99a, 252a, 126a e 98a divisione hanno combattuto qui?” si chiede da Gaza l’analista Yaniv Kubovich.
In effetti, sembra che ogni unità in servizio a Gaza negli ultimi due anni abbia preso parte alla presunta sconfitta del battaglione Zeitoun di Hamas. Ma durante le precedenti operazioni, l’esercito aveva detto che, anche se aveva attaccato i terroristi e le infrastrutture sia sopra che sotto terra, non l’aveva fatto a fondo.
Durante tutta la guerra, però, alti funzionari della difesa e del governo hanno detto ai giornalisti che il battaglione Zeitoun era stato sconfitto e aveva cessato di funzionare come unità militare. Ora, invece, dicono che forse sono stati troppo “veloci” a fare quell’affermazione. Attualmente, dice l’esercito, il battaglione è pronto per il combattimento e ha circa 400 miliziani, ma sta mostrando “esagerata fiducia in sé” sull’imminente lotta con l’IDF. I combattenti del battaglione sono andati sottoterra o sono fuggiti più in profondità nella città di Gaza per prepararsi all’ingresso dell’IDF, ha detto l’esercito.
Nel frattempo, i soldati di Tel Aviv hanno a che fare principalmente con edifici con trappole esplosive e bombe lungo la strada. Zeitoun, quartiere a est di Gaza City, evacuato dai suoi residenti, ha per lo più edifici fino a cinque piani, e il 70 per cento di questi sarebbero – secondo l’IDF – trappole esplosive.
Oggi, dieci mesi dopo l’ultima operazione israeliana a Gaza City, si scopre che Hamas è riuscito a riabilitare il battaglione. Il compito dei soldati israeliani ora, stando alle direttive del comandante di brigata, è quello di fare a Zeitoun ciò che l’IDF ha fatto al quartiere di Shujaiyeh e alla città di Beit Hanoun, cioè cancellarlo, sia sopra che sotto terra. “I tunnel hanno permesso a Hamas di sopravvivere alla guerra – ha spiegato un ufficiale, come riportato da Haaretz – ma questa volta distruggeremo il battaglione Zeitoun”.
La guerra, dunque, si inasprisce e, come si diceva, il peggio ancora non è stato raggiunto e superato, nella sostanziale inerzia del mondo, occidentale ma anche arabo. Si moltiplicano solo le iniziative pseudo-diplomatiche, come quella del ministro degli Esteri turco, Hakan Fidan, che ha annunciato che Ankara taglierà i legami economici con Israele e chiuderà il suo spazio aereo agli aerei israeliani.
O quella dei ministri degli Esteri di Spagna, Irlanda, Norvegia, Slovenia, Islanda e Lussemburgo che hanno condannando “fortemente” il piano di Israele di conquistare Gaza City. Tutti possono immaginare i brividi causati a Netanyahu…
Nel frattempo, in vista dell’assemblea generale delle Nazioni Unite prevista per settembre, quando diversi Paesi hanno già annunciato che riconosceranno uno Stato palestinese (ma a questo punto è lecito chiedersi: quale? Dove?), il Dipartimento di Stato Usa ha già negato e revocato i visti a membri e funzionari dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina e dell’Autorità palestinese, decisione che sembra in netto contrasto con le normative extraterritoriali che vigono al Palazzo di vetro Onu, dove il Consiglio di sicurezza ha finalmente votato all’unanimità la fine alla forza di mantenimento della pace nel Libano meridionale (UNIFIL), fissata sul 2026, dopo quasi cinque decenni di incomprensibile inutilità, basata su assurde non-regole d’ingaggio.
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