Secondo un recente rapporto, Hamas avrebbe utilizzato gli stupri come arma durante gli attacchi a Israele: ci sarebbero almeno 20 testimonianze dirette

Secondo un rapporto redatto dall’associazione chiamata Dinah Project nelle prime, caldissime, fasi del conflitto contro Israele, i miliziani di Hamas avrebbero usato gli stupri, gli abusi sessuali e le violenze come una vera e propria arma al fine di mettere in atto quella che l’associazione chiama “deliberata strategia genocida“: a testimoniarlo sarebbero i racconti diretti e indiretti fatti dalle stesse vittime e dagli ostaggi che sono riusciti a tornare in Israele, sia – nella maggioranza – donne, che uomini.



Prima di entrare nel merito dei pareri raccolti dal Dinah Project, è utile ricordare che buona parte delle atrocità commesse da Hamas risalirebbero ai giorni tra il 7 ottobre e il successivo intervento di Israele nella Striscia di Gaza: proprio in quel periodo è stato lanciato l’attacco su larga scala da parte dei miliziani palestinesi nel corso del quale sono stati uccisi complessivamente 1.200 israeliani e ne sono stati rapiti altri 251, in larga parte morti durante la detenzione a Gaza.



Israele: marcia per la liberazione degli ostaggi di Hamas (Foto: ANSA-EPA/ABIR SULTAN)

Già in occasione degli attacchi del 7 ottobre c’erano stati alcuni racconti da parte dei sopravvissuti e dei testimoni di abusi e stupi commessi da Hamas e nel marzo dello scorso anno anche l’ONU aveva pubblicato un rapporto sul tema nel quale si faceva riferimento all’esistenza di “ragionevoli motivi” per ritenere che i miliziani palestinesi avessero violentato – talvolta anche in gruppo -, stuprato e sessualmente torturato le loro vittime.

Similmente, sempre nei momenti più caldi del conflitto e dopo le prime voci sugli abusi sessuali, anche la Corte penale internazionale si era espressa muovendo contro tre dei leader di Hamas – oggi tutti morti sotto i colpi israeliani durante il lungo conflitto – le accuse di stupro e violenza sessuale, oltre che ovviamente di omicidio, sterminio e tortura e non va dimenticato che moltissime delle vittime sono state messe a tacere per sempre.



Il rapporto del Dinah Project sugli stupri commessi da Hamas: “Almeno 20 testimonianze dirette di 18 abusi differenti”

Tornando a noi, in questi mesi il Dinah Project – un’associazione israeliana composta esclusivamente da donne, in larghissima parte giuriste, nato proprio al fine di chiedere giustizia per gli abusi sessuali compiuti durante la guerra a Gaza – ha avuto modo di parlare con 15 ex ostaggi e una sopravvissuta del 7 ottobre; oltre ad aver raccolto dati dai social, dalle testimonianze rilasciate a giornali e media dalle vittime e dai dati forensi nei luoghi degli attacchi compiuti da Hamas.

La conclusione delle giuriste è chiara e inequivocabile, parlando di evidenti prove che “Hamas abbia utilizzato la violenza sessuale come arma tattica e come parte di un piano genocida, con l’obiettivo di terrorizzare e disumanizzare la società israeliana”, suggerendo alla comunità giuridica costituita di lavorare a “percorso di giustizia per le vittime” che possa tornare utile alle vittime di “altre zone di conflitto”, specialmente quando mancano prove concrete su nomi e cognomi dei responsabili.

Nel dettaglio, nel rapporto citato dalla BBC si fa riferimento a cinque testimonianze dirette di almeno quattro differenti stupri di gruppo compiuti da Hamas, ad altre sette su otto differenti diversi casi di stupri singoli o aggressioni sessuali, a cinque che hanno parlato di altri tre casi di aggressione e a tre altri testimoni che hanno parlato di altrettanti casi di mutilazione; il tutto compiuto soprattutto al festival musicale Nova, nella base militare di Nahal Oz, sulla strada chiamata “Route 232” e durante la prigionia a Gaza.

Al contempo, tra i testimoni degli stupri di Hamas ci sarebbero anche 27 diversi soccorritori israeliani che hanno parlato di “chiari segni di violenza sessuale in sei località” – tra i festival musicale, la Route 232 e quattro differenti kibbutz attaccati il 7 ottobre -; mentre nel rapporto si chiarisce anche che i numeri reali sono ampiamente sottostimati perché buona parte delle vittime sono state uccise da Hamas e un’altra consistente parte sarebbe “troppo traumatizzata per parlare”.