È interessante analizzare i dati contenuti una ricerca Legacoop-Prometeia sulla sovraqualificazione dei nuovi lavoratori

I dati del mercato del lavoro riferiti al mese di maggio ci confermano che prosegue la crescita dell’occupazione. La leggera inversione di aprile viene recuperata e prosegue il trend positivo. Chi ha avuto la bella idea di tenere lo sguardo fisso sul passato e pronosticava un post-Covid di licenziamenti e precarietà e ha addirittura promosso un referendum per invertire la tendenza si trova a convivere con una crescita occupazionale costante fatta di un più ampio numero di contratti a tempo indeterminato e, nell’ultimo mese, con un aumento dei lavoratori autonomi. Ovviamente chi lavora e sa come vanno le cose ha disertato il referendum.



Però come molti indicatori ci dicono non siamo nel migliore dei mercati del lavoro possibili. La crescita occupazionale se proseguirà ci porta a prevedere una crescita del Pil allo 0,6% e tanto basta al Governo per confermare una politica di immobilismo su scelte industriali e servizi al lavoro.

I problemi strutturali del nostro sistema economico restano alla base di una crescita quantitativa, ma non risolvono le carenze qualitative che ci portiamo dietro. Le questioni legate alle tre G (giovani, genere e geografia) restano e addirittura si ampliano data l’assenza completa di interventi correttivi. Si sta profilando di nuovo un forte dualismo fra chi è dentro al mercato del lavoro e chi è fuori e si trova davanti a ostacoli sempre maggiori per entrare.



Gli ultimi dati della crescita occupazionale ci dicono ancora una volta che cresce il numero dei lavoratori con oltre 50 anni, mentre per le generazioni più giovani cresce il tasso di disoccupazione. Sotto i 25 anni siamo tornati a una disoccupazione superiore al 20%. E di conseguenza all’interno dei più penalizzati pesa la componente femminile e la situazione è peggiore nelle regioni del Sud.

Spesso si riporta la causa del problema al mismatching che caratterizza il nostro sistema. Le rilevazioni Excelsior ci confermano a ogni scadenza che crescono le difficoltà delle aziende a trovare personale con le competenze richieste. Sarebbe questa situazione a spingerle a stabilizzare contrattualmente in modo maggiore rispetto ad altri periodi i propri dipendenti e a trattenere anche i più anziani



Poche sono le analisi che prendono in considerazione il mismatching dal punto di vista dei lavoratori. In qualche caso viene fatto con lo sguardo concentrato sui salari bassi. Ciò porterebbe molti a rifiutare occasioni di lavoro per cercare altre opportunità meglio pagate. Una politica di sussidi inadeguata, bonus non verificati e lavoro nero, oltre al sostegno famigliare per i più giovani, sono le cause più citate.

La ricerca promossa da Legacoop-Prometeia ha invece messo a fuoco il mismatching esistente fra gli investimenti in formazione e il sotto inquadramento che avviene nella realtà economica.

I dati che sono stati presentati sfatano un po’ la narrazione di un Paese dove si investe poco in formazione, almeno per scelta personale. Nel decennio fra il 2011 e il 2022 un lavoratore italiano che aveva mediamente 11,3 anni di studi nel suo background formativo aveva nel 2022 12,6 anni di preparazione. L’anno e tre mesi in più di media è stato ottenuto anche per il forte recupero fatto da lavoratori della fascia di età 35-44 anni che hanno recuperato sui più giovani.

A questo investimento di qualificazione maggiore da parte dei lavoratori ha corrisposto un sistema economico che non è cresciuto in investimento per sfruttare le maggiori competenze. Infatti, i lavoratori sovraqualificati, o visti dall’altra parte sottoinquadrati, sono passati dal 7,8% del 2011 al 12,7% dieci anni dopo.

Facendo la media del pollo, i nuovi lavoratori arrivano a essere assunti con 8 mesi di formazione di troppo. È come dire che dal punto di vista del nostro sistema produttivo potremmo tagliare un anno scolastico dal percorso educativo standard.

L’effetto di questo mismatching si riflette però anche sui salari. La sovraqualificazione comporta che per una parte dell’investimento formativo fatto il riconoscimento economico sia parziale, ossia che parte del lavoro è pagato al 67% di quanto sarebbe equo. Di nuovo abbiamo anche in questo caso che i più penalizzati sono i giovani e le donne. La sovraqualificazione di chi arriva ventenne al mercato del lavoro è superiore per 8 punti percentuali a quella dei sessantenni. A parità di qualificazione e con lo stesso impiego le donne rischiano di avere un divario del 12% rispetto ai colleghi maschi. Il divario cresce di 10 punti se la donna è sovraqualificata.

I settori che secondo i dati Excelsior hanno maggiori difficoltà nel reclutamento emergono dalla ricerca come quelli che hanno maggiori difficoltà a valorizzare i livelli di istruzione dei nuovi lavoratori.

>Questa condizione richiede interventi di sistema perché lo spreco delle competenze dei giovani lo paghiamo in termini di produttività e competitività del sistema. Aggiungiamo quindi alle rilevazioni che ci dicono come è cambiato l’atteggiamento e la disponibilità dei giovani verso il lavoro che buona parte della frustrazione viene dalla delusione dei primi approcci con il lavoro dove si vede frustrato l’impegno e anche il sacrificio messo per avere il massimo delle competenze formative.

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