Cosa succede a Gaza dopo le violazioni di Hamas e le repliche di Israele: la "sicurezza" e le "leggi" nella Striscia, l'ostilità islamista alla pace
IL “DOPPIO GIOCO” DI HAMAS E IL RISCHIO DI ROMPERE LA TREGUA: COSA SUCCEDE A GAZA
Hamas ha compiuto una doppia smentita dopo la mattinata di tensione altissima nella Striscia di Gaza e presso Rafah: «nessun attacco al Valico, nessuna azione contro i palestinesi e pieno impegno sulla tregua». Il problema è che solo poche ore prima, secondo quanto emerso sia da fonti israeliane sia americane che arabe, in poche ore la sigla terroristica palestinese è “riuscita nell’impresa” di attaccare prima i civili di Gaza dissidenti, poi l’IDF, il tutto poi smentendo e dando le colpe allo Stato di Israele.
La tensione insomma rischia di far saltare l’accordo di pace siglato appena la scorsa settimana e che ha prodotto, sebbene a fatica, la riconsegna degli ostaggi vivi e la (lenta) consegna dei corpi israeliani morti in prigionia sotto la stessa Hamas: il metodo in Medio Oriente resta quello del caos, dove tutti accusano tutti e dove riesce difficile far emergere la verità dei fatti. Quanto però visto in settimana con le esecuzioni per le strade di Gaza City di palestinesi, o con gli spari sui convogli dell’esercito ebraico al Valico di Rafah, così come la mancata promessa di riconsegnare subito tutti gli ostaggi morti ammazzati.
Mentre il Governo Netanyahu deciderà nelle prossime ore quali decisioni prendere per eventualmente rispondere ulteriormente agli attacchi di Hamas, dagli Stati Uniti l’amministrazione Trump in costante contatto con i Paesi Arabi cerca di anticipare eventuali nuove violazioni della tregua e avvisa che qualora la situazione non dovesse migliorare «saranno prese misure per proteggere la gente di Gaza e preservare l’integrità del cessate il fuoco».
LE ESECUZIONI, LE “LEGGI CHIARE” E LA “SICUREZZA” A GAZA: IL METODO HAMAS CHE INCENDIA IL MEDIO ORIENTE
Alle pressioni americane, seguite da quelle di Egitto e Qatar, Hamas ha replicato gettando la colpa addosso a Israele e sottolineando come le azioni di questi ultimi giorni sono volte a mantenere «la sicurezza a Gaza», in pieno rispetto di «leggi chiare» che valgono all’interno della Striscia.
Sono parole particolari e tutt’altro che “pacifiche” nel contesto in cui vengono dette: il comunicato di Hamas è in qualche modo un doppio “azzardo” di difendere la propria posizione, scongiurando la violazione della tregua (che però nei fatti è avvenuta, ndr) e ribadire che la presenza tra le vie di Gaza City ad oggi è essenziale per ristabilire la «piena sicurezza» della zona. È un sostanziale rifiuto al disarmo dopo che invece proprio questo punto è al centro della seconda parte di attuazione del Piano Trump.
Sono in atto da giorni scontri tra i vari gruppi palestinesi, come vi abbiamo già documentato in questo focus: le esecuzioni in piena regola nella Striscia, sotto la coltre dell’accusa di essere “ribelli filo-Israele”, trasmettono il messaggio di Hamas di non voler accettare una cacciata da Gaza, oltre che una continua vendetta contro chi viene considerato un “dissidente” dalla sharia islamista anti-Stato Ebraico.
Gli scontri a Rafah, la ripresa delle ostilità e il ritardo nella consegna degli ostaggi – così come la vicinanza degli Houthi in Yemen che tiene sotto scacco aiuti e forze ONU – sta mettendo a serio rischio la tregua generale, con la lotta intestina tra le fazioni palestinesi che riflettono il tentativo di Hamas non solo di rimanere “centrale” a Gaza ma di non voler ammettere un futuro alla popolazione civile stremata da anni di regime e 48 mesi di attacchi giornalieri delle forze militari israeliane.