Non mancano malumori tra le fila israeliane rispetto alla decisione di occupare totalmente la striscia di Gaza
I piloti di caccia e gli operatori di droni percepiscono lo scenario di guerra in modo diverso. Un pilota non vede il bersaglio con i suoi occhi, ma attacca in base a coordinate a 14 cifre dettate dal basso, e quindi deve essere sicuro che l’intera catena di comando sopra di lui stia operando in modo professionale e senza secondi fini. Un operatore di droni vede tutto, compresi i panorami orribili dopo alcuni degli attacchi.
Secondo l’analista israeliano Amos Harel, la rabbia nell’aeronautica è iniziata dopo la ripresa della guerra, a marzo: per la prima volta i piloti riservisti e gli operatori di droni si stavano ritirando a causa dell’uccisione di civili e della messa in pericolo degli ostaggi.
Ma l’enorme numero di civili palestinesi uccisi negli attacchi aerei sta generando tensione in tutte le fila dell’IDF. Il quotidiano Yedioth Ahronoth ha riferito di un clamoroso scontro tra il capo del Comando Sud Yaniv Asor e il capo dell’aeronautica Tomer Bar, il primo furioso per la decisione di Bar di approvare gli attacchi agli obiettivi nella Striscia di Gaza.
Sullo sfondo resta la crescente frustrazione nell’aeronautica per i risultati di questi attacchi, in cui la maggior parte degli obiettivi sono persone di medio-basso livello in Hamas, molti nascosti in enclavi civili come Muwasi nel sud-ovest, o in tende e in strutture temporanee affollate di rifugiati, dove l’intelligence può ben poco ed è praticamente impossibile evitare di uccidere i civili, definiti “danni collaterali”.
Per non dire delle uccisioni nei siti di distribuzione alimentare, in gran parte risultato di sparatorie da parte di soldati o di guardie americane, clan locali e uomini armati di Hamas.
Adesso, quando l’operazione di terra riprende, per ottemperare alla decisione dell’occupazione totale di Gaza, torneranno attacchi aerei aggressivi, per proteggere la vita dei soldati. Intanto, la maggior parte degli alti funzionari della difesa collegati agli errori che hanno reso possibile il 7 Ottobre non sono più in attività.
“Il predecessore di Zamir, Herzi Halevi, e il precedente capo del servizio di sicurezza dello Shin Bet, Ronen Bar, sono stati spinti alle dimissioni – riferisce Harel – e il ministro della difesa, Yoav Gallant, è stato licenziato. Anche altri generali (Aharon Haliva, Yaron Finkelman, Oded Basyuk ed Eliezer Toledano) si sono dimessi, insieme alle persone di alto livello dell’intelligence militare e dello Shin Bet”.
In realtà, a quasi due anni dall’inizio della guerra, nessuna figura di alto livello dell’IDF ha subito alcuna misura decisamente significativa, nonostante i fallimenti che hanno portato ai massacri, e Netanyahu e i suoi ministri restano totalmente protetti.
Oggi, a quasi due anni dall’inizio del conflitto, Israele fa il punto della situazione: il 7 Ottobre Hamas uccise almeno 1.200 israeliani, ne ferì più di 3.300 e rapì oltre 250 ostaggi. A Gaza, il ministero della Salute controllato da Hamas riferisce che almeno 61.369 palestinesi sono stati uccisi. Hamas e la Jihad islamica palestinese detengono ancora 53 ostaggi, soldati e civili, vivi e morti, compresi cittadini stranieri.
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha tenuto ieri una sessione di emergenza (chiesta dal Regno Unito), misura adottata anche dall’Organizzazione della cooperazione islamica, dopo l’approvazione del gabinetto di sicurezza israeliano di un piano per impadronirsi di Gaza City, piano bocciato da numerosi Paesi, anche “amici” (Australia, Germania, Italia, Nuova Zelanda e Regno Unito), e da diversi funzionari israeliani, tra cui il ministro degli Esteri e il consigliere per la sicurezza nazionale.
Aumentano intanto le vittime ai centri di raccolta degli aiuti umanitari, che adesso piovono anche dal cielo, lanciati anche dagli aerei italiani, non senza qualche rischio. Un ragazzo palestinese di 14 anni sabato è rimasto ucciso (è la quarta vittima dei lanci) dopo che una cassa di aiuti umanitari aerei è precipitata proprio su di lui nel centro di Gaza.
Le speranze di pace non sono mai state così lontane, anche se sembra stiano proseguendo colloqui informali e sottotraccia con i mediatori di Egitto e Qatar. Ma le poche immagini della Striscia che riescono ad arrivare in Occidente stanno facendo inorridire: a 80 anni dall’ecatombe di Hiroshima, sembra di rivivere ancora quell’incubo, con un day after di macerie, miseria e morte dove le bande più spietate si ritrovano libere di derubare i sopravvissuti e depredare quelle poche case rimaste miracolosamente in piedi, nell’impossibilità dei militari di controllare minuziosamente il territorio, o più cinicamente nella loro colposa “distrazione”.
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