Harvard non rientra tra le università USA con i punteggi migliori sulla libertà di parola: su 250 atenei, solamente 40 sarebbero virtuosi per il dibattito
Si stringe sempre di più la maglia che, da diversi mesi a questa parte – soprattutto dopo l’arrivo alla Casa Bianca di Donald Trump –, cinge la vita della prestigiosa università di Harvard, al centro di una dura lotta contro l’amministrazione USA incentrata sul tema della libertà di parola: l’ultima novità arriva dalla classifica College Free Speech Rankings, redatta dagli istituti FIRE e College Pulse, che ha preso in esame l’opinione di 58 mila studenti universitari sulla libertà di parola percepita nei loro rispettivi campus, scoprendo che sono pochissime le università in grado di garantirla; con un elenco dal quale, ovviamente, è esclusa Harvard, ma anche la totalità degli atenei della cosiddetta “Ivy League”.
Facendo prima di tutto un passo indietro, è utile ricordare che, secondo le accuse mosse da Trump, l’università di Harvard, negli ultimi anni – almeno dallo scoppio della guerra tra Israele e Hamas –, non avrebbe fatto abbastanza per frenare il dilagare dell’antisemitismo nel campus, peccando nel tutelare la pluralità di opinioni (e la libertà di esprimerle) degli studenti: dal canto suo, il tycoon ha intimato ad Harvard di adottare misure in merito entro l’agosto di quest’anno, minacciando di bloccare i fondi governativi e di impedire l’accesso agli studenti stranieri.
Dopo un’iniziale ferma negazione da parte dei vertici di Harvard – con il rettore Alan Garder davanti a tutti gli altri – e uno scontro che è arrivato fino ai banchi dei tribunali USA, lo stesso rettore, dopo la pubblicazione di una poco lusinghiera indagine interna indipendente che aveva confermato i problemi (percepiti dagli studenti delle minoranze etniche), si era scusato, precisando che avrebbe fatto il possibile per impedire al “bigottismo” di fare da padrone all’interno del suo campus; confermando, in un certo senso, le accuse di Trump sull’antisemitismo.
La classifica sulla libertà di parola nelle università USA: Harvard e l’Ivy League escluse dai vertici
Tornando al presente, dopo la decisione di Trump di confermare il blocco del rilascio dei visti universitari per gli stranieri che vogliono studiare ad Harvard (con un minacciato controllo dei loro profili social come discriminante per l’accesso) e l’accoglienza promessa pubblicamente dal rettore Garder, è stato pubblicato il report al quale facevamo riferimento nell’apertura di questo articolo, che sembra utile a confermare ancora una volta la veridicità delle parole e delle accuse del presidente USA.
Nel dettaglio, secondo le indagini condotte dai due istituti, su 250 università attualmente presenti sul territorio statunitense, solamente 40 hanno ottenuto buoni punteggi dal punto di vista delle garanzie alla libertà di parola: Harvard e il resto della Ivy League non sarebbero incluse tra queste 40, e i temi più compromettenti per il dibattito tra studenti – ha spiegato il docente milanese Luigi Curini a ItaliaOggi – sarebbero soprattutto quelli legati ai temi “culturali, vicini alle istanze progressiste”, con “il conflitto israelo-palestinese” che ha preso progressivamente piede “dall’anno scorso”, raggiungendo il primo posto della classifica.