Ieri Istat ha diffuso i dati sul mercato del lavoro relativi al secondo trimestre dell'anno, che contengono indicazioni interessanti
Il rapporto sull’occupazione di Istat relativo al secondo trimestre dell’anno consente di fare il punto sull’andamento del mercato del lavoro tenendo conto di un numero maggiore di variabili rispetto al numero degli occupati e disoccupati rilevati mensilmente.
Partiamo dalla domanda di lavoro delle imprese. Nel secondo trimestre 2025 la dinamica resta positiva ma rallentata: l’aumento delle posizioni lavorative (i contratti) nell’industria è dello 0,2% rispetto al trimestre precedente, nei servizi privati la crescita congiunturale è dello 0,4%.
Se guardiamo alle ore effettivamente lavorate su base congiunturale la diminuzione è dello 0,6% nell’industria compensata da un aumento della stessa misura nei servizi; su base annua cresce sia nell’industria (+0,3%), sia nei servizi (+1,4%). Le ore lavorate per dipendente diminuiscono in entrambi i settori: cresciamo di numero, ma lavoriamo tutti un poco meno.
Un fenomeno da osservare attentamente è quello delle posizioni intermittenti, contratti che consentono chiamate al lavoro saltuarie. Crescono dell’1,9% rispetto al trimestre precedente, soprattutto nel settore dei servizi sociali e personali (+6,7%). Su base annua l’aumento e del 6,1%, e riguarda trasporti e magazzinaggio, informazione e comunicazione, attività finanziarie assicurative e immobiliari in cui la crescita è del 12,3%. Dunque non solo lavori “semplici” o a bassa qualificazione, ma anche altre aree del terziario urbano.
Quanto si lavora effettivamente con questi contratti? Istat riporta 24,6 unità equivalenti a tempo pieno ogni 100 posizioni intermittenti o, se preferite, un quarto del tempo.
Se guardiamo ai salari, la dinamica delle retribuzioni contrattuali di cassa per dipendente sono cresciute del 4,1% in un anno, più che nel trimestre precedente (+3,4%). Le retribuzioni crescono del 3,8% nell’industria e del 4,2% nei servizi.
Nei servizi la dinamica la crescita risente in positivo dell’andamento dei salari nell’amministrazione pubblica e difesa, assicurazione sociale (+13,5%), determinato dai miglioramenti previsti dai rinnovi contrattuali e dall’erogazione di importi una tantum e arretrati.
Se teniamo conto del costo per unità di lavoro (vale a dire per un lavoro equivalente al tempo pieno) su base annua la crescita si attesta al 3,1% nel comparto dell’industria e al 2,9% nei servizi.
La crescita delle retribuzioni è tutta dovuta ai recenti rinnovi contrattuali. I contributi sociali per unità di lavoro su base annua hanno un aumento più marcato, pari al 5,1% nell’industria e al 5% nei servizi, dovuto all’esaurimento di alcune agevolazioni contributive degli anni precedenti. Insomma, la quota contributiva pesa relativamente di più sul costo del lavoro.
I dati di miglioramento retributivo stentano comunque a recuperare la fiammata inflazionistica degli anni scorsi. In definitiva il mercato sembra stabile e riesce a far lavorare più persone retribuendole un poco meno.
La stabilità si vede anche nei dati occupazionali: Istat ricorda che il tasso di occupazione aumenta solo per gli individui di 50–64 anni (+2,0 punti) mentre rimane stabile per i 35-49enni e continua a ridursi per 15-34enni (-0,7 punti).
Il mercato del lavoro viaggia ancora sulla spinta delle riforme del decennio scorso: la riforma Fornero ha fatto crescere i senior disponibili al lavoro, assecondando una durata maggiore della vita media utile. Il Jobs Act ha dato strumenti flessibili a diversi segmenti di mercato, specialmente nei servizi. Una politica dell’innovazione e degli investimenti blanda e intermittente ha affrontato la concorrenza internazionale puntando sui servizi legati a consumi e turismo. La risposta del mercato del lavoro alla stagnazione di lungo termine del Pil è stata l’abbassamento dei salari e l’emigrazione delle elevate competenze.
Fino a che punto è accettabile, anche per la politica pubblica, la compressione dei salari, la difesa delle rendite di posizione e il progressivo impoverimento della qualità del lavoro? Lo vedremo nei prossimi anni.
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