Una tregua prolungata, modificata rispetto all’ultima proposta presentata dai mediatori e accettata da Hamas. Secondo Al Arabiya, sarebbe questa la novità della trattativa per far tacere, almeno temporaneamente, le armi e scambiare ostaggi israeliani e prigionieri palestinesi. Anche se poi la stessa Hamas, su Telegram, avrebbe smentito il passo avanti. Nella storia dei colloqui per la tregua, d’altra parte, c’è sempre un po’ di nebbia che impedisce di vedere bene l’orizzonte: si parla anche di un ennesimo incontro al Cairo, cui parteciperebbe una delegazione di Hamas, ma la conferma si avrà solo quando i rappresentanti dell’organizzazione palestinese si saranno seduti veramente al tavolo al quale sono stati invitati.
Il condizionale, insomma, spiega Camille Eid, giornalista libanese residente in Italia, collaboratore di Avvenire, resta d’obbligo nella vicenda della guerra di Gaza, anche perché le incognite sono molte: gli israeliani determinati ad attaccare Rafah, le restrizioni per l’accesso alla Spianata delle Moschee che hanno fatto arrabbiare Hamas, la tensione sempre più alta in Cisgiordania, le soluzioni più o meno creative per fare arrivare gli aiuti alla gente che soffre la fame a Gaza. Tutte situazioni da chiarire che si scontrano con un dato che da solo racconta la tragedia: 12.300 minori palestinesi morti in quattro mesi, più che in tutti gli altri conflitti in quattro anni.
Secondo Al Arabiya, Hamas starebbe valutando una proposta di tregua modificata rispetto all’ultima prospettata. Al di là della smentita palestinese su Telegram, cosa si sa dello stato delle trattative e dei contenuti eventuali di questo nuovo piano?
Una delegazione di Hamas dovrebbe recarsi al Cairo per discutere di una proposta internazionale modificata. L’ultima proposta sul tavolo parlava di uno scambio fra 42 ostaggi israeliani e 420 palestinesi prigionieri, tra donne e minori. Quindi, una proporzione più o meno di 1 a 10. Prevedeva camion di aiuti alimentari e farmaci in entrata a Gaza in aumento, fino a 400-500 al giorno, più il carburante per far funzionare tutti gli ospedali, i panifici e le altre attività essenziali. I negoziati erano fermi perché Hamas chiedeva il cessate il fuoco definitivo e il ritorno degli sfollati, mentre Israele non rinunciava al suo obiettivo strategico principale, che è quello di far fuori completamente Hamas. Sul ritorno degli sfollati alle loro zone di residenza nella proposta americana, egiziana e qatariota, si parlava di un rientro progressivo dei palestinesi al Nord, escludendo però gli uomini dai 18 ai 50 anni, che quindi potrebbero rimanere nella parte sud della Striscia, dove sono concentrati ora. Un aspetto sul quale Israele non credo che cederà. Quali siano le eventuali modifiche da apportare a questa proposta, però, non lo sappiamo.
Tante altre volte la trattativa è sembrata sul punto di decollare, senza che poi si trovasse un punto di equilibrio: stavolta l’impressione qual è?
Almeno si sta discutendo. Certo, prima dicevano che all’intesa bisognava arrivarci prima del Ramadan, poi il mese sacro è iniziato. Intanto, i giorni passano e un giovane di 15 anni ha tentato un’aggressione a un checkpoint in Cisgiordania, prima ancora è stato ucciso un ragazzo di 13 anni, sempre nella West Bank, perché aveva lanciato un petardo per festeggiare il Ramadan.
Gli elementi di tensione si accumulano, Israele ha ridotto le possibilità di accesso alla Spianata delle Moschee: una misura che certo non contribuirà a calmare gli animi. Un incidente alla moschea di Al Aqsa farebbe saltare la tregua?
Hamas ha lanciato un appello ai palestinesi della Cisgiordania per una marcia verso la moschea di Al Aqsa contro le restrizioni decise da Israele. Bisogna vedere se la gente risponderà o meno all’appello. Eventuali incidenti potrebbero far fallire le trattative per la tregua. Intanto aumenta anche il numero degli arrestati in Cisgiordania dal 7 ottobre, sono diventati 7.565.
Nelle ultime dichiarazioni, Biden e Netanyahu paiono ancora più ai ferri corti; l’intelligence americana ha fatto trapelare che il premier israeliano è sempre meno sostenuto nel governo e nel Paese, tanto da far filtrare una possibile risposta senza precedenti a un attacco dell’IDF a Rafah. È cambiato qualcosa tra USA e Israele?
Ogni giorno Biden fa una dichiarazione manifestando la sua contrarietà alla gestione della guerra da parte di Netanyahu. Times of Israel dice che l’amministrazione americana è veramente seccata, però il presidente americano continua a sostenere anche che gli USA non abbandoneranno Israele. Insomma: si contraddice. Gli Stati Uniti lanciano dal cielo aiuti con 38mila pasti per i palestinesi affamati ma poi mandano le armi: alla fine è una presa in giro.
Gli USA hanno proposto una piattaforma in mare, una sorta di porto dal quale far arrivare gli aiuti. Non basta per confermare le loro buone intenzioni nei confronti degli sfollati?
Siamo alla totale assurdità. Gli alleati più stretti degli israeliani devono portare aiuti dal cielo e dal mare quando basta una telefonata per chiedere a Netanyahu di aprire un valico. Perché complicare le cose? A meno che quel porto sia la premessa per altri interessi, quelli relativi al gas al largo di Gaza. Gli americani hanno detto che ci vogliono mille soldati per garantire il passaggio dei viveri e del resto da Cipro a Gaza, come previsto nel piano. Ripeto: non capisco il motivo di queste complicazioni, ci sono migliaia di camion che sono pronti a entrare nella Striscia. Sentivo alla BBC che secondo la UE, Israele sta usando la fame come arma. E allora, perché pensare a soluzioni fuori dalla logica quando la gente continua a morire? Siamo a 12.300 bambini morti in quattro mesi, a detta delle ONG, è una cifra che supera quella di tutti i bambini morti nei conflitti degli ultimi quattro anni.
Sul fronte palestinese, invece, le cose come vanno?
Al Jazeera, citando il Canale 14 israeliano, ha riferito di un incontro fra il capo dell’intelligence di Abu Mazen, Majid Faraj (che sarebbe anche uno dei possibili successori del leader attuale dell’ANP), e il capo del Consiglio di sicurezza nazionale di Israele, Tzachi Hanegbi, per costituire a Gaza una forza militare rivale di Hamas, ricorrendo alle famiglie che non sono in buoni rapporti con Hamas. Avrebbe il compito di gestire gli aiuti a Gaza.
Tornando alla tregua, la trattativa, nonostante questi asseriti passi avanti, è ancora lontana dal concludersi?
Per me si andrà avanti ancora a trattare. Credo che Israele voglia entrare comunque a Rafah, non so quando. Benny Gantz ha detto che bisogna prorogare la durata di servizio dei soldati regolari. Per fare cosa, attaccare in Libano o a Rafah? Vuol dire comunque che non è ancora finita, che siamo lontani dal dire che si è arrivati a una tregua. Sostenere che c’è stata una svolta nei colloqui sulla tregua è prematuro. Dipenderà anche da quello che succederà durante il Ramadan e in Cisgiordania.
(Paolo Rossetti)
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